Condividi:

L’attesa degli educatori cattolici americani

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it

Uno dei discorsi più attesi di Benedetto XVI è quello di giovedì 17 aprile agli educatori cattolici. “Non parlerà solo ai responsabili delle università cattoliche, ma anche ai rappresentanti di scuole elementari, medie e superiori. Lo ascolterà una comunità variegata, e in cerca di ispirazione per un compito non facile. Ma per loro fortuna questo è un Papa educatore, che conosce le loro difficoltà. Inoltre il Papa parlerà ai giovani seminaristi ed è l’unico incontro che il Papa ha espressamente chiesto di avere. Questo perché desidera indicare loro personalmente la bellezza della fede e la libertà che possono trovare in Cristo, indipendentemente dalla società in cui vivono…La stessa proclamazione della verità di Cristo a una società come quella americana rappresenta una sfida. Significa annunciare il messaggio di libertà di Cristo a una società che si considera, a torto o a ragione, la più libera della Terra. E far capire ai cristiani che c’è una enorme differenza fra la libertà intessuta nel Vangelo e la libertà sancita dalla Costituzione americana. La libertà americana è fatta di una serie di diritti inviolabili. Sono fondamentali e importanti, ma possono divenire totalitaristici quando vengonop intesi come libertà di scelta illimitata. Questo tipo di percezione individualistica, della liberà, rischia di vedere il messaggio del Vangelo e i principi morali che ne derivano come un ostacolo al proprio pieno compimento. L’esempio più lampante è quello della moralità in materia sessuale annunciata dalla Chiesa cattolica. Nella società americana viene spesso vista come un limite, un ostacolo alla propria libertà di scegliere il comportamento sessuale che più aggrada. La sfida di noi pastori è far capire che l’etica sessuale insegnata dalla Chiesa libera dalla egoistica ricerca del piacere individuale. Ma ci sono altri esempi. Nella società americana, infatti, si assistono a tanti modi di violare la santità della vita. Anche con la violenza, la pena di morte, la mancanza di un sistema sanitario accessibile ai poveri. Sono tutti campi di sfida per la Chiesa che fa del rispetto della vita umana un punto di partenza imprescindibile del suo messaggio e che rifugge i tentativi esterni di politicizzare le sue posizioni” (Intervista pubblicata su Avvenire del 16 aprile 2008 a Francio Gorge, arcivescovo di Chicago e presidente della Conferenza episcopale statunitense).

Richard Neuhaus, teologo, direttore della rivista First Things e presidente dell’Istituto per la religione nella vita pubblica, in una intervista su Il Foglio Quotidiano del 16 aprile 2008, afferma che tra tomisti agostiniani e agostiniani tomisti c’è la posizione tipica di Ratzinger/Benedetto su come evangelizzare, come educare alla fede oggi. “Benedetto – sempre Neuhaus –aveva già riassunto buona parte di quanto sto dicendo nel discorso pronunciato in occasione del funerale di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione”. Allora aveva detto nel Duomo di Milano sostanzialmente questo: il cristianesimo non è un sistema intellettuale né una raccolta di dogmi o un sistema morale dedotto da una dottrina. Il cristianesimo è originariamente e continuamente innanzitutto l’avvenimento di un incontro, una storia d’amore, un evento, una persona viva e presente: Gesù Cristo, il crocefisso risorto che si fa presente sacramentalmente qui e ora per incontrarsi con il desiderio originario, immanente di ogni uomo di vedere Dio. Perché avvenga questo ingresso di Cristo in noi, tale per cui siamo trasformati in Lui, viviamo in Lui nel noi della Chiesa attraverso vere amicizie e viviamo di Lui infonde ciò che di più intimo, di più proprio c’è in Lui, il suo stesso Spirito filiale che unico realizza l’incontro dell’uomo con il Verbo incarnato, crocifisso e risorto. Tutta la conseguente costruzione intellettuale di principi e idee fondamentali, ordinate sistematicamente in una interpretazione complessiva della realtà, capace di essere comunicata alla ragione di ogni persona si fonda su una comprensione squisitamente storica, così come su una interpretazione personale e anche su quella che oggi definiremmo una comprensione psicologica dell’esperienza umana che aspira nella sua immanenza alla trascendenza, a Dio, senza alcun dualismo. “Tu ci hai creato per Te, o Signore, e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Te” esprimono perfettamente l’aspirazione al divino in un volto umano. E questo è Dio, mentre le essenze trascendentali sono il bene, la verità e la bellezza esperite personalmente in quello che Benedetto definisce “il volto umano di Dio, Gesù Cristo”, come ha ricordato nel suo messaggio preliminare ai cattolici americani sulla sua visita. Ecco perché Benedetto XVI è un uomo di grande gentilezza, di profonda intensità spirituale, di grande curiosità intellettuale e, soprattutto, di serena tranquillità interna, sgorgante dalal gioia di essere parte del mistero divino-umano dei fini redentivi di Dio attraverso Cristo e la sua Chiesa.

Una via più eccellente
E per approfondire il percorso pastorale, pedagogico, educativo dell’attuale evangelizzazione è utile riandare all’enciclica “Redemptoris missio” di Giovanni Paolo II, dedicata al tema dell’evangelizzazione, di cui Ratzinger ha avuto un ruolo importante. Dopo essersi detto consapevole che oggi molte persone ritengono illegittima l’idea dell’evangelizzazione, in quanto presuppone che si sia in possesso di una verità da imporre alle altre persone, Giovanni Paolo II dice: “La chiesa non impone nulla; si limita a proporre”. Ma ritiene e testimonia che quanto propone sia la verità, e gli esseri umani attendono, hanno il diritto dell’annuncio della verità che la chiesa propone, come un amante l’oggetto del suo amore; propone sempre e di nuovo, senza mai stancarsi, con persistenza e grande capacità persuasiva. E la Catechesi tradendae dice che non si può ridurre la catechesi alla spiegazione delle verità di fede ma la loro conoscenza deve rifarsi all’esperienza personale e comunitaria dell’incontro esistenziale con Cristo. E Benedetto XVI, alla luce del Vaticano II, propone “una via più eccellente”, come dicono le meravigliose parole di san Paolo nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 12, nel quale affronta i problemi incontrati allora nella Chiesa di Corinto e così attuali anche oggi. E problemi ce n’erano anche nella chiesa primitiva. Erano uno contro l’altro; c’erano fazioni, rivalità, gelosie. E san Paolo Scrive: per favore, non fate così e ce lo ripete alla vigilia dell’anno paolino per il bimillenario della sua nascita. Poi, alla fine del capitolo 12, dice: “Lasciate che vi mostri una via migliore”. A questo punto inizia il capitolo 13, il sublime inno alla carità: “Anche se io parlassi con la lingua degli uomini e degli angeli, e non avessi la carità…fede, speranza, carità, queste tre cose sono eterne, ma la più grande di tutte è la carità”. Ed è proprio quello che Benedetto si prepara a dire ai ragazzi, ai giovani, ai seminaristi giovedì 17 aprile. Ed è ciò che ha fatto per tutta la su avita di cattolico, come prete, poi come vescovo e ora come Papa: proporre una “via migliore”, una via umana eccellente. Ciò che propone è un umanesimo profondamente cristiano. In Spe Salvi invita sia l’illuminismo moderno e sia il cristianesimo moderno a una reciproca revisione critica, come ha proposto il Vaticano II, e lo fa in America che “si considera, a torto o a ragione, la più libera della Terra. E fare capire ai cristiani che c’è una enorme differenza fra la libertà intessuta nel Vangelo e la liberà sancita dalla Costituzione americana”, come afferma il Presidente della Conferenza episcopale americana. E’ la sola alternativa all’ormai esausto illuminismo laico, il quale, per ragioni perfettamente comprensibili, riteneva di doversi ribellare contro ogni forma di autoritarismo, compreso quello ecclesiastico. E lo scopo era quello, come spiega Benedetto in Spe Salvi, di stabilire i valori fondamentali della libertà umana e della ragione. In questo senso, l’illuminismo, è stato necessario. Proprio così, e questo vale anche per l’illuminismo militante e fortemente anticristiano e anticattolico. Ma ora, sostiene Benedetto in una revisione reciproca, dopo più di trecento anni, è giunto il momento di ripartire di nuovo per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana cittadinanza. Diversamente da quanto dice l’illuminismo laicista, non c’è nessun conflitto tra la religione e la scienza, tra fede e ragione, tra calcolo razionale e immanente aspirazione alla trascendenza e all’infinito dal volto umano presente risorto nella sua Chiesa per tutti e per tutto. Questo è l’annuncio, la proposta alla libertà di ogni persona, fatta anche oggi con tanta fiducia in un umanesimo profetico che propone una via migliore per gli esseri umani per riunire dopo tutte le vicissitudini attraverso le quali siamo passati fin da Bacone, fede e ragione, immanenza e trascendenza, finito e infinito. “Una proposta – conclude Richard Neuhaus – che cozza contro buona parte dei presupposti della nostra cultura. Ma è anche un invito, un invito a riflettere nuovamente sulla proposta cristiana. Non, come ha detto Benedetto al funerale di Luigi Giussani, in quanto sistema intellettuale (anche se è la più ricca tradizione intellettuale che l’uomo abbia mai conosciuto) e nemmeno come sistema morale (anche se il più umano e completo); bensì come “un incontro, una storia d’amore, un evento, l’infinita avventura di una vita vissuta come risposta al volto umano di Dio in Gesù Cristo, una vita vissuta nella sua totalità come amore in risposta all’amore”.

Vai a "L'insegnamento del Papa oggi"