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Gesuiti, siate obbedienti!

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Lo spirito di obbedienza alla volontà di Dio, a Gesù Cristo diviene anche umile obbedienza alla Chiesa

«Sento oggi il dovere di esortarvi a mettervi nuovamente sulle tracce dei vostri predecessori con altrettanto coraggio e intelligenza, ma anche con altrettanta profonda motivazione di fede e passione di servire il Signore e la Chiesa. Tuttavia, mentre cercate di riconoscere i segni della presenza e dell’opera di Dio in ogni luogo del mondo, anche oltre i confini della Chiesa visibile, mentre vi sforzate di costruire ponti di comprensione e di dialogo con chi non appartiene alla Chiesa o ha difficoltà ad accettare le posizioni e i messaggi, dovete allo stesso tempo farvi lealmente carico del dovere fondamentale della Chiesa di mantenersi fedele al suo mandato di aderire totalmente alla Parola di Dio, e del compito del Magistero di conservare la verità e l’unità della dottrina cattolica nella sua completezza… Proprio per questo vi ho invitato e vi invito anche oggi a riflettere per ritrovare il senso più pieno di quel vostro caratteristico “quarto voto” di obbedienza al Successore di Pietro, che non comporta solo la prontezza ad essere inviati in missione in terre lontane, ma anche - nel più genuino spirito ignaziano del “sentire con la Chiesa e nella Chiesa” - ad “amare e servire” il Vicario di Cristo in terra in quella devozione “effettiva ed affettiva” che deve fare di voi dei suoi preziosi e insostituibili collaboratori nel suo servizio per la Chiesa universale» [Benedetto XVI ai Padri della Congregazione Generale della Compagnia di Gesù, 21 febbraio 2008].

Benedetto XVI nella Lettera prima e nel Discorso ai Padri della Congregazione generale ha presente che oggi si sta vivendo un periodo di grandi cambiamenti sociali, economici, politici; di accentuati problemi etici, culturali e ambientali, di conflitti di ogni genere; ma anche di comunicazioni più intense fra i popoli, di nuove possibilità di conoscenza e di dialogo, di profonde aspirazioni alla pace. E queste situazioni interpellano la Chiesa cattolica e la sua capacità di annunciare ai nostri contemporanei la Parola di speranza e di salvezza. Lo Spirito Santo, che ha dato alla Chiesa il carisma particolare della Congregazione attraverso sant’Ignazio e che da oltre quattro secoli e mezzo l’ha conservata con straordinaria fecondità di frutti apostolici, - è l’attesa del Papa - mantenga in piena fedeltà il carisma originario nel contesto ecclesiale e sociale che caratterizza l’inizio di questo millennio. Ha citato le parole di Paolo VI: “Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i Gesuiti” (3 dicembre 1974).

Difesa e propagazione della fede
La Compagnia di Gesù è anzitutto “per la difesa e la propagazione della fede” e lo è stata in un tempo in cui si aprivano nuovi orizzonti geografici per annunciare il Signore a popoli e culture che non lo conoscevano ancora. E il nome di san Francesco Saverio e di tanti altri rimangono un punto di riferimento. Ma oggi i nuovi popoli che non conoscono il Signore, o che lo conoscono male, così da non saperlo riconoscere come il Salvatore, sono lontani non tanto dal punto di vista geografico quanto da quello culturale. Non sono i mari o le grandi distanze gli ostacoli che sfidano gli annunciatori del Vangelo, quanto le frontiere che, a seguito di una errata o superficiale visione di Dio e dell’uomo, vengono a frapporsi fra la fede e il sapere umano, la fede e la scienza moderna, la fede e l’impegno per la giustizia.
Il Papa non sviluppa qui i problemi accennati. Lo ha fatto in Spe salvi distinguendo la speranza affidabile, il progresso di “chi è in Cristo una creatura nuova” (2 Cor 5,17), quindi una realtà storica posta dall’atto redentivo di Cristo, da quanto Francecso Bacone scrive nella Instauratio magna proponendo, dopo un secolo di sana modernità, una rivoluzione alternativa all’atto redentivo di Cristo, fatta propria sia dall’ideologia borghese della Rivoluzione francese fondata su scienza e tecnica industriale e sia dall’alternativa marxista della rivoluzione proletaria attraverso una politica scientificamente elaborata. Il Papa richiama anche in Spe salvi che la salvezza di cui parla la fede cattolica, non è qualcosa che accade solo nella dimensione spirituale dell’uomo, e che riguarda solo il singolo, la salvezza della propria anima. Essa pervade anche la realtà fisica, la storia dell’uomo, il suo mondo esterno. Nulla è tanto alieno dalla fede cattolica quanto una concezione idealistica, spiritualistica della salvezza ed una concezione moralistica della medesima. La fede cattolica non si identifica con una decisione etica o con una grande idea ma con l’incontro con la Persona di Gesù Cristo che dà al mondo che ci sta di fronte e nel quale viviamo e col quale condividiamo sorte e destino un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Come mai, anche tra i credenti del cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, ci si è in gran parte concentrati soltanto sull’individuo e sul “mondo dello spirito” restringendo l’orizzonte della redenzione e non riconoscendo sufficientemente la grandezza del suo compito, pur grande quello che si è continuato a fare nella formazione dell’uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti? La scienza può contribuire molto all’umanizzazione del mondo e dell’umanità, ma può anche distruggere l’uomo e il mondo; le buone strutture aiutano ma da sole non bastano: urge la redenzione di Cristo sulla base del fatto dell’Incarnazione: “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14); “Gesù è venuto nella carne” (1 Gv 4,2); il Figlio di Dio è venuto “fatto da una donna” (Gal 4,4). Ora la carne umana connota la dimensione terrena centrale della nostra fede. Dio, la sua Vita, si è fatta visibile: è stata toccata, vista, ascoltata (1 Gv 1,1-4). In questo modo l’uomo concreto, in carne ed ossa, è stato reso partecipe della vita divina, cioè è stato salvato. Come è tipico della devotio moderna fin da san Filippo, sant’Ignazio e una innumerevole serie di santi della modernità tutti gli avvenimenti che narrano la vicenda umana del Verbo incarnato e resi presenti nel Cristo, nel Crocefisso -risorto della celebrazione liturgica dal dono del Suo Spirito, devono essere considerati realisticamente. In primo luogo, l’avvenimento pasquale di crocifissione e risurrezione. Nel discorso che Benedetto XVI tenne al IV Convegno della Chiesa italiana a Verona, disse: “La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è un semplice ritorno alla nostra vita terrena; è invece la più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo…Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente il nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé”. Il senso è chiaro. La risurrezione di Gesù è un fatto realmente accaduto dentro la nostra storia: è il suo corpo crocifisso e morto che viene risuscitato. Ma nello stesso tempo quel corpo è entrato definitivamente in possesso di una vita nuova ed incorruttibile, senza cessare di essere un corpo veramente umano. E’ iniziata in Gesù risorto la vita veramente vita, la vita eterna, la speranza affidabile, la meta sicura da giustificare la fatica del cammino, il “mondo nuovo”, che è questo stesso mondo di cui noi abbiamo esperienza, ma trasformato e attratto dentro quell’evento.
La risurrezione del Verbo incarnato non deve essere pensata come il punto in cui una linea - appunto il Verbo incarnato - ha ricordato il cardinale Caffarra a Lecce il 16 febbraio - tocca la circonferenza - appunto alla nostra vicenda umana - per poi ritornare velocemente all’infinito. Essa continua realisticamente ad agire, a penetrare continuamente nel nostro mondo per trasformarlo ed attirarlo a sé nella e mediante la Chiesa: realtà visibile e concreta, strutturata anche in modo giuridico. Del “nuovo mondo” la Chiesa è il seme ed il germe, la cui forza vitale ed il cui intimo dinamismo è costituito dalla presenza in essa del Risorto. Chiunque punti, credente o non credente, a non identificarsi con l’irreale ideologico, utopistico ma alla realtà storica non può non tenerne conto. La creazione del “nuovo mondo” diventa particolarmente percepibile nei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia e nei conseguenti vissuti fraterni di comunione ecclesiale. La natura propria del Battesimo è proprio quella di far ri-vivere, in senso reale, storico, personale e pubblico, nel credente per tutti e per tutto, quanto Cristo ha vissuto nel suo evento pasquale. La porta d’ingresso della risurrezione di Gesù nel “mondo vecchio” è il Battesimo, poiché mediante il sacramento tutto l’uomo viene posto in Cristo e Cristo vive nell’uomo singolo e associato: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Questa è la definizione stessa dell’essere cristiani, della continua nascita del nuovo mondo. E l’Eucaristia, la Chiesa visibile e concreta, strutturata anche in modo giuridico, la successione apostolica, tutti i sacramenti portano a perfezione quanto è iniziato nel Battesimo. Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società occorre offrire agli uomini la certezza della fede cattolica come la propone il Catechismo e il suo Compendio, come pure il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa. La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi! Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti. Oh se tra i gesuiti di oggi maturasse un servizio al Catechismo come quello del Bellarmino al Catechismo del Concilio di Trento! Non basta, però anche se fondamentale, una fede pienamente accolta, celebrata, vissuta, pregata, occorre che sia anche pensata perché divenga cultura fino a “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità” (Evangelii nuntiandi 19).

Esperienze straordinarie nella storia della Compagnia di Gesù
Per questo, riteniamo, Benedetto XVI ha ricordato ai Padri della Congregazione: “Perciò la Chiesa ha urgente bisogno di persone di fede solida e profonda, di cultura seria e di genuina sensibilità umana e sociale, di religiosi e sacerdoti che dedichino la loro vita a stare proprio su queste frontiere per testimoniare e aiutare a comprendere che vi è …un’armonia profonda fra fede e ragione, fra spirito evangelico, sete di giustizia e operosità per la pace. Solo così diventerà possibile far conoscere il vero volto del Signore a tanti a cui oggi rimane nascosto o irriconoscibile. A questo pertanto deve dedicarsi preferenzialmente la Compagnia di Gesù. Fedele alla sua migliore tradizione, essa deve continuare a formare con grande cura i suoi membri nella scienza e nella virtù, senza accontentarsi della mediocrità, perché il compito del confronto e del dialogo con i contesti sociali e culturali molto diversi e le mentalità differenti del mondo di oggi è fra i più difficili e faticosi. E questa ricerca della qualità e della solidità umana, spirituale e culturale, deve caratterizzare anche tutta la molteplice attività formativa ed educativa dei Gesuiti, nei confronti dei più diversi generi di persone ovunque essi si trovino”.
Molto significative le memorie richiamate da Benedetto XVI:”Nella sua storia la Compagnia di Gesù ha vissuto esperienze straordinarie di annuncio e di incontro fra il Vangelo e le culture del mondo - basti pensare a Matteo Ricci in Cina, a Roberto De Nobili in India, o alle “Riduzioni” dell’America Latina -. Ne siete giustamente fieri. Sento oggi il dovere di esortarvi a mettervi nuovamente sulle tracce dei vostri predecessori con altrettanto coraggio e intelligenza, ma anche con altrettanta profonda motivazione di fede e passione di servire il Signore e la sua Chiesa”.
Un’altra esperienza da rilanciare negli Esercizi spirituali, un dono di crescita spirituale per tutta la Chiesa come strumento di preghiera, di meditazione in questo mondo secolarizzato, è la meditazione “delle due bandiere” perché il nostro mondo rimane teatro di una battaglia tra il bene e il male, e vi sono all’opera potenti forze negative, anche sataniche, che causano quelle drammatiche situazioni personali e sociali di asservimento spirituale e materiale dei nostri contemporanei contro cui occorre combattere per il servizio della fede e la promozione della giustizia. Tali forze si manifestano attraverso tendenze culturali che spesso diventano dominanti, ideologicamente egemoni, come il soggettivismo, il relativismo, l’edonismo, il materialismo pratico. “Per questo - conclude il Papa - ho chiesto il vostro rinnovato impegno a promuovere e difendere la dottrina cattolica “in particolare sui punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare”, alcuni dei quali ho esemplificato nella mia Lettera. I temi, oggi continuamente discussi e messi in questione, della salvezza di tutti gli uomini in Cristo, della morale sessuale, del matrimonio e della famiglia, vanno approfonditi e illuminati nel contesto della realtà contemporanea, ma conservando quella sintonia con il Magistero che evita di provocare confusione e sconcerto nel Popolo di Dio”. E qui si affaccia il problema, non certamente facile per i fedeli laici impegnati in politica e che si presentano come cattolici differenziati legittimamente in aggregazioni anche opposte, di essere uniti trasversalmente, senza alcun compromesso sia sui valori non negoziabili e sia proclamando la loro fede e il loro aiuto solidale a chi soffre, ai bisognosi, agli ammalati, e come ha testimoniato Padre Arrupe nel servizio per i rifugiati, che spesso sono i più poveri tra i poveri e che hanno bisogno non solo del soccorso materiale, ma anche di quella profonda vicinanza spirituale, umana e psicologica.

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