Liberaci dal male

Gli Apostoli e i discepoli di Gesù, all’origine della Chiesa, annunciatori del bene ed esorcisti del male
Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
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L’insegnamento della Chiesa sulla presenza del male richiede da noi la fede in Dio, Signore del mondo e della storia, accompagnata dalla convinzione che le vie della sua provvidenza, da cui viene solo il bene, spesso ci rimangono sconosciute: Solo alla fine, quando avrà termine la nostra conoscenza imperfetta e vedremo Dio “faccia a faccia” (1 Cor 13, 12), conosceremo pienamente le vie lungo le quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Dio avrà condotto la sua creazione fino al riposo di quel Sabato definitivo, in vista del quale ha creato il cielo e la terra (CCC 314).
Benedetto XVI nel suo libro Gesù di Nazaret, ha affrontato due volte il tema del male, offrendoci una straordinaria pagina di lettura attualizzante della Scrittura e dell’insegnamento di Gesù al riguardo.
Parlando della chiamata dei Dodici, il Papa rivela che Gesù istituisce i Dodici, la Chiesa con una duplice destinazione: per stare con Lui e quindi per mandarli ad annunciare il bene ed esorcizzare cioè liberare dal male: “Devono stare con Lui per conoscerlo; per giungere a quella conoscenza di Lui che non poteva dischiudersi alla “gente”, che lo vedeva solo dall’esterno e Lo considerava un profeta, un grande della storia delle religioni, ma non poteva percepire la sua unicità (Mt 16,13ss). I Dodici devono stare con Lui per conoscere Gesù nel suo essere uno con il Padre e poter così diventare testimoni del suo mistero. Devono essere stati con Lui - come dirà Pietro prima dell’elezione di Mattia - “per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi” (At 1.8.21). Verrebbe da dire: dalla comunanza esteriore devono arrivare alla comunione interiore con Gesù” (pp. 206-207).
“Diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità” (Mt 10,1). Il primo incarico è quello di predicare: donare agli uomini la luce della Parola, il messaggio di Gesù. Gli apostoli sono innanzitutto evangelisti” (p. 207).
Lo stare con Gesù, allora nella sua fase terrena oggi da crocifisso risorto, prepara i discepoli alla missione, perché essere con Gesù, lasciarci assimilare a Lui nell’amore comporta la dinamica della missione. E la finalità di questa missione è l’annuncio del Vangelo, far incontrare sacramentalmente, liturgicamente, la Persona del Risorto con il conseguente dono dello Spirito, con il potere di scacciare i demoni cioè esorcizzare, liberare dal male: “Diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e di infermità” (Mt. 10,1). Prega e curati! Non pregare soltanto occorre anche curarsi, non solo curarsi ma anche pregare!
Il primo incarico è quello di donare agli uomini Gesù che parla e la possibilità sacramentale di incontrarlo col dono dello Spirito del Risorto. Quindi gli apostoli sono tutti evangelisti e sacerdoti. E la Persona del risorto che parla attraverso il loro annuncio, la mediazione della Scrittura per giungere all’incontro sacramentale e quindi al dono dello Spirito del Risorto, oltre che illuminare la mente con la verità del Dio vivente che parla e agisce qui e ora come parlava e agiva allora, è anche una lotta contro il male da ogni parte venga: “Poiché il mondo è dominato dalle potenze del male, questo annuncio è allo stesso tempo una lotta contro queste potenze. “I messaggeri di Gesù mirano, al suo seguito, ad una esorcizzazione (o liberazione) del mondo, alla formazione di una nuova forma di vita nello Spirito Santo, che liberi dall’ossessione diabolica. Di fatto, il mondo antico ha vissuto l’irruzione della fede cristiana come liberazione dalla paura dei demoni, una paura che nonostante lo scetticismo e l’illuminismo dominava tutto; e lo stesso accade anche oggi ovunque il cristianesimo prende il posto delle antiche religioni tribali e, trasformando i loro elementi positivi, li assume in sé. Si sente tutto l’impeto di questa irruzione nelle parole di Paolo, quando dice: “Nessuno è Dio se non uno solo. E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi e molti signori, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per Lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per Lui” (1 Cor 8,4ss). In queste parole c’è un potere liberatorio - il grande esorcismo che purifica il mondo. Per quanti dèi possano fluttuare nel mondo - Dio è uno solo e uno solo è il Signore. Se apparteniamo a Lui, tutto il resto non ha più potere, perde lo splendore della divinità” (pp. 207-208).
“Esorcizzare” per Benedetto XVI significa collocare il mondo nella luce della retta ratio che proviene dall’eterna Ragione creatrice e risanatrice attraverso soprattutto la preghiera: “San Paolo nella Lettera agli Efesini, ha descritto una volta, da un’altra prospettiva, questo carattere esorcistico (liberatorio) del cristianesimo, dicendo: “Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza! Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6,10-12). Heinrich Schlier ha spiegato così questa rappresentazione della lotta del cristiano, che oggi ci appare sorprendente o anche strana: “I nemici non sono questo o quell’altro e nemmeno io stesso, non sono carne e sangue (…), il contrasto va più nel profondo. Si rivolge contro una quantità innumerevole di nemici che sono instancabilmente all’attacco, avversari non ben definibili che non hanno veri nomi, ma solo denominazioni collettive; sono anche a priori superiori all’uomo e questo per la loro posizione superiore, per la loro posizione “nei cieli” dell’esistenza, superiori anche per l’impenetrabilità e l’inattaccabilità della loro posizione. La loro posizione è, appunto, “l’atmosfera” dell’esistenza, una atmosfera che essi stessi diffondono intorno a sé, essendo infine tutti ricolmi di una malvagità sostanziale e mortale” (p. 291).
Il Papa parla di una atmosfera malvagia per cui è assurdo pensare a Dio; è assurdo osservare i comandamenti di Dio; è superstizione pensare al demonio, a preghiere di liberazione; sono cose del passato. Vale soltanto vivere la vita per sé. Prendere in questo breve momento della vita tutto quanto ci è possibile prendere. Vale solo il consumo, l’egoismo, il divertimento. Questa è la vita. Così dobbiamo vivere poiché siamo un semplice prodotto della natura, e come tale non realmente libero e suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. L’etica viene ricondotta al relativismo e all’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Il male oggi non è solo azione di singoli o di gruppi ben individuabili, non proviene solo dai limiti della natura corporea, psichica, ma proviene da centrali oscure, da laboratori di opinioni false, da potenze anonime che martellano le nostre menti con messaggi falsi potenziati dai mass media, giudicando ridicolo e retrogrado un comportamento non solo conforme al Vangelo ma anche semplicemente religioso. Quale urgenza di esorcizzare, di liberare il mondo per quella speranza di cui non possiamo far a meno.
“E chi non vedrebbe che ci sono avvelenamenti mondiali del clima spirituale che minacciano l’umanità nella sua dignità, addirittura nella sua esistenza? La singola persona, anzi, le stesse comunità umane sembrano irrimediabilmente abbandonate all’azione di queste potenze. Il cristiano sa che, da solo, neppure lui può riuscire a dominare questa minaccia. Ma nella fede, nella comunione con l’unico vero Signore del mondo, gli è donata “l’armatura di Dio”, con cui - nella comunione dell’intero Corpo di Cristo (che è la Chiesa) - può opporsi a queste potenze, sapendo che il Signore ci restituisce nella fede l’aria depurata da respirare - il soffio del Creatore, il soffio dello Spirito Santo, nel quale soltanto il mondo può essere risanato” (p.210).
Oltre il compito di esorcizzare o liberare da questo potere malefico satanico, i discepoli hanno anche la missione di guarire ogni sorta di malattie e infermità (Mt 10,1), pregando e curando. Il cristianesimo ha anche una componente terapeutica, di guarigione dal male fisico: “Il potere di scacciare i demoni e di liberare il mondo dalla loro oscura minaccia in vista dell’unico e vero Dio - questo potere esclude al contempo ogni concezione magica della guarigione, in cui si cerca di servirsi proprio di queste potenze misteriose. Le guarigione magiche sono sempre legate anche all’arte di volgere il male contro il prossimo e di mettergli i “demoni” contro. Signoria di Dio, regno di Dio significa propriamente l’esautoramento di queste forze mediante il sopraggiungere dell’unico Dio, che è buono, il Bene in persona” (p. 211).

La preghiera del cristiano: “Ma liberaci dal male-Maligno”
La preghiera del cristiano, “questione di vita o di morte”, è l’invocazione al Padre misericordioso di essere liberati cioè esorcizzati dal male e dal tentatore, che è il maligno. Come Gesù, anche il cristiano è soggetto alla tentazione, agli assalti quotidiani e alle persecuzioni a lungo termine del drago dell’Apocalisse (cap. 12-13), della “bestia” uscita dal mare, salita dagli oscuri abissi del male, con gli attributi del potere politico assoluto.
Per non essere ingoiati da questo moloch vorace e maligno, il cristiano deve pregare con tutte le sue forze: Signore, liberaci dal male, liberaci dal maligno.
A questo proposito - sottolinea mons. Angelo Amato in un suo intervento pubblicato in Cristianità,n. 341-341, da cui abbiamo tratto queste riflessioni -, nel capitolo quinto del suo libro, il Papa annota: “Anche se l’impero romano e le sue ideologie non esistono più - quanto è ancora attuale tutto ciò! Anche oggi ci sono, da un lato, le potenze del mercato, del traffico di armi, di droghe e di uomini - potenze che gravano sul mondo e trascinano l’umanità in vincoli ai quali non ci si può sottrarre. Anche oggi c’è, dall’altro lato, l’ideologia del successo, del benessere, che ci dice: Dio è solo una finzione, ci fa solo perdere tempo e ci toglie la voglia di vivere. Non ti preoccupare di Lui! Cerca da solo di carpire la vita quanto puoi! Anche a queste tentazioni sembra impossibile sottrarsi. Il Padre nostro nella sua interezza, e questa domanda in particolare, vogliono dirci: solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso; allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell’evoluzione. Allora il “drago” ha vinto davvero. Finché egli non riesce a strapparti da Dio, tu, nonostante tutte le sventure che ti minacciano, sei ancora rimasto intimamente sano…Questo dunque chiediamo nel più profondo: che non venga strappata la fede che ci fa vedere Dio, che ci unisce a Cristo. Chiediamo che per i beni non perdiamo il Bene stesso; che anche nella perdita dei beni non vada perso per noi il Bene, Dio; che non andiamo persi noi: liberaci dal male!” (pp. 198-199). Il Papa si richiama al commento del Padre nostro di san Cipriano, il vescovo martire, che dovette sostenere di persona la situazione descritta nell’Apocalisse: “Quando diciamo “liberaci dal male”, non resta niente che dovremmo ancora oltre ciò chiedere. Una volta ottenuta la protezione chiesta contro il male, noi siamo sicuri e custoditi contro tutto ciò che diavolo e mondo possono mettere in atto. Quale paura potrebbe ancora sorgere dal mondo per colui, il cui protettore nel mondo è Dio stesso?” (p. 199).
E’ la fiducia che ha sostenuto i martiri e che san Paolo ha espresso con queste straordinarie parole: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?...Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?...In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,31-39).
Nella preghiera quindi oltre a confermare la nostra obbedienza alla sua divina volontà, noi chiediamo al Padre celeste anche di porre un limite alle tribolazioni e ai mali che devastano il mondo e la nostra vita. Anzi nella liturgia romana, questa domanda “liberaci dal male”viene ulteriormente ampliata e specificata: “Liberaci, o Signore, da tutti i mali, passati, presenti e futuri. Per l’intercessione di tutti i santi, concedi la pace ai nostri giorni, affinché, con l’aiuto della tua misericordia, viviamo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento”.
Conclude il Papa: “Si percepisce l’eco delle necessità in tempi turbolenti, si percepisce il grido per una redenzione completa. Questo “embolismo”, con cui nelle liturgie viene rafforzata l’ultima domanda del Padre nostro, mostra l’aspetto umano della Chiesa. Sì, noi possiamo, noi dobbiamo pregare il Signore anche di esorcizzare cioè di liberare il mondo, noi stessi e i molti uomini e popoli sofferenti dalle tribolazioni che rendono la vita quasi insopportabile” (p. 200).