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«Utilizzate, per favore, con zelo il Compendio e il Catechismo della Chiesa Cattolica!... »

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«Fate in modo che i sacerdoti e i catechisti adottino questi strumenti, che vengano spiegati nelle parrocchie, nelle unioni e nei movimenti e che vengano utilizzati nelle famiglie come importanti letture!
Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società, offrite agli uomini la certezza e la bellezza della fede completa della Chiesa!
La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi!
Questo in particolare se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti!» [Benedetto XVI ai Vescovi austriaci in Visita ad limina].

Il “Compendio” o “Piccolo Catechismo” della Chiesa Cattolica letteralmente significa “Testo di risonanza ecclesiale” di quella Parola fatta carne, di quel Dio dal volto umano, Gesù morto e risorto, che è vita e norma del nostro essere ed agire cristiano. E i quattro pilastri in cui si suddivide cioè la fede in Lui della Chiesa da credere, da celebrare, da vivere, da pregare sono la chiave di ogni lettura e interpretazione biblica su chi è Dio e su chi è l’uomo, la famiglia umana, la storia, il mondo.Il Papa ha dato questa direttiva ai Vescovi dell’Austria che, preoccupati, avevano in mano un sondaggio su battezzati cattolici di lingua tedesca che denunciava, nonostante corsi biblici, centri di ascolto e strumenti catechistici, una insufficiente conoscenza dei contenuti fondamentali della Chiesa cattolica.
A fine a aprile si concluderanno le Visite ad limina delle conferenze regionali italiane e ci si attende, come per le altre nazioni, un giudizio e delle direttive di Benedetto XVI. Può essere utile un sondaggio commissionato da il Giornale alla Ferrari Nasi & Grisantelli secondo il quale il 53,8% dei cattolici battezzati italiani ha una conoscenza della religione cattolica scarsa o pessima. Il 46,2 ne ha una conoscenza sufficiente, alta solo l’8,8%. Pur non dimenticando l’inadeguatezza di simili strumenti in rapporto alla verifica della fede impressiona un simile risultato nel momento in cui si punta a rilevare l’importanza delle radici giudaico cristiane della civiltà occidentale.
Può essere utile riandare al rinnovamento catechistico post-conciliare che doveva muoversi sul Credo del Popolo di Dio di Paolo VI, promulgato nel 1968 e riproposto, a pochi mesi dalla sua morte come Testamento, il 28 giugno del 1978. Le discussioni sull’interpretazione conciliare erano puntate sul partire dall’uomo, alla luce dei primi otto capitoli della Gaudium et spes, o partire da Dio, come sembrava suggerire lo stesso documento conciliare dal capitolo 9. Nel 1971 per rinnovare biblicamente, liturgicamente, ecumenicamente ma soprattutto antropologicamente la catechesi uscì il Documento base. Per facilitare il rinnovamento si pensò giustamente di mettere tra parentesi il Catechismo di san Pio X, Compendio del Catechismo Tridentino, promulgato da Pio V nel 1566. In molte diocesi non solo si mise tra parentesi, ma addirittura lo si proibì, atteggiamento non legittimo come si affermò nel Sinodo Riconciliazione e penitenza. Quasi inavvertitamente al posto del magistero divenne normativo quello che l’esegesi storico - critica e i nuovi tentativi di teologia sistematica decidevano. Per far accogliere i nuovi catechismi legittimamente rinnovati si sviluppò quella interpretazione della “discontinuità del Concilio”, anziché l’interpretazione della “continuità della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto - Chiesa che il Signore ci ha donato”, per cui si sviluppò un atteggiamento generale, oggi valutato criticamente, che la precedente catechesi era un modo vecchio, stantio di trasmettere la fede e che, sarebbe più importante occuparsi dell’ortoprassi (fare le cose giuste) e non dell’ortodossia (credere le verità vere). Si accentuò talmente l’impegno sociale come se il conoscere la fede fosse possibile solo attraverso di esso.

L’importante svolta pastorale del Sinodo speciale del 1985
Ma nel Sinodo speciale del 1985, quando si chiese un Catechismo per tutta la Chiesa cattolica, è emersa l’esigenza che la Chiesa, attraverso il magistero, deve avere la facoltà di parlare in modo tale da essere vincolante anche per i teologi. E quindi si contestava chi diceva che alla Chiesa è stato affidato il ministero pastorale cioè portare l’annuncio ai credenti, non di insegnare ai teologi. Una tale separazione non fa altro che riprendere quella divisione fra popolo e intellettuali, con la quale la cosiddetta gnosi antica ha tentato di crearsi un suo spazio libero, che di fatto l’ha condotta fuori della Chiesa e fuori della fede. Quella separazione presuppone infatti il rapporto che c’è nel paganesimo tra mito e filosofia, simbolismo religioso e ragione illuminante; contro quella separazione era scesa in campo, a cominciare da san Giustino, la critica operata dal cristianesimo; come tale, essa è anche critica dei un pensiero religioso classista, come si esprime il teologo Ratzinger in Natura e compito della teologia (pp. 58-60). Il Vangelo ha effettuato l’emancipazione dei semplici, ha rivendicato anche per loro la facoltà di essere, nel vero senso della parola, “filosofi”; vale a dire, di comprendere ciò che è proprio e peculiare del cuore di ogni uomo altrettanto bene quanto lo comprendono i dotti; anzi, meglio dei dotti. “Le parole di Gesù - sempre il teologo Ratzinger - sulla stoltezza dei sapienti e sulla sapienza dei piccoli (Mt 11,25) hanno proprio questo scopo: fondare il cristianesimo come religione popolare, come una religione in cui non vive un sistema a due classi”.

L’essenza del magistero consiste nel fatto che l’annuncio della fede è geneticamente normativo anche per la scienza teologica
La preminenza dell’esperienza di fede dei semplici corrisponde - sempre il teologo Ratzinger - “ad un fondamentale ordinamento antropologico: le grandi realtà concernenti la natura umana vengono colte in una percezione semplice, che è fondamentalmente consentita a tutti e che non può essere mai del tutto superata nella riflessione. Per dirla in modo scherzoso: il Creatore ha agito in modo democratico. Non a tutti gli uomini è permesso di dedicarsi alla scienza teologica (e occorre nella Chiesa garantire lo spazio dovuto alla responsabilità propria della teologia, della ricerca teologica); a tutti, ad ogni cuore - come ripete Giussani nel suo “percorso” -, però, è aperta la via delle grandi intuizioni di fondo. In questo senso il magistero ha un carattere democratico. Esso difende la fede comune, in cui non vi è differenza di classe tra dotti e semplici. L’affermazione che la Chiesa con il suo ministero pastorale è abilitata all’annuncio e non all’insegnamento della teologia scientifica è certamente corretta. Ma il ministero dell’annuncio si impone anche per la teologia”. Occorre considerare pastorale, teologia sistematica e dogma come “forza generatrice”, non come impedimento. Cosa diventa una esegesi storico - critica che si emancipa dalla Chiesa, dalla Tradizione? Nient’altro che indagare sul passato originario presentare continuamente ipotesi mutevoli. La Chiesa afferma che quei libri non danno solo informazioni intorno a ciò che originariamente è stato, che è passato, ma parlano di ciò che è vero, ieri, oggi e sempre. Quanto interessante diventa la Bibbia con l’attuale Catechismo e il suo Compendio, leggendola come una totalità e una unità, poiché Cristo, punto di arrivo dell’Antico testamento e di partenza del Nuovo mi rivela sia chi è Dio e sia chi è l’uomo, la famiglia umana, la storia, il cosmo. La Bibbia ha origine in quell’unico soggetto che è in continuità dinamica fino ad oggi il popolo di Dio e, attraverso di esso Dio che si rivela e parla anche al presente. Come è entusiasmante e bello, ricercare non il Gesù di questa o quella fonte, spesso, per convalidare le proprie idee, ma il Gesù del Nuovo testamento stesso. Come lo propone il catechismo non costringe ad una sovrapposizione dogmatica al testo biblico, ostacolando una serena interpretazione storica delle origini. Oggi, è chiaro che la serietà storica del testo trova la sua difesa soltanto in un ancoramento della fede della Chiesa; e che solo così è possibile un’attenzione al testo che non è puro fondamentalismo. Infatti senza un soggetto vivente, la lettera o viene assolutizzata, oppure sfuma nell’indeterminato.
Speriamo che dopo le Visite ad limina di tutti i Vescovi italiani venga la direttiva data ai Vescovi austriaci: “Nell’incertezza di questo periodo storico e di questa società, offrite agli uomini la certezza della fede completa della Chiesa! La chiarezza e la bellezza della fede cattolica sono ciò che rendono luminosa la vita dell’uomo anche oggi! Questo in particolare - e qui il Papa congiunge nella Catechesi all’elemento oggettivo il suo connubio necessario con l’elemento soggettivo - se viene presentata da testimoni entusiasti ed entusiasmanti”.

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