Condividi:

La bella vocazione del teologo

"San Tommaso d'Aquino, con una lunga tradizione, dice che nella teologia Dio non è l'oggetto del quale parliamo. Questa è la nostra concezione normale. In realtà, Dio non è l’oggetto; Dio è il soggetto della teologia. Chi parla nella teologia, il soggetto parlante, dovrebbe essere Dio stesso. E il nostro parlare e pensare dovrebbe solo servire perché possa essere ascoltato, possa trovare spazio nel mondo, il parlare di Dio, la Parola di Dio. E così, di nuovo, ci troviamo inviati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino di purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare, e così Dio sia realmente non oggetto, ma soggetto della teologia" (Omelia del Santo Padre durante la Concelebrazione eucaristica con i membri della Commissione teologica internazionale, 7 ottobre 2006).

Nell'omelia della Concelebrazione eucaristica con i membri della Commissione teologica internazionale Benedetto XVI ha mostrato la convinzione che la nuova evangelizzazione non può compiersi senza l'aiuto di una sana e profonda teologia, in cui risplendano lo spirito di fede e l'appartenenza ecclesiale. Il ministero pastorale è abilitato all'annuncio e non all'insegnamento della teologia scientifica che per questo ha una legittima autonomia. Ma il ministero dell'annuncio pur non abilitato per questo all'insegnamento, ha una normatività pastorale come il Catechismo della Chiesa cattolica, che si impone anche per la teologia in modo che le argomentazioni bibliche e teologiche siano sempre finalizzate a custodire la fedeltà alla parola di Dio scritta e trasmessa, a Dio che parla e opera quello che dice.
Anima della teologia è la Sacra Scrittura che richiede la conoscenza di tutte le circostanze storiche, tutti gli elementi caratteristici del passato ma entrando nel vivo del libro ispirato per far cogliere che parole apparentemente del passato sono anche parole del presente: è Dio che parla qui e ora come ha parlato allora. Occorre leggerla ponendosi in colloquio con Dio. Anche per il teologo - ricorda Benedetto XVI - "silenzio e contemplazione hanno uno scopo: servono per conservare nella dispersione della vita quotidiana, una permanente unione con Dio… la bella vocazione del teologo è parlare. Questa è la missione: nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell'inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio. Ma come potremmo, essendo parte di questo mondo con tutte le sue parole, rendere presente la Parola nelle parole, se non mediante un processo di purificazione del nostro pensare, che soprattutto deve essere anche un processo di purificazione delle nostre parole? Come potremmo aprire il mondo, e prima noi stessi, alla Parola senza entrare nel silenzio di Dio, dal quale procede la sua Parola? Per la purificazione delle nostre parole, e quindi per la purificazione delle parole del mondo, abbiamo bisogno di quel silenzio che diventa contemplazione, che ci fa entrare nel silenzio di Dio e così arrivare al punto dove nasce la Parola, la Parola redentrice".
Proprio nell'insegnamento della teologia scientifica, accanto a tutta la strumentazione per capire meglio quello che Dio ha detto allora nel libro ispirato, nei vari momenti della continuità dinamica della tradizione apostolica, c'è sempre la "sinergia" Dio-uomo. Con lo stesso Spirito ha coinvolto l'uomo nella comprensione come nella ispirazione originaria e occorre tenere presente che "Dio non è l'oggetto del quale parliamo. Questa è la nostra concezione normale. In realtà, Dio non è l'oggetto; Dio è il soggetto della teologia. Chi parla nella teologia, il soggetto parlante, dovrebbe essere Dio stesso. E il nostro parlare e pensare dovrebbe solo servire perché possa essere ascoltato, possa trovare spazio nel mondo, il parlare di Dio, la Parola di Dio. E così, di nuovo, ci troviamo invitati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino della purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare, e così Dio sia realmente non oggetto, ma soggetto della teologia". L'obbedienza alla verità "ci fa collaboratori delle verità, bocca della verità… portatori della verità". Parlare "per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinioni comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell'anima".
I vescovi spagnoli a marzo, i 34 presidenti delle Conferenze episcopali europee, ai primi di ottobre, rilevano che la sfida della secolarizzazione anche interna alla Chiesa è la priorità assoluta oggi fino ad affermare che anche senza credere si può insegnare teologia, si può avere una intelligenza della fede cioè Dio è oggetto della teologia e non soggetto continuo della teologia. E Dio parla qui e ora a me, come ha parlato allora, aiutati da maestri, accompagnati da amici, da compagni di strada, d'ambiente ma soprattutto nella grande compagnia del Popolo di Dio pellegrinante, cioè nella Chiesa. E la vocazione del teologo all'abilitazione all'insegnamento della teologia scientifica richiede, oltre all'amicizia di vissuti fraterni, l'appartenenza ecclesiale. La Sacra Scrittura, anima di tutta la teologia, ha due soggetti. Anzitutto quello divino: è Dio che parla attraverso la collaborazione dell'uomo. Dio coinvolge diacronicamente (la continuità dinamica in tutti tempi) e sincronicamente (in vissuti fraterni di tutti i luoghi) il suo Popolo. Vi sono singoli scrittori nell'ispirazione originaria, singoli teologi nella interpretazione, ma c'è la continuità dinamica di un soggetto permanente, il Popolo di Dio che cammina con la Parola di Dio ed è in colloquio con Dio. Anche ogni singolo teologo, in comunione con tutti i teologi, con tutti i fedeli, con tutti i Vescovi in comunione con il successore di Pietro, cammina con la Parola di Dio ed è in colloquio con Dio. Ascoltando Dio si impara ad ascoltare la Parola di Dio e così anche ad interpretarla e scientificamente ad esprimerla in modo organico. E così la Parola di Dio diventa presente, perché le singole persone muoiono, ma il soggetto vitale, il Popolo di Dio, è sempre vivo, ed è identico nel corso dei millenni: è sempre lo stesso soggetto vivente, nel quale vive la Parola, la stessa Sacra Scrittura.
Nella ispirazione originaria ci sono le cosiddette "riletture". Un testo antico viene riletto in un altro libro cento anni dopo e allora viene capito in profondità quanto non era ancora percepibile in quel precedente momento. "E viene riletto ancora nuovamente tempo dopo – ha detto Benedetto XVI ai giovani il 6 aprile – e di nuovo si capiscono altri aspetti, altre dimensioni della Parola, e così in questa permanente rilettura e riscrittura nel contesto di una continuità profonda, mentre si succedevano i tempi dell'attesa, è cresciuta la Sacra Scrittura. Infine, con la venuta di Cristo e con l'esperienza degli apostoli la Parola si è resa definitiva, così che non vi possono più essere riscritture, ma continuano ad essere necessari nuovi approfondimenti della nostra comprensione. Il Signore ha detto: "Lo Spirito Santo vi introdurrà in una profondità che adesso non potete portare".
Quindi, anche per la teologia come scienza della fede, la comunione della Chiesa è il soggetto vivente della Scrittura. Anche adesso il soggetto principale è lo stesso Signore, il quale continua a illuminare interiormente attraverso la Scrittura e nella Liturgia tutti gli avvenimenti della storia della salvezza, soprattutto i fatti e i detti di Gesù, diventano sempre di nuovo presenti: il Signore parla adesso con noi, così che man mano entriamo sempre più nella Sacra Scrittura, nella quale Dio parla realmente con noi, oggi.
"Questo mi fa pensare – ha concluso il Papa – alle ultime settimane della vita di san Tommaso…non ha più scritto, non ha più parlato. I suoi amici gli chiedono: Maestro, perché non parli più, perché non scrivi? E lui dice: Davanti a quanto ho visto adesso tutte le mie parole mi appaiono come paglia… La paglia non è niente. La paglia porta il grano… una relativizzazione del nostro lavoro e insieme una valorizzazione del nostro lavoro. E' anche una indicazione, perché il modo di lavorare, la nostra paglia, porti realmente il grano della Parola di Dio". E il suo primo Sinodo che Benedetto XVI indice per il 2008 è: "La Sacra Scrittura nella vita e nella missione della Chiesa".
I Vescovi europei di fronte ad una "silenziosa apostasia da Dio", i vescovi spagnoli di fronte alla secolarizzazione interna della Chiesa in Spagna con la perdita dell'intelligenza della fede aggravata da proposte teologiche non sufficientemente fondate relative soprattutto alla cristologia rilevano interpretazioni riduttive che non accolgono il mistero rivelato nella sua integrità. "Gli aspetti della crisi – Teologia e secolarizzazione in Spagna…n. 5 – possono riassumersi in quattro punti: concezione razionalista della fede e della rivelazione; umanesimo immanentista applicato a Gesù Cristo; interpretazione meramente sociologica della Chiesa; soggettivismo e relativismo secolarizzato nella morale cattolica. Ciò che unisce tutte queste argomentazioni non sufficientemente fondate è l'abbandono e il non riconoscimento dell'essenza specificamente cristiana, in special modo del valore definitivo e universale di Cristo nella sua rivelazione, nella sua condizione di Figlio di Dio vivente, nella sua presenza reale nella Chiesa, e nella sua vita offerta e promessa come paradigma della condotta morale".
Accanto a determinate teorie dottrinali, che hanno preso piede all'interno della Chiesa e che trovano una diffusa accoglienza nei mezzi della comunicazione sociale ci sono tante persone che svolgono, con impegno esemplare e scientificità, la loro missione ecclesiale nell'ambito della teologia come vocazione. Quanti oggi si pongono nel loro ruolo di teologi cattolici, come il Papa propone, sia in merito alla dottrina sia per il loro atteggiamento ecclesiale, in sintonia con il magistero e a servizio del popolo di Dio, sforzandosi di mantenere un dialogo aperto di fronte alle sfide e sollecitazioni di un mondo secolarizzato poiché, nonostante tutte le contraddizioni della nostra società, come ripete continuamente Juliàn Carròn, il cuore di ogni uomo, comunque ridotto, non smette di sperare e di cercare.