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2025 06 25 SIRIA - strage di matrice jihadista

Fonte:
CulturaCattolica.it ©
SIRIA - strage di matrice jihadista perpetrata durante la messa serale di domenica 22 giugno: 30 morti e 90 feriti, di cui 43 in modo grave
INDIA - Orissa: pentecostali feriti perché non vogliono ‘tornare’ all’induismo
NIGERIA - Ucciso un sacerdote che cercava di mediare una disputa familiare

SIRIA - Strage di cristiani a Damasco. Patriarcato greco-ortodosso: sono i nostri nuovi martiri
di Pascale Rizk

“Nel giorno in cui la nostra Chiesa di Antiochia commemora tutti i Santi antiocheni, questa sera si è alzata la mano traditrice dell’iniquità e ha mietuto le nostre anime con le anime dei nostri cari che sono caduti oggi come martiri durante la messa serale nella chiesa di Sant’Elia, a Dwela’a, Damasco”. Con queste parole il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, guidato dal Patriarca Yohanna X, si è rivolto ai fedeli di tutto il mondo dopo la strage di matrice jihadista perpetrata durante la messa serale di domenica 22 giugno, che ha ferito tutti i cristiani di Siria.

La chiesa di Sant’Elia si trova nel quartiere di Tabbalah, vicino all’ingresso del quartiere di Douweila. Fu costruito nel 1990. È un monastero che comprende una chiesa, una scuola e diverse sale per gli ospiti, con stanze per pellegrini e studenti.

Secondo le informazioni di fonti locali raccolte dall’Agenzia Fides, l’assalto è iniziato con numerosi colpi sparati dall’esterno della chiesa. Poi almeno due kamikaze che indossavano cinture esplosive sono entrati dentro la chiesa dall’ingresso posteriore rispetto all’altare, e hanno fatto strage usando gli esplosivi.

La testimonianza di Laure al Nasr

Nelle reti sociali viene diffuso il video con il racconto della testimone oculare Laure al Nasr: suo marito Geryes el Bechara, membro della Direzione Generale dell’Autorità Pubblica per i Trasporti Stradali, insieme ad uno dei fratelli presenti alla messa, Botros el Bechara, ha tentato di fermare l’assalitore. “Gli spari” racconta Laura nella sua testimonianza, traumatizzata dal dolore “hanno dapprima colpito le finestre della chiesa, così la gente si è messa paura e ha si è raccolta intorno all’altare. Quando l’attentatore ha fatto irruzione nella chiesa – prosegue la testimone – “Geryes e Botros hanno provato a fermarlo: uno colpendolo al braccio per fargli cadere di mano una granata, che non è esplosa, l’altro provando a trascinarlo fuori dalla chiesa”. terrorista kamikaze ha azionato la cintura esplosiva, e si è fatto saltare in aria “Ho visto dilaniarsi i corpi di mio marito e di mio cognato, uno accanto all’altro. Hanno provato a salvare tutti noi, sono martiri per la nostra Chiesa”. Nella strage sono morti altri membri della stessa famiglia: la sorella Myriam, i cugini Giulia, Sleman e Nabil. Sono gravemente feriti una nipote e un terzo fratello di Geryes e Botros, il notaio Elias el Bechara.

Secondo voci non confermate, i kamikaze potevano essere di origine pakistana, e un attentatore sarebbe fuggito dopo la strage.

Nella parte finale del messaggio, diffuso dal Patriarcato greco ortodosso di Antiochia, le autorità che detengono il potere in Siria vengono richiamate ad assumersi la piena responsabilità per garantire la protezione dei Luoghi sacri e di tutti i cittadini”. In un momento in cui, ora più che mai l’intero Medio Oriente appare preda di “forze disumane che sembrano voler accelerare la fine del mondo” (Papa Francesco). (Agenzia Fides 23/6/2025)

Nella strage alla chiesa di Sant’Elia tutte le paure per Damasco
di Dario Salvi

Il governo attribuisce allo Stato islamico l’attentato di ieri che ha provocato decine di morti tra i cristiani, ma non vi sono certezze e il gesto non è stato sinora rivendicato. Lo sfogo di una fonte di AsiaNews: le autorità impegnate ad applicare la sharia e firmare accordi con Qatar e Turchia, più che a “costruire una vera nazione”. P. Jihad (Mar Musa): “Non cadiamo nella trappola di chi vuole colpire l’opera di ricostruzione del Paese”. Ordinari Terra Santa: un “atto barbaro” che causa “profondo shock e repulsione”.

In Siria “non c’è sicurezza”, si vedono persone “che camminano per le strade”, perlopiù ragazzi “che in passato erano al soldo dei gruppi armati” e adesso “vengono chiamati a svolgere” funzioni di polizia pur non avendone i requisiti. L’attentato di ieri alla chiesa greco-ortodossa di Damasco “è fonte di shock” ma non è giunto inaspettato, perché è conseguenza di una “situazione terribile”. È quanto racconta ad AsiaNews, dietro garanzia di anonimato, una fonte diplomatica della capitale secondo cui “da anni non si registrava un attacco bomba così devastante durante una messa, anche se non è giunto inaspettato”. “Viviamo in una situazione di incertezza” prosegue, e a pagare il prezzo sono persone “riunite a pregare”.

È di oltre 30 morti e 90 feriti, di cui 43 in modo grave, il bilancio aggiornato dell’attentato di ieri nella chiesa greco-ortodossa di sant’Elias nel quartiere di Dwelah, a Damasco, che ospita una consistente comunità cristiana. (...)
“Le autorità - prosegue la fonte raggiunta al telefono - hanno subito attribuito all’Isis l’attacco, ma non vi sono state indagini adeguate” e anche in materia di sicurezza il quadro è preoccupante: “Il governo sembra più interessato a implementare la sharia [la legge islamica, ndr], a imprimere direttive in materia di abbigliamento e di vietare l’alcol. Questo sembra importare, oltre a firmare accordi con Qatar e Turchia di cui non si conoscono bene i contenuti, più che creare una nazione capace di proteggere i cittadini o rispettare i diritti”. La questione, sottolinea, è “interna, a maggior ragione oggi in cui Iran, Israele e Stati Uniti sono coinvolti in un conflitto diretto e la Siria è diventata uno scenario secondario”. E a pagare il prezzo sono i cristiani che, secondo la fonte, sono “dimenticati dall’epoca di Assad. Adesso i governi internazionali, a partire dall’Europa, dicono di voler far tornare i rifugiati perché vi è un quadro di sicurezza e mostrano di sostenere questo governo, togliendo tutte le sanzioni, ma la realtà sul terreno è diversa, come mostra quanto successo ieri”.

Si tratta del primo attentato suicida nella capitale dal rovesciamento, a cavallo fra novembre e dicembre, del decennale regime di Bashar al-Assad da parte delle milizie di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) guidate da al-Sharaa. Una fonte della sicurezza riferisce che nell’attentato sarebbero coinvolti due uomini, incluso quello che si è fatto saltare in aria. L’Isis avrebbe compiuto diversi tentativi di attacchi alle chiese in Siria dalla caduta degli Assad, ma questo è stato il primo ad avere successo dopo mesi di propaganda e operazioni di basso livello dei miliziani.

Negli ultimi mesi i vertici del movimento avrebbero approfittato delle guerre regionali - da Gaza fino all’escalation di questi giorni in Iran, che vede coinvolti anche gli Stati Uniti - per riorganizzarsi e tornare a colpire. La comunità cristiana, dopo alawiti e drusi, è solo l’ultima a finire nel mirino dei radicali e terroristi sunniti. Gruppi che oggi controllano il Paese dopo l’ascesa al potere di Hts e dei suoi miliziani, dopo aver cacciato gli Assad. Nelle ore successive all’attentato migliaia di cristiani sono scesi in piazza per manifestare, chiedendo sicurezza e libertà.
(Asia News 23/06/2025)

INDIA - Orissa: pentecostali feriti perché non vogliono ‘tornare’ all’induismo
Sette cristiani ricoverati in ospedale dopo essere stati assaliti da una folla istigata dai nazionalisti indù mentre tornavano a casa dalla chiesa nel villaggio. Minacce e intimidazioni in aumento da quando il Bjp è salito al potere anche nel governo locale a Bhubaneswar. Il vescovo Aplinar Senapati ad AsiaNews: “Persone perseguitate per la loro fede”.

Una folla di sostenitori dell’Hindutva ha attaccato il 21 giugno un gruppo di cristiani protestanti in un villaggio dell’Orissa, per aver resistito alla presunta pressione di convertirsi all’induismo. Sette di loro sono rimasti feriti, hanno dichiarato domenica i leader cristiani locali. I feriti, attaccati mentre tornavano dalla chiesa nel villaggio di Kotamateru, nel distretto di Malkangiri, sono ricoverati nell’ospedale distrettuale, ha detto la polizia.
I cristiani locali puntano il dito contro il Bajrang Dal, l’organizzazione nazionalista indù, le cui minacce e intimidazioni sembrano essere aumentate nell’ultimo anno da quando il Bjp è salito al potere nel governo locale dell’Orissa. Da parte sua il Bajrang Dal nega ogni coinvolgimento.

I cristiani locali ieri hanno tenuto una manifestazione pacifica davanti all’ufficio del sovrintendente di polizia. Secondo Pallab Lima, segretario per l’Orissa del Rashtriya Christian Morcha, “la tensione si è accumulata nella zona negli ultimi mesi. Gli attivisti dell’estrema destra indù continuavano a minacciare le persone affinché cambiassero religione e accettassero l’induismo, ma molti di quelli che sono cristiani di nascita hanno resistito. Sabato mattina, mentre tornavano dalle preghiere, centinaia di persone armate con asce, hanno attaccato i cristiani. L’attacco è durato ore”. Lima ha raccontato che una persona è riuscita a contattare il pastore del distretto, che ha subito informato la polizia di Malkangiri, che ha salvato i cristiani e ha portato i feriti in ospedale.

Bijoy Pusuru, un altro leader della comunità cristiana, ha detto: “La nostra gente è sotto shock. I feriti che si trovano in ospedale hanno paura di tornare al villaggio”.
La polizia minimizza la violenza, attribuendola a una rivalità familiare. “L’incidente è stato scatenato da una disputa tra due fratelli, uno cristiano e l’altro indù. Quest’ultimo stava facendo pressioni sul fratello cristiano affinché tornasse nella fede induista,” ha detto l’ispettore Rigan Kinda della stazione di polizia di Malkangiri.
Il leader distrettuale del Bajrang Dal, Sibapada Mirdha, ha negato le accuse di violenza o di una campagna per convertire i cristiani. Tuttavia, ha aggiunto: “Gli induisti hanno alzato la loro voce contro le conversioni forzate da parte dei cristiani. A volte c’è una reazione spontanea a questo”.

Il vescovo Aplinar Senapati, della diocesi di Rayagada, ha commentato ad AsiaNews: “È un fatto da condannare, questi cristiani pentecostali sono persone molto vulnerabili e subiscono emarginazione a causa della loro fede. Succede nelle zone più interne: questo distretto confina con Chhattisgarh e Andhra Pradesh ed è un’area con presenza di miliziani maoisti. Le accuse di conversione sono fabbricate e infondate contro cristiani innocenti che lottano con le difficoltà quotidiane della vita”. (Asia News di Nirmala Carvalho 23/06/2025)

NIGERIA - Ucciso un sacerdote che cercava di mediare una disputa familiare
Un sacerdote cattolico è stato ucciso in Nigeria mentre cercava di sedare una lite familiare. Padre Godfrey Oparaekwe, parroco presso la chiesa di Sant’Ambrogio a Ubakala, Umuahia South LGA, nello Stato di Abia (nel sud della Nigeria), è morto la sera del 17 giugno. Secondo quanto comunicato all’Agenzia Fides dalla diocesi di Umuahia, il sacerdote si era recato a casa dell’uomo, in compagnia della figlia della coppia e di un altro uomo per recuperare una motocicletta appartenente alla ragazza. La coppia era da tempo in crisi tanto è vero che la moglie ei figli avevano abbandonato la casa lasciando solo l’uomo. Padre Oparaekwe aveva cercato di mediare ma era stato minacciato dall’uomo. La sera del 17 giugno questi ha in effetti colpito all’improvviso padre Oparaekwe, con un coltello ferendolo pesantemente, per poi minacciare con la stessa arma le altre persone. L’aggressore è stato immobilizzato mentre padre Oparaekwe è stato trasportato all’ospedale. Dopo qualche ora dal ricovero però il sacerdote è morto.
Padre Godfrey è nato il 4 ottobre 1953 a Ulakwo, Owerri, Nigeria. È stato ordinato sacerdote nel 1983 presso il Seminario St. Joseph di Ulakwo, Oweni, Nigeria, nella diocesi di Umuahia. Nel 2000 ha conseguito un Master in Teologia presso la Franciscan University di Steubenville, in Arizona.
Dal 2002 al 2012 ha servito in vari incarichi nella diocesi di Tucson, in Arizona (USA) per poi rientrare in Nigeria. (LM) (Agenzia Fides 24/6/2025)

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