2025 06 04 «Cercate ogni giorno il volto dei santi...»
UGANDA - Fallito attentato nei pressi della Basilica dei Martiri Ugandesi nel giorno della ricorrenza; morti due attentatoriKENYA - Violenze senza fine: le missionarie benedettine chiudono le loro strutture nella Kerio Valley
MYANMAR - Kayah: la giunta birmana bombarda (per la terza volta) un campo di sfollati cristiani
EGITTO - Il Monastero di Santa Caterina nel Sinai diventa proprietà dello Stato egiziano. Crescono reazioni e preoccupazioni
TESTIMONIANZA HAITI - Crisi umanitaria: i missionari salesiani garantiscono pasti regolari a oltre 2.300 giovani haitiani
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UGANDA - Fallito attentato nei pressi della Basilica dei Martiri Ugandesi nel giorno della ricorrenza; morti due attentatori
Un’esplosione è avvenuta questa mattina, 3 giugno, a circa 500 metri dal Santuario dei Martiri ugandesi a Munyonyo. Secondo l’esercito ugandese (Uganda People’s Defense Forces UPDF) l’esplosione è avvenuta nel corso di un’operazione per sventare un attentato.
“Questa mattina un’unità antiterrorismo dell’UPDF ha intercettato e neutralizzato due terroristi armati a Munyonyo. Si è trattato di un’operazione condotta dall’intelligence e servizi di sicurezza sono in stato di massima allerta per garantire che le celebrazioni del Giorno dei Martiri si svolgano senza conversazioni” ha affermato un portavoce dell’esercito.
Il 3 giugno si celebra la Festa liturgica dei Santi Martiri dell’Uganda, un gruppo di 22 cattolici e 23 anglicani convertiti al cristianesimo nel regno di Buganda, ora parte dell’Uganda, che furono giustiziati tra il 31 gennaio 1885 e il 27 gennaio 1887.
In questi giorni il Santuario di Munyonyo, ascensore a Basilica Minore nel 2019, vede affluire fino a 2 milioni e mezzo di fedeli provenienti non solo da tutta l’Uganda, ma anche dai Paesi limitrofi e da altre zone del mondo.
Secondo i rapporti preliminari due presunti terroristi che indossavano giubbotti esplosivi e che si ritiene che gli stessi tentando di accedere alla Basilica di Munyonyo sono stati intercettati da un’unità antiterrorismo. “La nostra unità specializzata antiterrorismo ha aperto il fuoco contro i terroristi, provocando un’esplosione che li ha uccisi”, ha dichiarato una fonte militare.
Sul posto, sono state rinvenute i corpi smembrati dei due aggressori, insieme ai resti di una motocicletta distrutta nell’esplosione.
Il luogo dell’esplosione è stato isolato per permettere a unità di artificieri militari di accertare che non vi siano altri ordigni inesplosi e alle squadre della polizia scientifica di avviare le indagini forensi. (LM) (Agenzia Fides 6/3/2025)
UGANDA - Polizia ugandese: è figlia di un responsabile degli attentati del 2021 una delle persone morte nell’esplosione nei pressi della Basilica di Munyonyo.
Le autorità ugandesi hanno individuato una delle due persone rimaste uccise questa mattina, 3 giugno, nel fallito attentato nei pressi della Basilica dei Martiri ugandesi a Munyonyo.
Le forze di sicurezza pubblicato hanno la fotografia di una ragazza, senza rivelarne il nome, affermando che sia uno dei due presunti attentatori intercettati a bordo di una motocicletta da una unità antiterrorismo, morti nell’esplosione dell’ordigno che trasportavano. Secondo la polizia ugandese la giovane sarebbe la figlia dell’attentatore suicida che si è fatto esplodere alla stazione di polizia centrale di Kampala (CPS) durante la serie di attacchi terroristici coordinati del novembre 2021 (vedi Fides 17/11/2021) anche questi perpetrati da terroristi suicidi giunti in moto.
Gli attacchi erano stati successivamente rivendicati dalle Forze Democratiche Alleate (Allied Democratic Forces ADF), un gruppo jihadista affiliato allo Stato Islamico (ISIS).
Funzionari dell’intelligence affermano che la giovane indossava un giubbotto esplosivo e stava tentando di accedere alla Basilica, prima di essere intercettata dagli agenti antiterrorismo dell’esercito (UPDF). “Dopo essere stata colpita, i giubbotti esplosivi sono esplosi”, ha riferito una fonte delle forze di sicurezza. (LM) (Agenzia Fides 6/3/2025)
KENYA - A Eldoret i funerali di padre Bett. Senatori kenioti chiedono Commissione d’Inchiesta sui sacerdoti assassinati
Preghiere e lacrime hanno accompagnato l’ultimo saluto di padre Alloyce Cheruiyot Bett, sacerdote cattolico di 33 anni ucciso a colpi d’arma da fuoco nella zona di Tot, nella Kerio Valley, in Kenya, lo scorso 22 maggio (vedi Fides 23/5/2025), dopo aver presieduto messa nel villaggio di Kabien. I funerali del sacerdote si sono svolti nel pomeriggio di ieri, lunedì 2 giugno, nella Cattedrale del Sacro Cuore a Eldoret.
Alla funzione, presieduta dal Vescovo Dominic Kimengich, nell’omelia è stato ricordato l’intenso servizio pastorale che padre Bett ha svolto in questi anni nella Kerio Valley, un’area del Kenya instabile dal punto di vista sociale, dove le continue violenze hanno costretto anche alcune suere missionarie ad abbandonare le loro strutture (vedi sotto). La sua è stata “una vita tutta spesa a servizio di Dio e del suo popolo. È una grave perdita per la Chiesa e la comunità. Continuiamo a chiedere giustizia per lui. I suoi assassini devono essere chiamati a risponderne”, le parole del Vescovo, che ha poi chiesto preghiere incessanti per la pace nella Kerio Valley.
(Agenzia Fides 6/3/2025)
KENYA - Violenze senza fine: le missionarie benedettine chiudono le loro strutture nella Kerio Valley
Le Suore Benedettine Missionarie del Priorato del Sacro Cuore hanno chiuso tutte le loro strutture nella Kerio Valley, in Kenya, a seguito dei continui atti di violenza che avvengono quotidianamente nell’area. Sono le stesse missionarie, tramite una nota diffusa sui loro canali sociali, ad annunciare, “con effetto immediato”, la chiusura della missione “a tempo indeterminato”.
La decisione, si legge nel testo firmato da suor Rosa Pascal OSB, Priora delle Suore Benedettine Missionarie, è stata presa “a seguito dell’omicidio di padre Alloy Bett, parroco di San Mathias Mulumba e della continua instabilità nella zona. Questo ha influito negativamente sulla nostra opera missionaria” provocando “traumi mentali, emotivi e psicologici alle nostre sorelle” e, di conseguenza, “l’impossibilità di portare avanti i servizi essenziali a causa della mancanza di personale che sta abbandonando la zona”.
Da qui la scelta “di chiudere le nostre stazioni missionarie a tempo indeterminato, fino a quando l’area non sarà sicura per il servizio”. Questa azione, viene precisato nella nota, “è volta a garantire la sicurezza delle nostre sorelle che combattono nella regione, dei nostri dipendenti e di coloro che visitano la nostra missione per diversi servizi”, allo stesso tempo, a “sollecitare il governo a trovare una soluzione duratura per la pace nell’area, incluso il disarmo dei civili”. Tra le strutture chiuse rientra anche il Chesongoch Mission Hospital. (FB) (Agenzia Fides 2/6/2025)
MYANMAR - Kayah: la giunta birmana bombarda (per la terza volta) un campo di sfollati cristiani
Nei giorni scorsi l’esercito golpista del Myanmar ha colpito il “Bangkok IDP Camp” al confine tra gli Stati Shan e Kayah. Nell’ultimo anno le bombe hanno centrato anche scuole e diverse abitazioni, parte di una deliberata strategia di violenze per fiaccare la resistenza al regime.
Per la terza volta in meno di un anno l’esercito birmano ha bombardato un campo per sfollati interni situato al confine tra gli Stati Shan e Kayah, nel Myanmar orientale. La struttura, nota come “Bangkok IDP Camp” ospita centinaia di famiglie di etnia karenni perlopiù cattoliche, in fuga dal conflitto armato e, nonostante sia riconosciuta come rifugio civile, è finita nuovamente nel mirino della giunta golpista.
L’ultimo attacco è avvenuto il 14 maggio 2025, quando due bombe hanno colpito una scuola e alcune abitazioni all’interno del campo. Il primo raid contro la comunità venne lanciato il 5 settembre 2024 e causò la morte di almeno nove civili; il secondo, il 18 novembre dello stesso anno, provocò la morte di una donna di 45 anni e gravi danni alla chiesa, alla casa del parroco e ad alcune abitazioni.
Tra le figure più colpite c’è p. Paul Tan, anziano sacerdote cattolico karenni, che viveva nel campo offrendo assistenza spirituale e supporto pastorale agli sfollati. Dopo il secondo attacco, e in seguito a crescenti minacce, ha scelto di trasferirsi in un’area vicina, pur continuando a servire la comunità da lontano. Secondo fonti locali, il suo nome è stato ripetutamente menzionato da account social legati alla giunta, che lo considerano un obiettivo strategico per fiaccare il morale della popolazione cristiana e minare lo spirito comunitario.
Composto in gran parte da studenti e bambini, il campo ha rappresentato finora un luogo di rifugio per centinaia di civili. Secondo la propaganda pro-regime, invece, all’interno si nascondano membri della resistenza armata.
Lo Stato Kayah è tra i territori più martoriati dalla repressione seguita al colpo di Stato del 2021. Finora la regione è stata colpita da oltre 300 bombardamenti aerei: 52 chiese, 25 scuole e 16 ospedali sono stati distrutti, mentre più di 500 civili hanno perso la vita. Si stima che quasi 200mila persone abbiano abbandonato le proprie case in questo piccolo Stato montuoso.
Da tempo organizzazioni internazionali e attivisti locali denunciano le atrocità perpetrate dalla giunta birmana, che ha bombardato i civili anche dopo il devastante terremoto del 28 marzo scorso. Alcuni attacchi, denunciano gli enti locali, sembrano parte di una strategia deliberata per impedire ogni forma di ricostruzione e assistenza umanitaria. (di Gregory AsiaNews 29/05/2025)
EGITTO - Il Monastero di Santa Caterina nel Sinai diventa proprietà dello Stato egiziano. Crescono reazioni e preoccupazioni
Santa Caterina il più antico monastero al mondo
Nel mirino il complesso tuttora abitato dai monaci e le proprietà circostanti. Al-Sisi assicura che la struttura verrà “preservata”, ma fra i cristiani regnano ira e sconcerto. I piani di esproprio avviati durante gli anni al potere dei Fratelli musulmani, sarà trasformato in museo. Arcivescovo Elpidoforo d’America: “Profonda preoccupazione e dolore”.
Dopo 15 secoli uno dei Monasteri cristiani più importanti e antichi del mondo, il Monastero di Santa Caterina nel monte Sinai, perde la propria autonomia gestionale e diventa proprietà dello Stato egiziano, a seguito di una sentenza del tribunale di Ismailia. Disposizione che solleva serie preoccupazioni per il presente e il futuro del Monastero e della comunità che lo abita.
Il Monastero nel monte Sinai fu fondato nel VI secolo dC da Giustiniano, ed è sopravvissuto a guerre, conquiste e persecuzioni grazie anche al suo status di “Vakuf”, Luogo Sacro da custodire secondo la tradizione coranica. Come racconto, veniva rispettato anche dai beduini del deserto del Sinai. L’UNESCO lo aveva annoverato tra i monumenti riconosciuti come patrimonio dell’umanità. Gli inestimabili tesori del Monastero - icone, manoscritti, cimeli, biblioteche e proprietà - vengono gestiti dai venti monaci della locale comunità monastica, che gode di una propria ampia autonomia in seno al Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme.
In base alla sentenza emessa dal Tribunale di Ismailia mercoledì 28 maggio, i beni del Monastero vengono di fatto confiscati e passano in gestione allo Stato egiziano, mentre ai monaci vengono imposte restrizioni di accesso a determinati immobili. La loro permanenza nel Monastero viene consentita solo per scopi di culto e alle condizioni stabilite dal nuovo proprietario statale.
Il sito orthodoxia.info ha definito l’applicazione della sentenza come «una delle più gravi violazioni delle libertà religiose e individuali degli ultimi secoli», perpetrata in un periodo travagliato per il Medio Oriente.
La disposizione, che di fatto priva il Monastero della sua autonomia, arriva dopo un lungo periodo di controversie legali e azioni giudiziarie avviate contro la relativa autonomia gestionale esercitata nel Monastero.
Alcuni funzionari egiziani giustificano la misura presa come atto di protezione del patrimonio culturale del Monastero.
L’archeologo Abdel Rahim Rihan ha sostenuto in proposito che i beni immobili del monastero ricadono sotto le leggi sui beni culturali e la decisione messa in atto dopo la sentenza del tribunale garantisce la valorizzazione a beneficio del “patrimonio mondiale e dei monaci”.
I monaci, dal canto loro, parlano di una espulsione de facto dal loro stesso monastero.
La decisione presa pone fine in maniera contestata alla pluriennale offensiva legale contro i monaci di Santa Caterina da parte dello Stato egiziano, che a fasi alterne, fin dal tempo del governo controllato dai Fratelli Musulmani, punta a porre sotto il proprio controllo il Monastero.
Secondo alcuni analisti, la disposizione messa in atto mostra che lo stesso Presidente, il generale Abdel Fattah Sisi, non sarebbe in grado di controllare apparati che fanno parte dello “Stato profondo”, alcune delle quali legate anche a gruppi di matrice salafita.
Ora il Cairo deve gestire una crisi con la Grecia, che ha reagito duramente all’atto governativo sul Monastero, in un momento in cui l’Egitto è al centro di tumultuosi sviluppi in Palestina che interessano anche la penisola del Sinai, area dove devono combattere frange di jihadisti organizzati che in passato hanno minacciato il monastero compiendo anche attacchi ad opera di commandi armati. E la disposizione messa in atto indebolisce il Monastero anche nelle numerose controversie civili che lo contrapponevano a diverse controparti per casi di usucapione.
La reazione dei monaci è stata forte. È già in programma una campagna internazionale di sensibilizzazione e informazione rivolta alle Chiese e ad altre comunità religiose, con l’obiettivo di ottenere la revoca della decisione.
Immediata anche la reazione dell’Arcivescovo greco ortodosso di Atene Ieronymos. «Non voglio e non posso credere” ha dichiarato Ieronymos “che oggi l’ellenismo e l’Ortodossia stanno vivendo un’altra storica “conquista”». «Questo faro spirituale dell’Ortodossia e dell’ellenismo – ha aggiunto - si trova ora ad affrontare una questione di sopravvivenza».
(di Nikos Tzoitis Agenzia Fides 30/5/2025)
TESTIMONIANZA
HAITI - Crisi umanitaria: i missionari salesiani garantiscono pasti regolari a oltre 2.300 giovani haitiani
In un contesto dove la crisi umanitaria e sociale sembra non avere fine, i missionari salesiani lavorano anche per garantire una alimentazione decente a ragazzi e ragazze nell’età dello sviluppo. In collaborazione con l’organizzazione umanitaria “Rise Against Hunger”, il cui obiettivo è far crescere un movimento a livello planetario per fronteggiare la fame nel mondo, in questi mesi i salesiani hanno potuto offrire ogni giorno almeno un pasto sano al giorno per oltre 2.300 tra ragazzi e ragazze che frequentano tre centri disseminati sull’isola: “Don Bosco Technique”, “Lakay Don Bosco” e “Vincent Foundation”.
Si tratta di tre strutture che lavorano in un contesto di grande povertà. Il centro intitolato “Vincent Foundation” è situato a sud della città di Cap-Haïtien, nel quartiere periferico di Vertières. Ed è l’unico spazio del quartiere in cui i giovani possono giocare e socializzare in tutta sicurezza. Le famiglie non riescono a garantire loro un’alimentazione regolare ed equilibrata.
Lo stesso è accaduto al centro “Lakay Don Bosco”, dove da diversi mesi studia Jeannot. Viveva con sua madre e sua nonna. All’età di 5 anni la mamma morì. Era ancora un ragazzino quando lasciò la nonna e si unì alle bande di adolescenti che usano armi compiere rapine e altre forme di violenza. Poi l’incontro con i missionari. Ora Jeannot ha 15 anni ed è uno scout e frequenta i corsi professionali per diventare meccanico.
L’alimentazione regolare contribuisce anche ad aumentare i livelli di apprendimento dei ragazzi e delle ragazze “Prima era difficile insegnare loro qualcosa, poiché ‘una pancia affamata non ha orecchie’. ha spiegato Lourdena Bien-Aime Pierre, educatrice e responsabile alimentare del centro “Lakay Don Bosco”.
I salesiani sono attivi ad Haiti dal 1935, quando giunsero in risposta alla richiesta del governo haitiano di prendersi cura di una scuola professionale. Da allora, hanno ampliato il loro lavoro fino a comprendere 11 opere principali (tra scuole e centri di formazione) e oltre 200 piccoli centri educativi in tutto il Paese. (FB) (Agenzia Fides 29/5/2025)