2025 04 23 Papa Francesco è nella Pasqua Eterna
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“Il Cristo risorto è la svolta definitiva della storia umana. Lui è il futuro della storia. E questa speranza della Pasqua, questa ‘svolta nelle tenebre’, dobbiamo annunciarla a tutti”. (Papa Francesco, Veglia Pasquale 2025)
Noi cristiani camminiamo con Lui sul Calvario, abbracciati dalla Sua Croce, certi della Risurrezione.
NOTIZIE
NICARAGUA - proibite le celebrazioni per la Settimana Santa
INDIA - DELHI - Via Crucis negata ai cattolici della capitale indiana
INDIA - Chhattisgarh, sei famiglie cristiane espulse dal villaggio per non aver rinunciato alla fede
CINA: raccolta di notizie
NICARAGUA - proibite le celebrazioni per la Settimana Santa
Nel Paese centroamericano, il governo ha vietato qualunque manifestazione pubblica in occasione della Pasqua
Processioni pasquali vietate, così come l’uso di fuochi d’artificio. In Nicaragua la stretta del governo sulle celebrazioni della Settimana Santa non lascia spazio alle manifestazioni pubbliche cristiane in occasione della Pasqua. Il presidente Daniel Ortega ha proibito di portare immagini sacre lungo le strade, mentre all’esterno delle cattedrali sono presenti ingenti forze di sicurezza.
È dal 2023 che nel Paese centroamericano vige il divieto di pubbliche processioni, che si possono svolgere, così come avvenuto per la Domenica delle Palme, rigorosamente all’interno delle mura delle chiese; stessa misura varrà per la Via Crucis del Venerdì Santo, pena prevista per i trasgressori è l’arresto, come confermato da alcuni sacerdoti che hanno ricevuto la visita di agenti di polizia.
“L’impossibilità di tenere processioni, parte centrale delle celebrazioni della Settimana Santa – scrive il sito 100% Noticias – rappresenta un duro colpo per la vita religiosa del Paese. Allo stesso modo, il divieto di pregare pubblicamente su temi sensibili come la situazione in Nicaragua, i migranti e i prigionieri politici viene interpretato come un tentativo di mettere a tacere la voce della Chiesa su questioni di giustizia e diritti umani”. (Vatican News 17 aprile 2025)
INDIA - DELHI - Via Crucis negata ai cattolici della capitale indiana
La polizia ha negato per motivi di “ordine pubblico” il permesso all’iniziativa della domenica delle Palme che si teneva da anni radunando migliaia di fedeli. La protesta dell’associazione cattolica nella metropoli dove i nazionalisti del Bjp sono da poco tornati al governo: “Ad altre comunità e gruppi politici vengono concesse processioni e raduni: le autorità garantiscano il rispetto della libertà religiosa e l’uguaglianza”.
La polizia di Delhi ha negato il permesso di tenere una Via Crucis la domenica delle Palme dalla chiesa di Saint Mary alla Cattedrale del Sacro Cuore. Il governo locale della capitale indiana - che da qualche mese è tornato nelle mani dei nazionalisti indù del Bjp – ha citato come motivazione “ragioni di sicurezza”, costringendo a tenere il rito all’interno della chiesa. Obbedendo alla decisione il parroco della cattedrale, p. Francis Swaminathan, ha ricordato che negli ultimi 15 anni a Delhi si era tenuta regolarmente una Via Crucis alla quale partecipavano circa 2.000 fedeli, ma ha anche aggiunto che il permesso era stato negato in modo simile anni fa.
In una dichiarazione rilasciata ieri, l’Associazione cattolica dell’arcidiocesi di Delhi (CAAD) ha espresso “profondo shock e angoscia” per il rifiuto della polizia di autorizzare la processione per motivi di “ordine pubblico e traffico”. Questa motivazione “è difficile da accettare, soprattutto quando ad altre comunità e gruppi politici vengono abitualmente concessi permessi per processioni e raduni, anche durante le ore di punta nei giorni lavorativi. I cristiani ora si chiedono se il loro diritto costituzionale alla libertà religiosa sia ugualmente rispettato”.
“Per oltre un decennio – continua la nota della CAAD - la Via Crucis annuale è stata condotta con la massima disciplina, pace e piena collaborazione con le autorità. Non c’è mai stata una segnalazione di interruzione del traffico o di problemi di ordine pubblico legati al nostro evento. La negazione del permesso di quest’anno ci sembra parziale e ingiusta, e getta un’ombra sui principi di parità di trattamento e di libertà religiosa”.
“I cristiani di Delhi - e di tutta l’India - sono sempre stati una comunità pacifica e rispettosa della legge - conclude l’associazione cattolica -. Ci appelliamo alle autorità affinché agiscano con giudizio e garantiscano la giustizia e l’uguaglianza. Chiediamo che tali azioni non creino un senso di esclusione o di dubbio nelle menti delle minoranze che contribuiscono positivamente e pacificamente al tessuto della nazione”.
(Asia News di Nirmala Carvalho 14/04/2025)
INDIA - Chhattisgarh, sei famiglie cristiane espulse dal villaggio per non aver rinunciato alla fede
Nel distretto tribale di Sukma, le famiglie sono state costrette a lasciare le loro case e abbandonate in una foresta. L’intervento della polizia ha permesso il ritorno, ma la comunità locale ha impedito l’accesso. Mons. Thakur: “La persecuzione continua, serviamo senza discriminazioni nonostante le accuse ingiuste”.
Nei giorni scorsi sei famiglie cristiane sono state sfrattate con la forza dal villaggio di Karingundam, nel distretto di Sukma (nello Stato a prevalenza tribale del Chhattisgarh), per essersi rifiutate di rinunciare alla propria fede. L’episodio, confermato da fonti locali, è l’ultimo di una lunga serie di attacchi e discriminazioni ai danni delle comunità cristiane dello Stato centro-orientale dell’India, dove le conversioni religiose vengono spesso considerate una violazione delle tradizioni sociali locali.
Secondo quanto riportato da testimoni, la decisione di espellere le sei famiglie è stata presa durante una riunione del “Gram Sabha”, il consiglio autonomo del villaggio, convocato dal “sarpanch” (capo del villaggio) per discutere la presenza di 13 famiglie convertitesi al cristianesimo sette anni fa. Durante l’incontro, sette di esse hanno accettato di tornare alla religione indigena, mentre le restanti sei hanno ribadito la volontà di “rimanere cristiane a vita”.
I sei capifamiglia – Poonam Vinay, Kursam Jagaiya, Salvam Pale, Kako Rame, Kako Joga e Butar Singa – avrebbero dichiarato pubblicamente di “non voler rinunciare alla propria fede nemmeno a costo di morire”. A seguito di questa dichiarazione, il consiglio del villaggio ha ordinato l’immediata espulsione delle famiglie, considerate “colpevoli” di minacciare l’armonia sociale.
Un gruppo di residenti, agendo su mandato del consiglio, ha fatto irruzione nelle abitazioni dei cristiani, ha rimosso i loro effetti personali e li ha caricati su un trattore, abbandonandoli in una foresta vicina. Almeno 25 persone, tra cui donne e bambini, sono rimaste ferite. Le famiglie hanno trascorso la notte all’aperto, senza protezione né beni di prima necessità.
Il giorno successivo, il 13 aprile, i membri della Central Reserve Police Force (CRPF) hanno tentato di riportare le famiglie a Karingundam, ma i residenti del villaggio hanno impedito loro l’accesso. Le famiglie si sono quindi rifugiate temporaneamente in una chiesa locale. Solo dopo un nuovo incontro con le forze dell’ordine, durante il quale gli agenti hanno ricordato ai residenti i diritti costituzionali garantiti a ogni cittadino, il 14 aprile le sei famiglie sono state riaccompagnate nelle loro abitazioni.
Commentando l’accaduto ad AsiaNews, mons. Victor Henry Thakur, arcivescovo di Raipur e presidente del Consiglio episcopale cattolico del Chhattisgarh (CBCC), ha dichiarato: “Ho letto degli incidenti attuali dai media. Tuttavia, la persecuzione dei cristiani in Chhattisgarh non si è fermata, indipendentemente dal governo statale in carica. Che sia il Congresso o il BJP a governare, l’illegalità continua, le chiese non confessionali dei villaggi sono regolarmente prese di mira e la persecuzione dei cristiani continua”.
“Siamo un popolo amante della pace, siamo cittadini rispettosi della legge e rispettiamo la Costituzione”, ha aggiunto. “Le accuse di conversioni sono diventate un ‘mantra’, il nostro apostolato – se l’istruzione e l’assistenza sanitaria – sono visti attraverso la lente degli allettamenti dalla stessa brigata che è abituata a comprare le persone... La Chiesa cattolica sostiene la libertà di coscienza e la dignità umana... Noi continuiamo a servire, attraverso il nostro apostolato educativo, sanitario e assistenziale – senza discriminazioni, anche se siamo perseguitati e accusati ingiustamente”. (Asia News di Nirmala Carvalho 17/04/2025)
CINA: raccolta di notizie
CINA - La comunità cattolica cinese si ferma in preghiera per Papa Francesco: Rosari e Messe in suffragio del Pontefice
L’annuncio della morte di Papa Francesco giunge in Cina quando è pomeriggio inoltrato. Tanto il risalto che i media locali hanno dato alla vicenda, rilanciando le parole del Pontefice sull’amore che provava per la Cina e la comunità cattolica cinese.
Subito il piccolo gregge di cattolici cinese si è fermato in preghiera per l’anima del Vescovo di Roma.
I fedeli si sono infatti radunati spontaneamente nelle chiese per pregare, anche col Santo Rosario, per il loro amato Papa. I social sono stati invasi da messaggi di cordoglio di sacerdoti e Vescovi.
(Agenzia Fides 21/4/2025)
SHANXI - polizia contro casa di preghiera non registrata, cattolico in coma
L’incidente è avvenuto il 23 marzo nella diocesi di Lüliang, ma le autorità hanno cercato di tenerlo nascosto. L’intervento delle forze speciali ha richiamato altri cattolici dal vicino villaggio di Xinli, dove vive una storica comunità cattolica. Negli scontri anche un agente è rimasto ferito. Arrestati il parroco e alcuni fedeli.
Il 23 marzo un uomo di mezza età è stato duramente colpito alla testa durante uno scontro con la polizia in una parrocchia della diocesi di Lüliang, nella provincia cinese dello Shanxi, e al momento in cui scriviamo, è ancora in coma nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale locale. Il parrocchiano di mezza età si chiama Francesco Zuo Shangwangi, e vive nel villaggio di Xinli, nella contea di Wenshui.
L’incidente è avvenuto nel villaggio di Zhaizi, a circa 70 chilometri a sud-ovest di Taiyuan, la capitale della provincia. Tre o quattro anni fa, uno zelante parrocchiano del di Zhaizi aveva acquistato un terreno e costruito una casa da utilizzare per la preghiera dei fedeli. Alcuni giorni prima dell’incidente, i dipartimenti governativi avevano informato i fedeli che questo edificio non era stato registrato secondo le norme e non poteva essere utilizzato per attività religiose. Durante la Quaresima, tuttavia, i parrocchiani si sono riuniti comunque lì per recitare il rosario. Domenica 23 sul posto sono arrivate le forze speciali della polizia che hanno strattonato alcuni anziani: uno di loro è caduto a terra con una ferita alla testa. Il sacerdote che era lì per distribuire l’Eucaristia ha informato per telefono i parrocchiani del vicino villaggio di Xinli e questi si si sono recati sul posto. Man mano che aumentava il numero dei fedeli solidali, aumentava anche il numero degli agenti mobilitati. Nel corso dei tentativi di disperdere l’assembramento con gas lacrimogeni e manganelli, è stato ferito anche Zuo Shangwang che è caduto a terra privo di sensi. A quel punto la folla inferocita ha attaccato un agente rimasto solo in un’auto della polizia, ferendolo gravemente. I tre feriti (i due fedeli e l’agente speciale di polizia) sono stati trasportati d’urgenza in ospedale. Tre giorni dopo, il parroco - che serve anche la casa di preghiera del villaggio di Zhaizi - e il presidente della parrocchia di Xinli sono stati arrestati e il 31 marzo anche quattro altri parrocchiani sono stati portati via con l’accusa di aver aggredito un agente di polizia.
I villaggi di Xinli e Zhaizi distano circa 2,5 chilometri l’uno dall’altro e appartengono a contee amministrative diverse: Zhaizi a quella di Jiaocheng e Xinli a quella di Wenshui. Xinli - che secondo i dati ufficiali conta 1026 abitanti –è un villaggio dalla lunga storia cristiana le cui radici risalgono al XVII secolo, che lo rende il più grande centro cattolico della diocesi di Lüliang. Qui era cresciuto anche san Giovanni Wang Rui, uno dei martiri cinesi canonizzati da Giovanni Paolo II. La storia di fede del villaggio di Zhaizi è invece più recente: i credenti sono appena 40 o 50 e spesso vengono aiutati da quelli di Xinli.
Nel villaggio di Xinli si tramanda il ricordo dei molti parrocchiani che durante la Rivoluzione culturale hanno preferito la morte all’apostasia; nella storia di questa comunità ci sono state molte vocazioni al sacerdozio. Lo stesso vescovo di Lüliang mons. Ji Weizhong, - che è stato ordinato lo scorso 20 gennaio di quest’anno ai sensi dall’accordo tra la Santa sede e Pechino - è nato nel villaggio in una famiglia cattolica da generazioni. Ha ricordato che quando era bambino - alla fine della Rivoluzione culturale, prima che la chiesa fosse riaperta - sua madre portava i figli nelle case dei vicini per pregare insieme; la sua stessa famiglia non ha mai smesso di insegnare il catechismo al mattino e alla sera. Per tanti anni si è tramandata così la fede nel villaggio. Per questo motivo, quando sentono delle difficoltà nel vicino villaggio di Zhaizi, i parrocchiani vanno a sostenerli senza esitazione.
L’incidente avvenuto il 23 marzo nel villaggio di Zhaizi è stato seguito da un alto livello di attenzioni a tutti i livelli. Si dice che il responsabile della parrocchia di Xinli e gli altri membri della comunità siano sotto stretta sorveglianza, che persone dei dipartimenti governativi entrino costantemente nel villaggio per controllare la situazione, che tutti i sacerdoti della diocesi siano stati costretti a sottoporsi a una settimana di studio sulle norme e i regolamenti politici, che i conti finanziari degli ultimi cinque anni siano stati controllati. Il sacerdote arrestato, p. Zhang Jinliang, sarebbe stato trasferito in un altro luogo di detenzione e che agli abitanti del villaggio sarebbe stato intimato di non parlare delle persone ferite. Per questo finora il mondo esterno non ha potuto ottenere informazioni precise. (AsiaNews di Andrew Law 16/04/2025)
Processo ai cristiani di Hohhot: nove condannati al carcere per aver distribuito Bibbie
Nonostante avessero acquistato Bibbie stampate con l’autorizzazione del governo, i giudici hanno stabilito che, se si appartiene a una chiesa domestica, rivenderle costituisce comunque un reato.
Il 10 aprile 2025, i parenti e i correligionari di suor Wang Honglan, chiedendo preghiere, hanno informato di aver appena ricevuto una sentenza datata 20 novembre 2024, che conclude il “Processo biblico” di Hohhot, nella Mongolia Interna.
Nel marzo 2023, “Bitter Winter “ ha riportato l’arresto e il processo di dieci fedeli cristiani di Hohhot per presunta vendita illegale di Bibbie. Sebbene le Bibbie fossero state legalmente pubblicate a Nanchino con l’autorizzazione del governo, il pubblico ministero ha sostenuto che vendere Bibbie tramite una chiesa domestica non autorizzata, non affiliata alla Chiesa delle Tre Autonomie controllata dal governo, è un reato, anche se le Bibbie stesse sono legali.
I dieci individui erano Wang Honglan, Ji Heying, Zhang Wang, Wang Jiale, Liu Minna, Li Chao, Yang Zhijun, Ji Guolong, Liu Wei e Ban Yanhong. Wang Honglan è un membro riconosciuto della comunità cristiana di Hohhot e ha già scontato cinque anni di carcere e un anno in un campo di lavoro. Ji Heying è suo marito. Ban Yanhong è stato identificato dalle autorità come un altro membro chiave del gruppo.
Arrestati nell’aprile 2021, i cristiani sostenevano di non aver ricavato alcun profitto; al contrario, avevano perso denaro acquistando Bibbie al 95% del prezzo di copertina e rivendendole al 75%. I loro obiettivi erano evangelici, non commerciali.
Il 15 aprile 2024, il tribunale distrettuale di Hohhot Huimin ha condannato Ban Yanhong a cinque anni per attività commerciali illegali. Il processo è proseguito per gli altri imputati.
La sentenza, resa nota il 10 aprile 2025, ha dichiarato colpevoli tutti i restanti imputati.
(Bitter Winter 15/04/2025 Fang Yongrui)
La polizia di Anhui, in Cina, arresta 2 cristiani per attività di “setta”
Le autorità prendono di mira la Wheatseed Reform Church per il suo rifiuto di unirsi a un’associazione protestante sostenuta dal governo.
La Cina ha arrestato due membri di una chiesa protestante nella provincia orientale di Anhui per il loro rifiuto di unirsi a un organismo sostenuto dal governo, accusandoli di essere coinvolti in una “setta”, hanno affermato i gruppi per i diritti umani.
Il 10 marzo, la polizia della città di Fuyang, nell’Anhui, ha fatto irruzione nella Wheatseed Reform Church, trattenendo due dei suoi membri in detenzione amministrativa per “aver utilizzato attività di culto per mettere in pericolo la società”, ha riportato sabato il sito web per i diritti umani Weiquanwang.
I cristiani locali hanno affermato che la mossa è probabilmente legata al rifiuto della chiesa di unirsi all’Associazione patriottica delle Tre Autonomie del Partito comunista al potere, che riunisce organizzazioni protestanti approvate.
Le chiese protestanti possono funzionare se fanno parte della Three-Self Patriotic Association sostenuta dal governo. I tre “self” si riferiscono all’autogoverno, all’autosufficienza e all’autopropagazione, rifiutando sostanzialmente qualsiasi influenza straniera, e il “patriottico” si riferisce alla lealtà al governo cinese.
In Cina ci sono molte “chiese domestiche” non autorizzate in tutto il paese, che vengono spesso perquisite dalle autorità , e anche alcune chiese delle “Tre Autonomie” sono state a volte prese di mira. (Di Qian Lang per RFA Mandarin 2025.03.19 Tradotto da Luisetta Mudie. Revisionato da Malcolm Foster. Radio Free Asia)
Pechino: nuovi divieti sulle attività religiose degli stranieri
Annunciate dalle autorità “regole dettagliate” che entreranno in vigore il 1 maggio. Anche a chi non è cinese chiesto il “rispetto dell’indipendenza e dell’auto-governo” delle comunità religiose locali obbedendo alle istruzioni del Partito. Non ammesse celebrazioni miste tra stranieri e cinesi, stabilito persino il numero di libri che si possono portare dall’estero “per uso personale”. Il controllo rigidissimo è il vero volto della sinicizzazione.
Dal 1 maggio entrerà in vigore una nuova stretta sull’attività religiosa degli stranieri presenti nella Repubblica popolare cinese. Ad annunciarlo è una nuova serie di norme pubblicate ieri dalla NRAA (National Religious Affairs Administration), la longa manus del Fronte Unito del Partito comunista per le questioni religiose. “Regole dettagliate” le definisce lo stesso titolo del documento, rivolte specificamente agli stranieri di qualsiasi confessione e che attraverso un testo di ben 38 articoli mettono nero su bianco un’indicazione molto chiara: anche gli stranieri in Cina se vogliono vivere la propria religione devono chiedere il permesso alle autorità competenti e stare alle regole stabilite dal Partito, riconoscendo il principio dell’”indipendenza e dell’auto-governo” delle religioni in Cina.
Se ancora ce ne fosse stato bisogno, il nuovo regolamento emanato dalla NRAA è una traduzione molto chiara del senso della parola d’ordine “sinicizzazione” rivolta da tempo dal presidente Xi Jinping a tutte le religioni presenti in Cina. Al di là dell’auspicabile inculturazione nel contesto e nella cultura cinese, alle autorità di Pechino ciò che sta realmente a cuore è il controllo di ciò che accade all’interno dei gruppi religiosi. In templi, moschee e chiese nulla deve accadere fuori da ciò che stabilisce il Partito. E proprio nei giorni in cui Xi Jinping e il suo governo si prodiga ad accogliere a Pechino i vertici di grandi multinazionali, tornando a incoraggiare gli investimenti stranieri per rilanciare la crescita appannata dell’economia, il nuovo regolamento della NRAA arriva a precisare che la “sinicizzazione” di ogni forma di espressione religiosa vale anche per gli stranieri. Ed è emblematico che tra i primi a pubblicare le nuove regole ieri vi sia stato il sito internet della diocesi di Shanghai, il crocevia delle relazioni tra la Cina e il mondo.
L’articolo 10 specifica che anche nelle chiese e nei templi “ufficiali” le attività religiose per gli stranieri “dovranno essere presiedute da religiosi cinesi”. Solo nel caso “in cui sia veramente necessario che gli stranieri presiedano le attività religiose” andrà comunque presentata una richiesta all’ufficio locale del dipartimento per gli affari religiosi. L’articolo 16 postula, comunque, una rigida separazione: “Ad eccezione dei religiosi cinesi che le organizzano, le attività religiose di gruppo tenute da stranieri in Cina sono limitate alla partecipazione di stranieri in Cina”.
Il regolamento norma espressamente anche le attività dei religiosi stranieri che entrano in Cina attraverso scambi accademici e culturali. Oltre, ovviamente, a disporre che questi scambi dovranno essere autorizzati uno per uno dal Partito, all’articolo 21 si premura di precisare che coloro che saranno ammessi non dovranno “parlare o compiere azioni ostili alla Cina, avere tendenze ideologiche estremiste o interferire con le questioni religiose cinesi”. Con burocratica precisione, arriva a decretare anche quante copie di libri e materiale audiovisivo ad argomento religioso possono portare con sé per uso personale quando questi ospiti stranieri entrano nella Repubblica popolare cinese (mai più di 10). Per fare entrare altro materiale o eventualmente anche diffonderlo, occorrerà ottenere il permesso delle autorità. L’articolo 26 specifica inoltre che “le organizzazioni o gli individui stranieri non devono reclutare studenti che studiano all’estero allo scopo di coltivare nuovi religiosi all’interno del territorio cinese senza autorizzazione”.
L’articolo 29, infine, elenca una serie di divieti in materia di religione che valgono per qualsiasi straniero che si trova in Cina. Tra gli altri figurano quelli di: interferire nelle attività dei gruppi religiosi, tenere conferenze o prediche non autorizzate, “reclutare seguaci tra i cittadini cinesi”, produrre libri o altro materiale ad argomento religioso, accettare donazioni da singoli o organizzazioni cinesi, condurre attività religiose su internet.
La sintesi di tutto questo è evidente: in Cina anche per gli stranieri non è ammessa alcuna espressione religiosa fuori dal controllo del Partito, perché tutte le religioni in Cina - Chiesa cattolica compresa - devono accettare di essere autonome e auto-amministrate. Appare evidente che, messa in questi termini, l’universalità della Chiesa cattolica può rimanere come un generico riferimento ideale; ma solo a condizione di una sottomissione totale alle direttive politiche nazionali, in un sempre più pericoloso schiacciamento sulla volontà del governo di Pechino.
(Asia News di Giorgio Bernardelli 02/04/2025)
TESTIMONIANZA
Quando p. Lazzarotto a Pechino benedì chi aveva tenuto viva la fede
di p. Angelo Lazzarotto
Si sono svolti oggi i funerali del missionario del Pime pioniere del dialogo con la Chiesa in Cina dopo la persecuzione di Mao. Dall’ultimo suo libro il racconto di uno dei suoi primi viaggi nella capitale cinese e l’accoglienza in una casa dove vivevano alcuni anziani che erano stati costretti a lasciare la vita religiosa: “Avevano capito che ero un sacerdote, mi chiesero di benedire delle immagini sacre: li salutai commosso”.
Milano (AsiaNews) – Si sono svolti oggi a Rancio di Lecco, nella mattina del Giovedì Santo, i funerali di p. Angelo Lazzarotto, sacerdote missionario del Pime scomparso il 15 aprile all’età di 99 anni, che ha svolto il suo lungo ministero dedicandosi con passione alla frontiera del dialogo con il mondo cinese. Le sue spoglie sono state tumulate presso il cimitero di missionari del Pime a Villa Grugana a Merate (Lc).
P. Lazzarotto ha lasciato tanti scritti sulla Cina: testimonianze, analisi e riflessioni, molti dei quali pubblicati anche attraverso la nostra agenzia. Nel dargli l’ultimo saluto vogliamo ricordarlo con una pagina tratta dal suo ultimo libro pubblicato nel 2019, intitolato “Un forte impegno per il Vangelo in Cina”. Molto significativamente, quelle parole non erano attribuite a sé, ma a un suo grande amico, il senatore italiano Vittorino Colombo, grazie al quale lui stesso alla fine degli anni Settanta, con le prime aperture di Den Xiaoping, aveva potuto compiere i suoi primi viaggi nella Repubblica popolare cinese appena uscita dall’incubo della Rivoluzione culturale.
Il libro di p. Lazzarotto racconta la profonda dedizione cristiana che accompagnava Colombo in quel suo tentativo di riaprire i canali politici e culturali di comunicazione con la Cina. Ma in molte pagine affiorano anche i ricordi personali degli incontri di p. Lazzarotto in Cina, durante missioni ufficiali di istituzioni italiane a cui il missionario era stato ammesso a partecipare con la qualifica di “esperto di problemi religiosi”. Un esempio è questo racconto riferito a un viaggio compiuto a Pechino nel 1981 durante il quale - dopo un colloquio con l’allora vescovo patriottico Michele Fu Tieshan - il missionario si ritrovò in una casa dove, dopo tanti anni di persecuzioni, alcuni cattolici costretti dal Partito ad abbandonare la vita religiosa poterono da lui ricevere nuovamente la benedizione di un sacerdote.
La domenica 13 dicembre 1981, dopo la Messa delle ore 9.30 alla Nan-Tang (la chiesa del Sud a Pechino ndr), Vittorino Colombo con il nostro gruppo incontrò il nuovo vescovo Michele Fu Tieshan. Mons. Fu ricordò che san Paolo difese il diritto dei non giudei a rifiutare la circoncisione: negli ultimi quattro secoli di diffusione del Cristianesimo in Cina non era stata sempre rispettata la cultura cinese e confuciana; “oggi - aggiunse - noi vogliamo adeguarci alle nostre condizioni storiche e culturali”. Colombo chiese se questo non comportasse anche cambiare i principi del Cristianesimo, e Fu rispose che nessuno voleva cambiare la tradizione apostolica; la Chiesa di Cina come quella di Roma derivava dai dodici apostoli.
“Ma tra gli apostoli ce n’era uno - aggiunse Colombo - che era il primo fra loro; si trattava di Pietro, che non era romano ma asiatico; e anche noi oggi, romani e italiani, ci inchiniamo a lui, chiunque sia”. Fu ricordò che c’era dibattito oggi su questo punto: non ha importanza la scelta della persona, ma occorre vedere la politica che segue; gli apostoli usavano discutere assieme, era una direzione collettiva. “I nostri rapporti con Roma si ruppero nel 1958, quando abbiamo domandato al Vaticano di poter scegliere i nostri vescovi, e la richiesta ci fu negata”. Io aggiunsi che in quel primo congresso del 1958 si distingueva comunque tra la posizione politica del Vaticano e quella religiosa, cioè se ne riconosceva la priorità circa la dottrina. Si accennò anche a Taiwan; alla domanda di Colombo: “E se la Santa Sede rompesse (le relazioni diplomatiche ndr)?”, il vescovo rimase in silenzio.
Mons. Fu ci disse poi con soddisfazione che a Pechino una decina di giovani si preparavano al sacerdozio; e ribadì che la Chiesa cinese da molti anni aveva rapporti amichevoli con altre Chiese; egli era stato recentemente a Montréal per un convegno ecclesiale, e vi aveva incontrato vari sacerdoti e fedeli. “Per i rapporti con il Vaticano - aggiunse - «vogliamo vedere i fatti”. Pur nella diversità di posizioni, la conclusione dell’incontro fu amichevole. Uscendo, notai sulla lavagna l’annuncio che erano stati eletti due nuovi vescovi, per Xi’an e Taiyuan.
Al pomeriggio, io ritornai a piedi nella zona della Dong-Tang, e nel piazzale davanti alla chiesa ritrovai, come previsto, un ometto che mi aveva salutato in francese il giorno prima. Egli, senza dar nell’occhio, mi venne accanto camminando per un po’ in silenzio e poi mi chiese se accettavo di visitare la sua casa, che essendo fuori dal centro, disse, è poco controllata. Prendemmo un paio di mezzi pubblici e giungemmo vicino ad uno scalo ferroviario; essendo egli impiegato nelle ferrovie, aveva un appartamento al terzo piano di un edificio riservato a loro.
Lungo il percorso mi parlò di sé; disse che il suo nome era Giacomo; apparteneva ad una famiglia di martiri che viveva la fede da tre secoli; egli aveva studiato con i Lazzaristi completando la teologia ed emettendo i voti nel 1957. Costretto poi a lasciare, passò parecchi anni in un campo di lavoro; più tardi riuscì ad ottenere la dispensa e si sposò; aveva due figli, una ragazza adolescente che studiava fuori città e un bambino sui dieci anni. Quando arrivammo in casa, notai che, oltre alla moglie e al bambino, c’era un’altra donnetta anziana dallo sguardo limpido.
Appena entrammo, anche se io non avevo dichiarato la mia identità, Giacomo disse: “È un sacerdote!”, e si inginocchiarono tutti per una benedizione. Mi chiesero se venissi da Roma e se avessi visto il Papa; la moglie sapeva che egli era stato ferito, ma che ora stava meglio. La vecchietta si presentò come Aloysia, una suora della Congregazione dello Spirito Santo (collegata con i Verbiti), che aveva passato parecchi anni in un campo di lavoro con la moglie di Giacomo; parlava un po’ francese e tedesco. Essa mi confidò che aveva preparato una lettera per la sua Congregazione, e l’aveva posta in una busta fatta da lei stessa con carta da pacco; era molto contenta quando le assicurai che potevo portarla io stesso ad Hong Kong.
La moglie di Giacomo, che era infermiera nella clinica locale, riempì d’acqua una bottiglia e mi chiese di benedirla; poi mi fecero aspergere l’appartamento e le immagini sacre. Giacomo propose di mandare un saluto al Papa e scrisse lui stesso alcune righe in latino, sotto cui tutti posero la firma. Li salutai commosso, lasciando delle corone del rosario con qualche medaglia e un libretto che avevo con me. (Asia News 17/04/2025)