2024 09 11 DOCUMENTO: Il Papa in Indonesia. Un interessante contributo per capire la storia

CINA - Chengdu: irruzione durante una celebrazione della Early Rain Church, quattro arresti CINA - il clero cattolico inizia a ricevere “educazione patriottica”
INDIA - Karnataka: leader politici e dalit contro il riconoscimento dei cristiani tra le caste svantaggiate
DOCUMENTO: Il Papa in Indonesia. Un interessante contributo per capire la storia
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CINA - Chengdu: irruzione durante una celebrazione della Early Rain Church, quattro arresti
Fra i fermati il pastore Li Yingqiang e altri tre fedeli. Le autorità hanno disposto la detenzione amministrativa di 14 giorni per i “disturbatori”, ma con tutta probabilità il provvedimento sarà convertito in “penale” senza rilascio. Nel Guangzhou prelevata una 30enne cristiana per aver sviluppato una applicazione dedicata alla musica religiosa
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La polizia cinese ha fatto irruzione durante la celebrazione domenicale nella Chiesa della Prima pioggia dell’Alleanza, una comunità protestante nella città sud-occidentale di Chengdu e già bandita dalle autorità, arrestando il pastore e tre laici. A darne notizia è Radio Free Asia (Rfa), che rilancia le testimonianze di alcuni membri secondo cui Li Yingqiang e le altre tre persone fermate sono in regime di detenzione amministrativa di 14 giorni. Un provvedimento usato per incriminare i “disturbatori” senza la necessità di un processo. Al momento dell’irruzione di decine di agenti all’interno della Chiesa domestica vi erano circa 50 fedeli.

La polizia di Hongpailou ha accusato i membri della chiesa di “svolgere attività religiose senza autorizzazione” e ha ordinato loro di disperdersi. Le irruzioni di forze dell’ordine e funzionari dell’Ufficio affari religioni nelle “chiese domestiche” sono una prassi comune, in particolare dall’inizio della campagna di “sinicizzazione” imposta dal presidente Xi Jinping. Il primo settembre scorso gli agenti hanno prelevato l’anziano predicatore Li Yingqiang, assieme a Wu Wuqing, Li Youhong (noto anche come Yan Hong, entrambi pastori) e un diacono, Zeng Qingtao.

La Chiesa della Prima pioggia dell’Alleanza (Early Rain Covenant Church) è balzata agli onori della cronaca nel dicembre 2018, quando i suoi locali sono stati perquisiti e chiusi con la forza alla vigilia di Natale. Da allora è una chiesa vietata, ovvero non riconosciuta dal governo, ma ha continuato a riunirsi nonostante l’inasprimento delle restrizioni sui gruppi religiosi negli ultimi anni sotto il governo del leader del Partito comunista cinese Xi Jinping.
Ciononostante, differenza di molte Chiese protestanti sotterranee quella della Prima pioggia dell’Alleanza pratica la sua fede in modo aperto; diffonde prediche e studi online; evangelizza per le strade della città; ha un seminario per far studiare i futuri pastori e una scuola primaria per 40 bambini. La comunità conta circa 500 membri e 300 simpatizzanti.

Fra i casi di cronaca più controversi, l’arresto il 24 febbraio 2019 di 11 bambini fra i quali un neonato di soli due mesi assieme ai loro genitori - in totale 44 persone - durante una irruzione delle forze dell’ordine perché i fedeli si erano incontrati in diverse case per pregare. Inoltre, lo stesso leader e pastore della comunità Wang Yi è in prigione dal 2018 con una condanna a nove anni ed è uno dei casi più evidenti di violazioni di diritti umani e alla libertà religiosa delle autorità comuniste. In Cina diversi pastori delle “chiese domestiche” che aderiscono alle comunità della Riforma sono attualmente detenuti nelle carceri.

Infine, dal Paese del dragone giunge notizia di una giovane cristiana detenuta per aver contribuito allo sviluppo di una App cristiana, chiamata “Song of Songs”. Fonti locali rilanciate da ChinaAid riferiscono che il fermo risale al 23 agosto scorso quando Xin Ruoyu, 30enne originaria del Guangzhou e con un figlio piccolo, è stata prelevata dagli agenti di polizia durante una irruzione; al momento si trova trattenuta e sottoposta a ripetuti interrogatori “in una stanza nera” con fermo extragiudiziale, ma non vi sono ulteriori informazioni su eventuali capi di imputazione.
“Song of Songs” è una applicazione incentrata sul Gospel, progettata e sviluppata specificamente per i cristiani di lingua cinese. Offre centinaia di migliaia di inni e video musicali cinesi e stranieri, varie versioni di libri di inni e spartiti, fornendo tutto il necessario per la preghiera in musica e i canti a sfondo religioso. Essa presenta anche sermoni di noti pastori di tutto il mondo, offre letture della Bibbia in più lingue e include una funzione per cantare gli inni.
Pechino (AsiaNews04/09/2024) -

CINA - il clero cattolico inizia a ricevere “educazione patriottica”
Il Fronte Unito ha lamentato che le religioni non implementano la nuova legge sulla propaganda interna abbastanza rapidamente. La Chiesa cattolica patriottica si è mobilitata immediatamente.

La legge cinese sull’istruzione patriottica è in vigore dal 1° gennaio 2024. Il 4 gennaio 2004, la 25a riunione della Conferenza nazionale congiunta dei gruppi religiosi ha emanato delle linee guida su come la legge sull’istruzione patriottica dovrebbe essere implementata dalle comunità religiose. La legge è stata salutata come il principale strumento della propaganda interna del PCC per gli anni a venire. Le linee guida miravano a trasformare le religioni controllate dallo Stato in portavoce della propaganda del Partito, ancora più di prima.
Di recente, il Dipartimento di lavoro del Fronte Unito, il cui mandato include la supervisione delle cinque religioni autorizzate, si è lamentato del fatto che le linee guida non vengono implementate abbastanza rapidamente. La Chiesa cattolica patriottica, un tempo considerata scismatica da Roma ma ora in comunione con la Santa Sede dopo l’accordo Vaticano-Cina del 2018, sta rispondendo a questa critica organizzando corsi di formazione in educazione patriottica per il clero e i leader laici.
I burocrati della Chiesa, d’altro canto, sanno che non possono sfuggire alla nuova politica di “ rigoroso governo della religione “, che si basa sull’idea che i soli gerarchi religiosi filo-governativi non sono in grado di controllare le comunità religiose e che è necessaria una supervisione diretta da parte del PCC e del Fronte Unito.

Un esempio di ciò che sta accadendo in diverse province è stato il corso di formazione sull’educazione patriottica per i rappresentanti cattolici nello Jiangxi, ospitato dall’Ufficio provinciale per gli affari etnici e religiosi dello Jiangxi questo mese di agosto 2024 presso il Jiangxi Fuzhou Socialist College a Fuzhou, provincia di Jiangxi (da non confondere con Fuzhou, provincia del Fujian).
La formazione comprendeva lezioni speciali tenute dai responsabili di dipartimento del Central United Front Work Department. Il vescovo John Baptist (Li) Suguang della diocesi di Jiangxi, il vescovo ausiliare John (Peng) Weizhao, tutto il clero e oltre sessanta membri del comitato permanente delle due conferenze cattoliche provinciali hanno partecipato alle sessioni educative e formative.
Il programma prevedeva lezioni e apprendimento pratico, con corsi tenuti da esperti su argomenti come il pensiero di Xi Jinping, il centesimo anniversario del PCC e come i cattolici possono sostenere il Partito e il suo Comitato Centrale, concentrandosi sul recente Terzo Plenum. Con cautela, è stato introdotto anche il tema della “governance rigorosa”.

È interessante notare che una delle gite didattiche del corso ha portato i preti e i lavoratori laici al Museo degli slogan dell’Armata Rossa a Hufang, nella contea di Le’an . La zona è ricca di slogan sopravvissuti dell’Armata Rossa risalenti al periodo della Guerra Civile, che vengono raccolti e trasferiti al museo. È stata, come hanno detto gli organizzatori, un’opportunità unica per i preti cattolici e i lavoratori laici di “ereditare il gene rosso” come fedeli seguaci del Partito Comunista. (Bitter Winter 23/08/2024)

INDIA - Karnataka: leader politici e dalit contro il riconoscimento dei cristiani tra le caste svantaggiate
Durante una consultazione pubblica, rappresentanti del BJP e della società civile si sono espressi contro la possibilità di concedere ai dalit cristiani la condizione di classe svantaggiata, ribadendo pregiudizi e luoghi comuni discriminatori. Le opinioni sono state raccolte da un’apposita Commissione di inchiesta guidata dall’ex presidente della Corte suprema.

Diversi politici e rappresentanti dalit dello Stato indiano meridionale del Karnataka si sono schierati contro la possibilità ci considerare i cristiani parte delle caste socialmente svantaggiate, le cosiddette “scheduled castes”, che in India hanno diritto a una serie di facilitazioni nel settore dell’istruzione e negli impieghi del settore pubblico.

I commenti a riguardo sono stati fatti ieri durante la prima consultazione pubblica della Commissione guidata dall’ex presidente della Corte suprema indiana, il giudice K. G. Balakrishnan. La Commissione d’inchiesta è stata istituita nell’ottobre 2022 per stabilire se i dalit (un tempo chiamati anche “intoccabili” o “fuoricasta”) convertiti a una religione diversa dal sikkhismo o dal buddhismo possano ottenere lo status di “scheduled caste”.

Da anni le organizzazioni che difendono i diritti dei dalit cristiani (e musulmani) affermano di essere oggetto di pregiudizi e discriminazioni. Mentre dal 2004 la Corte suprema si trova impossibilitata a redimere le petizioni a riguardo a causa di un vuoto legislativo.

All’udienza pubblica di ieri hanno partecipato un centinaio di persone, di cui quasi il 95% ha votato contro la possibilità di concedere lo status di casta riconosciuta anche ai cristiani
Il leader della comunità nomade dei Banjara, Peetha Seer Sardar Sevalal Swami, ha sostenuto l’idea che la Commissione non dovrebbe favorire coloro che si sono convertiti a religioni nate fuori dall’India e “che non hanno radici nella cultura indiana”.
Allo stesso modo, alcuni deputati del Bharatiya Janata Party (BJP, il partito al potere a livello nazionale e all’opposizione all’interno dell’Assemblea legislativa del Karnataka, guidato dal Congress) hanno ancora una volta accusato i cristiani di ingannare i dalit con le conversioni. “Si tratta di una cospirazione più ampia da parte di cristiani e musulmani per usurpare le quote riservate alle caste riconosciute”, ha detto il politico Cement Manju, deputato del collegio elettorale di Sakleshpur, una circoscrizione riservata a coloro che appartengono alle classi svantaggiate.

Altre personalità hanno continuato sulla stessa scia, ribadendo pregiudizi contro le minoranze non indù. Eeranna Mori, dell’Associazione Safai Karmachari (che si occupa di coloro che lavorano raccogliendo rifiuti, un impiego tradizionalmente riservato ai dalit) ha commentato dicendo che i cristiani si assicurano un duplice beneficio, in quanto ricevono anche il sostegno della Chiesa “per finanziare l’istruzione dei figli o per le spese sanitarie”. “A causa di queste conversioni - ha insistito - i legami familiari vengono distrutti. Ad esempio, un fratello diventa cristiano e un altro rimane indù. Il fratello cristiano interrompe immediatamente i rapporti. Pertanto, le religioni responsabili della rottura delle famiglie non dovrebbero ricevere lo status di casta riconosciuta”.

Per contro, la scrittrice e attivista dalit Cynthia Stephen ha sostenuto la posizione di concedere le quote ai cristiani, affermando che i dalit continuano a essere considerati “intoccabili” anche dopo la conversione, mentre la Federazione cristiani dalit ha sottolineato che la religione non è un criterio valido per concedere o meno lo status.
Al termine della discussione il giudice Balakrishnan ha chiesto ai partecipanti di presentare gli interventi e le proprie argomentazioni in forma scritta. (di Nirmala Carvalho AsiaNews 04/09/2024)

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Il Papa in Indonesia. Un interessante contributo per capire la storia

INDONESIA - Fuori dall’ipoteca colonialista. La sorprendente storia delle missioni cattoliche nell’arcipelago indonesiano

Nella storia della missione della Chiesa cattolica in Indonesia, per due secoli (1605-1807) non c’è stato nessun sacerdote o missionario cattolico nelle migliaia di isole dell’arcipelago. È uno dei passaggi della storia del cattolicesimo in Indonesia, dove pure i missionari portoghesi erano giunti in Indonesia all’inizio del XVI secolo. Tra loro anche san Francesco Saverio aveva portato il Vangelo nelle isole Molucche nel 1546.
L’assenza di missionari cattolici, durata 200 anni, fu dovuta all’ostilità e gli scontri tra cristiani in Europa, che subito ebbero ripercussioni nelle colonie. Lo documenta con efficacia padre Armada Riyanto, CM, religioso Vincenziano, nel saggio intitolato “The Catholic Mission in Indonesia and Propaganda Fide. A Historical Overview” (pubblicato su “Hong Kong Journal of Catholic Studies” Issue No. 14 2023).

Con l’arrivo della Compagnia olandese delle Indie orientali (Vereenigde Oostindische Compagnie, VOC) fondata nel 1602, tutti i sacerdoti cattolici furono espulsi dall’Indonesia, alcuni uccisi. I cattolici esistenti - attesta nel suo saggio padre Armada Riyanto, che è Rettore della Scuola di filosofia e teologia “Widya Sasana”, a Malang, nella parte orientale di Giava - vennero registrati come cristiani calvinisti e le chiese cattoliche esistenti furono chiuse o convertite in chiese protestanti calviniste. Le comunità cattoliche nelle isole Molucche furono sciolte e, ad esempio, la fiorente comunità cattolica di Ambon fu trasformata in comunità protestante.
Per 200 anni, in isole come Flores i battezzati cattolici, pur senza pastori, continuarono a pregare e a vivere nella fede come l’avevano ricevuta dai missionari portoghesi. È quella che, nel Museo storico della Cattedrale di Giacarta, si definisce una “chiesa sotterranea”, che durò per 200 anni. “Avvenne solo per un miracolo dello Spirito Santo”, nota padre Armada Riyanto.
La VOC olandese non fu solo un’associazione commerciale. Per due secoli fu uno strumento politico e condusse anche nelle colonie “guerre di religione”, come succedeva in Europa. Solo alla fine del XVII secolo, fallì, a causa della corruzione, e venne sciolta.

L’intervento di Propaganda Fide
Un editto reale del 1807 stabilì che non erano più valide le disposizioni in vigore presso l’Unione di Utrecht dal 20 gennaio 1579 – quelle che riconoscevano il calvinismo come unica fede legittima. la disposizione ebbe effetto anche nelle Indie orientali olandesi.
Nello stesso anno, il 1807, La “Sacra Congregazione di Propaganda Fide” eresse in Indonesia la prima “Prefettura apostolica”, con il primo Prefetto Apostolico J. Nelissen. Nel 1841, la Prefettura apostolica di Batavia (l’odierna Giacarta) fu eretta a Vicariato apostolico di Batavia. E se, prima del 1600, i missionari cattolici erano solo portoghesi o spagnoli, dopo il 1800, i missionari cattolici provenivano dai Paesi Bassi (un Regno protestante) e anche da altri Paesi.
I missionari olandesi giunti nelle Indie Orientali dopo il 1800 erano però “vincolati” dalle regole coloniali e rimanevano soggetti alle autorità politiche del governo coloniale, che sosteneva finanziariamente le spese e le attività dei missionari.

Il caso Groof
Un passaggio per svincolare l’opera missionaria dalle strategie coloniali avvenne con il cosiddetto “caso Grooff” del 1845.
Il vescovo Jakobus Grooff fu il primo Vicario apostolico di Batavia (1842-1846). J.J. Rochussen era il governatore generale che rappresentava il potere politico del governo olandese in Indonesia (1845-1851).
Giunto a Batavia il 1° aprile 1845, si accorse immediatamente le “irregolarità” in cui incorrevano alcuni sacerdoti nel Vicariato, e nello stesso anno comminò la sospensione per quattro sacerdoti. Rochussen, venuto a conoscenza della “sospensione” dei preti cattolici stabilì che il Vescovo non poteva sospendere i preti che avevano ricevuto lettere credenziali dall’autorità coloniale il loro operato erano garantite dal governo.
Secondo Rochussen, solo il governo poteva “licenziare” o trasferire i preti cattolici perché essi erano inviati nelle Indie orientali olandesi dal governo del Regno dei Paesi Bassi, a spese dello Stato.

Convocato dal Governatore il 19 gennaio 1846, il vescovo Grooff ribadì la sua autorità sui preti in quel territorio. Per questo gli fu ordinato di lasciare le Indie orientali olandesi entro 14 giorni.
Negli anni successivi Propaganda Fide ebbe contatti con le autorità dei Paesi Bassi per riaprire le porte all’opera della missione cattolica in Indonesia: nel 1854 si concordò la necessità di un “permesso speciale” per il clero; la Santa Sede si impegnava a informare il governatore generale sui luoghi dove erano inviati sacerdoti e missionari e il governatore generale, non avrebbe interferito in questioni riservate all’autorità ecclesiastica. I missionari cattolici avevano libertà di movimento limitata, anche per evitare conflitti con altri missionari protestanti. Era loro vietato anche battezzare gli indigeni e, in queste condizioni, il numero dei battezzati crebbe molto lentamente. A Surabaya, ad esempio, dopo quasi cento anni di presenza missionaria (1810-1900), c’erano solo dieci cattolici giavanesi.

I gesuiti
I sacerdoti inviati erano per lo più diocesani finché un giorno il Vicario Apostolico di Bataivia, Petrus Vranken, chiese al provinciale dei gesuiti di intraprendere la missione nelle Indie Orientali Olandesi. I gesuiti arrivarono a Surabaya nel 1859. A Giava Centrale, la missione cattolica ricevette un impulso determinante dalla creatività missionaria di p. Franciscus Georgius Josephus van Lith (1863 - 1926), un gesuita che fondò varie scuole, ricordato come il primo ad annunciare il Vangelo ai nativi di Giava e come grande educatore. Nel 1904, Padre van Lith battezzò 158 giavenesi. Le sue scuole divennero l’emblema dell’opera missionaria della Chiesa cattolica. Nelle sue scuole studiò e venne formato Albertus Soegijapranata SJ, che diverrà poi il primo vescovo nativo dell’Indonesia.
Negli anni successivi, inoltre, il movimento di riflessione, di sensibilizzazione e poi di lotta per l’indipendenza ebbe forti legami con il lavoro della missione educativa cattolica. Diversi leader del movimento nazionalista provenivano da scuole cattoliche.

Il 1924 è stato l’anno in cui, per la prima volta, i Vicari apostolici dell’Indonesia (che a quel tempo erano a Giacarta, Kalimantan, Nusa Tenggara e Maluku-Irian) e i Prefetti apostolici si sono incontrati per discutere dello stato della Chiesa in quel territorio che si iniziava a definire “Indonesia”. L’incontro si tenne nella cattedrale di Batavia (Giacarta), e fu l’embrione dell’incontro della assemblea della futura “Conferenza episcopale dell’Indonesia”. Tra i temi discussi, gli Ordinari concordarono di suggerire l’abolizione dell’Articolo 123 del Regolamento del 1854, che impediva ai missionari di andare ovunque volessero, per predicare il Vangelo. Vennero istituiti Seminari per l’istruzione del clero indigeno e i missionari furono molto attivi nell’istituire scuole nei villaggi e nelle città. Si disse che missionari cattolici avrebbero dovuto imparare la lingua e conoscere la cultura locale.
I missionari fondarono scuole in molti villaggi e questo li mise in contatto virtuoso con le comunità locali. I leader dei villaggi o i capi religiosi locali li aiutarono a fondare e gestire scuole comunitarie. I missionari familiarizzarono con la cultura giavanese. Così le missioni cattoliche divennero sempre più “giavanesi” e meno “europee”.

Durante l’occupazione giapponese (1942-1945), nel corso della Seconda guerra mondiale, il processo subì un rallentamento. I missionari vennero detenuti nei campi di concentramento. In diverse aree, i terreni dei Vicariati vennero occupati e molte cappelle furono demolite. Dopo la fine della guerra, la missione riprese iniziando a ripristinare ciò che era stato cancellato e distrutto negli anni precedenti

La Bolla Quod Christus
Il 1961 fu l’anno in cui la Chiesa cattolica in Indonesia divenne definitivamente la “Chiesa indonesiana”, grazie alla Bolla “Quod Christus Adorandus” di Papa Giovanni XXIII che istituì la gerarchia cattolica e eresse a diocesi le circoscrizioni ecclesiastiche in Indonesia. Si attivarono corsi di istruzione superiore in discipline pastorali e catechesi per laici e nacquero istituti di formazione filosofica a e teologica a Giava, Flores, Sumatra, Timor e altre isole.
La Chiesa indonesiana (oggi 10 milioni di battezzati cattolici in diocesi, secondo i dati accreditati dalla Conferenza episcopale) è ancora una “Chiesa giovane. E dagli anni ’60 si è configurata in linea con lo spirito del Concilio Vaticano II. I cattolici sono integrati nelle culture della nazione indonesiana, e oggi ne sono riconosciuti come parte integrante.
(PA) (Agenzia Fides 5/9/2024)