2024 06 12 NIGERIA - Tre cristiani nigeriani fatti inginocchiare e uccisi dall’Isis
Le immagini dei membri della Provincia dell'Africa Occidentale dello Stato Islamico (ISWAP) che hanno giustiziato tre uomini cristiani nello stato di Borno, in Nigeria, stanno circolando sui social media.- Autore:
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Un’immagine, presumibilmente condivisa il 4 giugno dal gruppo Stato Islamico (ISIS) attraverso il suo mezzo di propaganda, l’agenzia di stampa Amaq, mostra gli uomini cristiani inginocchiati con le braccia legate dietro la schiena davanti a tre uomini armati mascherati. Un’altra immagine mostra i corpi dei credenti che cadono a terra sotto la nuvola di fumo delle mitragliatrici degli estremisti islamici.
Secondo quanto riferito, gli estremisti islamici hanno rapito gli uomini da un veicolo che viaggiava lungo un’autostrada che attraversa lo stato settentrionale della Nigeria il 3 giugno. Ai passeggeri musulmani è stato permesso di partire. Secondo quanto riferito, i terroristi hanno rapito un quarto passeggero, ma al momento le sue condizioni non sono note.
Il reverendo Ibrahim Abako, segretario del capitolo dello stato di Yobe dell’Associazione cristiana della Nigeria, ha confermato le morti in un’intervista al Leadership Media Group, testata giornalistica nigeriana.
A gennaio, l’ISWAP, formatosi nel 2016 da disertori di Boko Haram, ha condotto otto attacchi contro comunità cristiane in diversi villaggi della Nigeria. Durante gli attacchi, 12 cristiani sono stati uccisi mentre altri cristiani sono stati costretti a fuggire dalle loro case bruciate dai militanti dell’ISWAP. Questi attacchi fanno parte dell’appello lanciato a gennaio dall’Isis ai suoi affiliati di “uccidere (i cristiani) dove li trovate”.
(International Christian Concern 07/06/2024)
Commenta ed approfondisce GIULIO MEOTTI
Tre cristiani assassinati e tre paesi europei post-cristiani che si suicidano
I governi che compiacciono le armate del Califfo imparino un detto: “Min sallaf es-sabt laqa el-?add qiddamuh”. I 60 cristiani decapitati, l’avvertimento di Pizzaballa e la profezia di Sándor Márai
Tre cristiani nigeriani fatti inginocchiare e uccisi dall’Isis. I cattolici nel nord del Mozambico che raccontano storie di parrocchiani assassinati dagli islamisti per aver rifiutato di abiurare. Tra gli uccisi, Francisco Massaya che ha trovato la morte ai piedi della cappella, Silvano Valentim che confessò di essere cristiano prima di essere decapitato e Celestino Santos Mitupiya, che era un catechista. In Congo, gli islamisti che hanno decapitato 60 cristiani. E in Pakistan, la folla che lincia a morte un anziano cristiano accusato di “offendere” l’Islam.
Succede tutto questa settimana, ma succede da anni nell’indifferenza generale più sordida.
Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica israeliano (CBS), in Israele vivono 187.900 cristiani, pari all’1,9 per cento della popolazione. Nel 2021, la popolazione cristiana è cresciuta dell’1,4 per cento attestandosi a 182.000 e nel 2022 è stato registrato un tasso di crescita del 2 per cento (185.000 cristiani). E contrasta con tutti i paesi del Medio Oriente. I cristiani sono il gruppo identitario più perseguitato al mondo.
Gabriel Naddaf, sacerdote di Nazareth, è andato all’Onu a dire: “Cari signori, mentre sono qui davanti a voi oggi, la terra del Medio Oriente è intrisa del sangue dei cristiani che vengono uccisi ogni giorno. Sapete che all’inizio del XX secolo i cristiani costituivano il 20 per cento della popolazione del Medio Oriente? Oggi rappresentano solo il 4 per cento. Sapete che negli ultimi anni sono stati uccisi circa 100.000 cristiani ogni anno? E perché? Non per un crimine che hanno commesso, ma solo per aver creduto in Gesù. Solo in Iraq, più del 77 per cento dei cristiani sono fuggiti. In Siria vivevano 2 milioni di cristiani, ma oggi sono meno di 250.000. I cristiani in questi paesi sono trattati come cittadini di seconda classe; affrontano discriminazioni razziali, religiose, economiche e sociali. Se guardiamo al Medio Oriente, ci rendiamo conto che esiste un solo luogo sicuro dove i cristiani non sono perseguitati. Un luogo dove sono protetti, godono della libertà di culto e di espressione, vivono in pace e non sono soggetti a omicidi e genocidi. È Israele, il paese in cui vivo. Lo stato ebraico è l’unico luogo dove vivono sicuri i cristiani di Terra Santa”.
Secondo la World Watch List 2024, controllata esternamente ogni anno dall’Istituto Internazionale per la Libertà Religiosa, più di 365 milioni di cristiani – uno su sette in tutto il mondo – soffrono “livelli da elevati a estremi di persecuzione e discriminazione a causa della loro fede in Gesù”. Negli ultimi cinque anni, i tassi di persecuzione sono aumentati del 70 per cento, senza alcun segno di diminuzione. L’Afghanistan detiene il primato di luogo “peggiore” in cui essere cristiani. Leggermente migliori sono, da 2 a 11, Corea del Nord, Somalia, Libia, Yemen, Eritrea, Nigeria, Pakistan, Iran, India e Arabia Saudita. In questi luoghi, i cristiani possono essere “molestati, picchiati, violentati, imprigionati o massacrati semplicemente perché vengono identificati come cristiani o perché frequentano la chiesa”.
Diversi paesi hanno “votato” per uno Stato palestinese come ricompensa per il proto-genocidio di Hamas del 7 ottobre. Come nota l’editorialista canadese Barbara Kay, si tratta di Spagna, Norvegia e Irlanda, tutte e tre democrazie prodotti culturali della cristianità (cattoliche la prima e la terza, protestante la seconda).
Andrebbe chiesto alla scuola delle Suore del Rosario nel quartiere di Dachyat El Barid a nord di Gerusalemme, che accoglie 1.200 studenti provenienti da Gerusalemme, e che è stata inclusa nella parte israeliana del muro antiterrorismo, su richiesta della Madre Superiora dell’ordine, nonostante le enormi difficoltà legate alla sicurezza. I cristiani non volevano finire nella parte palestinese della barriera.
Ci sono 800 palestinesi cristiani a Gaza, in calo rispetto ai 3.000 del 2007, quando Hamas strappò il controllo dell’area a Fatah. I cristiani sia nell’Autorità Palestinese che a Gaza sono una popolazione residuale e vulnerabile. Nel 1947, i cristiani a Betlemme, il luogo di nascita di Gesù, costituivano l’85 per cento della popolazione, nel 2016 il loro numero era sceso al 16 per cento. Come i cristiani nelle vicine Beit Jala e Beit Sahour, i betlemiti si preoccupano della loro sicurezza e del loro futuro. Sono ossessionati dai ricordi di Yasser Arafat, i cui terroristi nel 2002 assediarono la Basilica della Natività, dove tennero in ostaggio dozzine di parrocchiani, saccheggiarono e appiccarono incendi. Così Rami Ayyad, il cristiano proprietario di una libreria di Gaza, è stato rapito, torturato e ucciso dagli estremisti islamici. Poi quelli di Hamas hanno bombardato l’associazione giovanile cristiana.
Il reverendo Tomey Dahoud, capo della Chiesa greco-ortodossa di Taubus, una città vicino a Jenin, dice: “Il popolo islamico vuole ucciderci. Questo è il loro principio e la loro convinzione. Non vogliono cristiani in questo paese. Non vogliono sentire i nostri nomi; non vogliono vederci. Questa è la realtà”. La sua chiesa è stata incendiata.
A gennaio, una folla islamica ha attaccato un convento a Nablus. E già nell’area sottoposta controllo dell’Autorità palestinese, le chiese cristiane furono bruciate e i cristiani presi di mira dopo la lectio di Benedetto XVI a Ratisbona.
E quando nel 2013 Barack Obama visitò Betlemme, persino la ultra liberal NBC fece un servizio sull’”islamizzazione” della città.
Ma non va meglio a Nazareth, la città araba nel nord Israele. Un’insegna accoglie i non musulmani: “E chiunque cerchi una religione diversa dall’Islam, il suo culto non sarà accettato, e nell’altra vita sarà tra i soccombenti. Dal Sacro Corano (3:85)”. Sulla destra, la Basilica dell’Annunciazione.
E proprio di fronte alla basilica, una distesa di musulmani prega rivolta alla Mecca. Il Movimento Islamico, di ispirazione fondamentalista, vuole la costruzione di una moschea da rivaleggiare con quella che è la chiesa più grande del Medio Oriente. La città ha già 11 moschee in un processo di islamizzazione della città.
Sheikh Raed Salah, il capo del Movimento Islamico in Israele che vuole islamizzare Nazareth, ha appena tenuto un sermone:
“Maometto disse che un piccolo esercito di musulmani conquisterà la Casa Bianca e che l’Islam entrerà in ogni casa in ogni continente. Maometto ha detto: ‘La città di Eraclio sarà conquistata per prima’. Eraclio significa la città di Costantinopoli, che ora si chiama Istanbul. La metà di questa profezia è già stata soddisfatta: la conquista di Costantinopoli. La seconda metà della stessa profezia deve ancora essere soddisfatta: la conquista di Roma. ‘Roma’ non significa una posizione geografica specifica. Roma simboleggia l’Europa”.
Nessuno ricorda quanto disse nel 2005 al Corriere della Sera Pierbattista Pizzaballa, allora custode di Terra Santa (oggi patriarca di Gerusalemme):
“Macché difficoltà tra Israele e Vaticano! I problemi per noi cristiani in Terra Santa sono altri. Quasi ogni giorno, lo ripeto quasi ogni giorno, le nostre comunità sono vessate dagli estremisti islamici. E, se non sono gente di Hamas o della Jihad islamica, avviene che ci si scontri con il muro di gomma dell’Autorità Palestinese, che fa poco o nulla per punire i responsabili. Anzi, ci è capitato di venire a sapere che in alcuni casi tra loro c’erano gli stessi agenti della polizia di Mahmoud Abbas o i militanti del Fatah, il suo partito, che sarebbero addetti alla nostra difesa. Sono talmente scoraggiato di sentire le lamentele che talvolta non guardo neppure più i dossier”.
Secondo il coraggioso giornalista arabo israeliano Khaled Abu Toameh, i leader della comunità cristiana in Cisgiordania sono riluttanti a ritenere i loro vicini musulmani responsabili degli attacchi o dei saccheggi alle chiese perché “hanno paura di ritorsioni e preferiscono seguire la linea ufficiale di ritenere Israele responsabile della miseria della minoranza cristiana”. A Gaza i cristiani sono ufficialmente cittadini di seconda classe e i musulmani sono scoraggiati dall’interazione sociale con loro. La conversione al cristianesimo è una condanna a morte. Open Doors, un’organizzazione per i diritti umani che monitora le persecuzioni dei cristiani, denuncia: “Chi si converte al Cristianesimo dall’Islam affronta la peggiore delle persecuzioni contro i cristiani ed è difficile per loro frequentare in sicurezza le chiese esistenti. In Cisgiordania sono minacciati e messi sotto forte pressione, a Gaza la loro situazione è così pericolosa che vivono la loro fede cristiana nella massima segretezza. L’influenza dell’ideologia islamica radicale è in aumento e le chiese storiche devono essere diplomatiche nel loro approccio nei confronti dei musulmani”.
La sofferenza cristiana che non può essere attribuita a Israele pone un serio problema agli occidentali che vedono il mondo attraverso una lente neomarxista della lotta tra gli oppressi e i loro oppressori. Ma solo uno sciocco o un utile idiota potrebbe supporre che l’attuale ondata di odio in Occidente si limiterà agli obiettivi ebraici.
Mahmoud al Zahar, il “chirurgo di Hamas”, ha spiegato che la distruzione di Israele è solo il primo obiettivo della Ummah islamica. L’Europa e l’Occidente vengono dopo e assieme. Anche se, come scrivo sul Middle East Forum, gli occidentali sembrano più impegnati a gioire per l’uccisione degli ebrei e a tacere per quella dei cristiani.
E se i paesi post-cristiani che hanno fretta di compiacere le armate del Califfo non vogliono ascoltare Israele né Hamas, dovrebbero leggere cosa scrive Iqna, la prima e più grande agenzia di informazione sul Corano con sede a Teheran: “Si stima che entro il 2085, 13 paesi europei avranno una maggioranza musulmana in un continente che un tempo apparteneva al Cristianesimo. Per la prima volta i cristiani sono in minoranza in Inghilterra e Galles. Questa religione è quasi scomparsa dal paese dove nacque Gesù. La popolazione cristiana di Betlemme si è ridotta dall’85 per cento nel 1947 al 15 per cento. In Russia si prevede che l’Islam sarà la religione più diffusa entro il 2050. Oggi ci sono 3.000 moschee in Francia. A Birmingham, la seconda città più grande della Gran Bretagna, ci sono 200 moschee e Londra ha un sindaco musulmano”.
In Libia c’erano tanti ebrei. Poi gli islamisti li hanno macellati e cacciati. Non in quanto israeliani, ma in quanto ebrei.
In Egitto si contavano 100.000 ebrei nel 1948, mentre oggi in tutto il paese ce ne sono solo 28. In tutto l’Iraq restano solo 22 ebrei contro una popolazione ebraica nel 1948 di 160.000 persone. In Siria e Libano non sono rimasti ebrei. E oggi trovi molti ebrei libici a Roma e a Milano, ma nessuno più in Libia. Poi in Libia hanno iniziato a macellare i cristiani. Oggi la Libia è il terzo peggior paese del mondo dove essere cristiani. E di cristiani non ne sono rimasti praticamente più.
“L’islamismo è un mondo in cui il minareto troneggia su tutto” scrive Ayaan Hirsi Ali. “E’ il burka che ricopre le donne come una vite invasiva in un giardino un tempo fiorente. È il raduno in piazza che proclama ‘questo è il nostro spazio adesso’. È l’adhan lanciato ad alta voce ai cristiani o agli ebrei o ai laici. Finché, un giorno, non sono più rimaste parti non musulmane della città. I cristiani di Istanbul e gli ebrei di Baghdad lo hanno scoperto sulla loro pelle. Prego che gli agnostici ricchi di Mayfair e Chelsea non lo facciano mai”.
Io temo che ci stiamo avviando a gran trotto verso questo scenario terribile.
“Non so se da tutto questo si possa concludere che l’Europa sia davvero finita, perché i leader sono i ciechi e quelli che vedono non fanno altro che inciampare dietro di loro” scrisse il grande romanziere ungherese Sándor Márai il 6 settembre 1939.
Gli europei post-cristiani di Spagna, Norvegia e Irlanda prima di compiacere le armate del Califfo farebbero bene a ricordare l’inquietante massima che si diffuse nel periodo precedente la Guerra dei Sei Giorni del 1967: “Prima uccidiamo il popolo del sabato (ebrei), poi uccidiamo la gente della domenica (cristiani)”. In alcuni quartieri del Medio Oriente queste parole sono letteralmente scritte sul muro. Anche a Betlemme, come racconta Donna Rosenthal nel suo libro, parlando con una cristiana, che le dice: “‘Si chiama intifada di al-Aqsa perché è islamica e le persone che la combattono sventolano il Corano. Qui siamo in una posizione terribile’. Si dirige verso uno stand con giornali e libri arabi. Alcuni libri hanno la foto di Osama bin Laden in copertina. ‘Solo pochi mesi fa andavano a ruba. Questo mi spaventa, ma guarda quel muro’. Naila traduce la scritta araba su di esso: ‘Dopo il sabato arriva la domenica’. Sa cosa significa? Significa: ‘Dopo che avremo finito con gli ebrei, sarà il turno dei cristiani’. Con rabbia silenziosa, continua: ‘Odiano la nostra religione. Ci chiamano cani infedeli. Ci vogliono fuori’”.
Potrebbero vederlo anche gli occidentali, se non fossero gravemente affetti da cecità morale. Hanno già pagato e ripagheranno, a tempo debito.