2024 03 27 MERCOLEDÌ SANTO
Solo un amico può tradire.Tutti possiamo aiutare Gesù a portare la Croce che è il prezzo del perdono che solo può guarire il mondo.
L’unica vera malattia del mondo è cercare di eliminare Dio per credersi liberi, per credersi dio. Questa è la radice di ogni male.
Senza Dio, il Dio Crocifisso, l’uomo è schiavo del male, del male di ognuno, del mio male.
Il più grave tradimento di un amico è credere che non è Cristo Crocifisso la vera Salvezza, ma qualche altra strategia umana e politica, magari attuata anche nel nome di Gesù.
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COLOMBIA - assassinati una donna e un minore della Comunità della Pace
MYANMAR - Kachin: omicidio mirato di un leader cristiano, comunità sotto shock
MYANMAR - Il Cardinale Bo: “In ginocchio per la pace”, mentre si aggrava la crisi umanitaria
MOZAMBICO - Più di 67.000 persone in fuga dalle violenze dei jihadisti nel nord del Paese
TESTIMONIANZA
HAITI - “Chiesa in sofferenza ma vi sono luci di speranza” - Gli aiuti della Chiesa italiana ad Haiti
COLOMBIA - assassinati una donna e un minore della Comunità della Pace
Si tratta della moglie e del fratello di uno dei leader della Comunità, uccisi con colpi d’arma da fuoco il 19 marzo mattina presso il villaggio La Esperanza, nel Dipartimento di Antioquia. Oltre 300 gli omicidi dal 1997 ad oggi. Operazione Colomba: “Si fermi immediatamente questa escalation di violenza che colpisce chi si spende per un futuro di pace per il suo Paese”
Una donna e un adolescente, entrambi membri della Comunità della Pace di San José de Apartadó, in Colombia, sono stati assassinati lo scorso martedì 19 marzo. Le vittime sono Nayeli Sepulveda, 30 anni, ed Edison David, 15 anni, rispettivamente moglie e fratello di uno dei leader della Comunità di Pace. Il duplice omicidio è stato compiuto con colpi d’arma da fuoco al mattino presso il villaggio La Esperanza, nel Dipartimento di Antioquia.
Minacce e invasioni già nei giorni scorsi
“Nelle ultime due settimane noi di Operazione Colomba eravamo presenti in qualità di osservatori internazionali nel villaggio La Esperanza proprio a causa degli ultimi attacchi ricevuti. Io ero ripartita da quel villaggio il giorno prima del massacro”, spiega Monica Puto, operatrice di Operazione Colomba, il corpo nonviolento di pace della Comunità di don Benzi. La Comunità di Pace aveva subito di recente diversi attacchi, continua Puto: “Invasioni di terreno nella proprietà privata Las Delicias, all’interno del villaggio, danni materiali a beni di sua proprietà, minacce, calunnie per screditare la resistenza pacifica che portano avanti da 27 anni per proteggere la loro terra da grandi progetti estrattivi. Il Municipio di Apartadò, gli enti locali e il governo nazionale erano a conoscenza di quanto stesse accadendo prima del massacro”. “Chiediamo che si fermi immediatamente questa escalation di violenza che sta colpendo chi in prima linea si spende per creare un futuro di pace per il suo Paese”, conclude Monica Puto.
Oltre 300 persone assassinate in questi anni
Dal 1997 ad oggi la Comunità di Pace ha avuto più di 300 persone assassinate. Sebbene le violazioni dei diritti umani non siano mai cessate, era dal 2005 che non avveniva un tale massacro. Dalla firma degli Accordi di Pace del 2016, la Comunità di Pace ha continuato a denunciare la forte presenza dei gruppi paramilitari nell’area. Operazione Colomba, il Corpo di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, è presente in Colombia dal 2009 per garantire protezione e accompagnamento alle persone vittime del conflitto. (RV 23 marzo 2024)
MYANMAR - Kachin: omicidio mirato di un leader cristiano, comunità sotto shock
La vittima è il 47enne Nammye Hkun Jaw. L’assassinio è avvenuto ieri all’interno di un negozio di computer a Mogaung, di proprietà dell’uomo. Centrato con colpi di pistola allo stomaco e giustiziato con un colpo alla testa. Era ex dirigente della Convenzione Battista Kachin e attivo nella lotta contro il traffico di droga.
Un omicidio avvenuto ieri, 18 marzo, scuote nel profondo la comunità cristiana in Myanmar, in queste ore in preda a un profondo shock: uomini armati nello Stato settentrionale Kachin, al confine con la Cina, hanno assassinato un leader religioso in quello che fonti vicine alla famiglia definiscono una vera e propria “esecuzione mirata”. Secondo alcune testimonianze, rilanciate da Radio Free Asia (Rfa), almeno tre persone nel comune di Mogaung hanno fatto irruzione all’interno del negozio di computer del 47enne Nammye Hkun Jaw aprendo il fuoco e freddandolo sul colpo.
Nammye Hkun Jaw Li era attivo nelle proteste antimilitari nello Stato Kachin ed era un noto leader della comunità cristiana locale. Egli, infatti, era anche un ex dirigente di primo piano della Convenzione Battista Kachin e membro di un’organizzazione antidroga comunitaria chiamata Pat Jasan. Gli abitanti del villaggio di Nam Ma Tee stanno ancora indagando sull’identità degli uomini che hanno ucciso Nammye Hkun Jaw Li, che lascia la moglie e i tre figli.
Gli scontri politici nello Stato Kachin hanno già preso una piega religiosa. Quasi due anni dopo il colpo di Stato militare del 2021, il 4 dicembre 2022 la giunta ha ordinato l’arresto di un importante leader cristiano, Hkalam Samson, per i suoi stretti legami con l’Esercito per l’indipendenza del Kachin. Quest’ultimo è stato condannato a sei anni di carcere il 7 aprile 2023. (AsiaNews19/03/2024)
MYANMAR - Il Cardinale Bo: “In ginocchio per la pace”, mentre si aggrava la crisi umanitaria
“Uniamoci all’accorato appello di pace che emana dal profondo del cuore di Papa Francesco ed echeggia in tutto il nostro mondo ferito. Insieme, inginocchiamoci in segno di solidarietà, implorando l’Onnipotente di dissipare l’oscurità del conflitto e inaugurare una nuova alba di speranza e armonia”, chiede il Cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon e presidente della Conferenza episcopale del Myanmar, nel messaggio diffuso in vista della Pasqua, e titolato “Abbracciare l’alba della pace”.
Il Cardinale ripercorre la sofferenza del popolo birmano, da tre anni preso dal conflitto civile, dopo il golpe militare del febbraio 2021: “Nelle nostre ferventi preghiere, non trascuriamo le grida angosciate degli innocenti, le lacrime degli oppressi e i sogni infranti di coloro che si trovano nel fuoco incrociato dei conflitti, soprattutto i nostri giovani”.
Nel messaggio inviato a Fides, l’Arcivescovo di Yangon invita a riflettere sugli insegnamenti di Gesù Cristo, “che ha esemplificato la vera forza attraverso umili atti di servizio”: “Inginocchiandosi davanti ai suoi discepoli, lavando loro i piedi con profondo amore e umiltà”, si rileva, “ha mostrato che il vero potere non sta nel dominio, ma nel dono altruistica verso gli altri”.
Il testo prende dolorosamente atto del devastante bilancio dei conflitti in vari scenari del mondo, come in Terra santa, in Ucraina, in Myanmar, esortando ad “alzare le voci in fervente preghiera per la pace”, insieme con la giustizia, fermando “il tumulto della guerra”.
L’umanità, sottolinea il Cardinale, dovrebbe ascoltare la voce di Papa Francesco, “abbracciando il dialogo e la riconciliazione come fondamenti del viaggio collettivo verso la pace”, coltivando “ la fiamma della speranza nei nostri cuori, saldi nella nostra determinazione a sradicare le forze che portano divisione, odio e conflitto”.
L’appello si conclude con uno sguardo al mistero pasquale”: “Di fronte ai conflitti e ai problemi che vive oggi il mondo, ravviviamo la nostra speranza confidando in Cristo risorto, che ha vinto la morte e ci ha donato la vera vita. Questa speranza genera luce alla vita, supera lo scoraggiamento, genera solidarietà e contrasta tutti i semi di violenza che una cultura dell’indifferenza e del confronto semina nelle nostre società e prepara il terreno alle guerre”. “Insieme, facciamo sì che il mondo si impegni a trasformare gli strumenti di guerra in strumenti di pace”, “che nelle nostre parole echeggi il linguaggio universale della fraternità e che le nostre azioni siano guidate dalla ricerca della pace”, auspica.
Le comunità cattoliche birmane si apprestano a celebrare la Pasqua del 2024 in un clima di tensione e paura quotidiana e mentre si aggrava la crisi umanitaria. Il numero degli sfollati interni cresce a un ritmo allarmante: oltre 2,6 milioni di persone in tutto il paese sono fuggite dalle loro case mentre, nel complesso, 18,6 milioni di persone – circa un terzo della popolazione totale della nazione – necessitano di assistenza umanitaria. I prezzi di cibo, carburante e altri beni di prima necessità continuano a salire e un quarto della popolazione attualmente affronta fame e malattie a causa del collasso del sistema sanitario.
L’esercito del Myanmar - notano le organizzazioni internazionali - limita pesantemente la fornitura di aiuti umanitari all’interno del paese e le Ong e le agenzie umanitarie non riescono a raggiungere le persone bisognose. Intanto il “Piano di risposta umanitaria per il Myanmar” redatto e diffuso nel 2023 dalle Nazioni Unite ha ricevuto solo circa un terzo dei finanziamenti richiesti, lasciando un deficit di finanziamento di 600 milioni di dollari: ciò significa - nota l’Onu - che almeno 1,9 milioni di persone vulnerabili non hanno potuto ricevere gli aiuti di cui avevano disperatamente bisogno. In questo scenario la crisi della minoranza musulmana di etnia Rohingya rimane irrisolta. Circa 600.000 Rohingya rimangono attualmente nello stato Rakhine, nella parte occidentale del Myanmar, restando privi dei diritti fondamentali come cittadinanza, libertà di movimento e accesso alle risorse e ai servizi essenziali.
(Agenzia Fides 25/3/2024)
MOZAMBICO - Più di 67.000 persone in fuga dalle violenze dei jihadisti nel nord del Paese
Sono 67.321 gli sfollati in fuga dagli attacchi armati avvenuti nelle ultime settimane nella provincia di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico. Lo ha comunicato Filimão Suaze, portavoce del governo di Maputo aggiungendo che gli sfollati sono fuggiti in altre parti della provincia di Cabo Delgado e nel distretto di Eráti, nella provincia di Nampula, e “si trovano in centri di accoglienza o presso parenti”.
“A questo punto parliamo di 67.321 sfollati, che corrispondono a 14.217 famiglie”, ha precisato. Secondo l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati però sono quasi 100.000 le persone sfollate tra l’inizio di febbraio e l’inizio di marzo dopo che combattenti dello Stato islamico del Mozambico hanno lanciato una nuova offensiva nella zona costiera centrale e meridionale di Cabo Delgado. Secondo il portavoce governativo alcune persone fuggite in precedenza sono riuscite a tornare nei propri villaggi.
Il vescovo di Pemba, António Juliasse Ferreira Sandramo in una dichiarazione all’agenzia di stampa portoghese Lusa ha però affermato che “non ci sono ancora le condizioni di sicurezza per far ritornare gli sfollati in tutta la regione di Mazeze a riprendere la vita come prima”. Se gli sfollati dovessero ritornare “è ovvio che ritorneranno anche i missionari, i religiosi, perché sono al servizio della gente” ha sottolineato il vescovo.
La popolazione è in fuga per le violenze commesse dai jihadisti del Ansar al-Sunna, un gruppo chiamato anche Ahlu Sunna Wal Jammah) affiliati allo Stato Islamico, noti anche come Shabaab (anche se sembra non abbiamo legami con i loro omonimi somali).
Pur avendo una forte connotazione jihadisti secondo Mons. Sandramo, gli “Shabaab” colpiscono indiscriminatamente anche i musulami. “La retorica di questi gruppi è in linea con quella dello Stato islamico, al quale dicono di essere affiliati” e, quindi, “non siamo preoccupati come se combattessero contro i cattolici” afferma il vescovo secondo il quale sono la povertà e l’esclusione sociale i fattori principali che portano i giovani a integrare le file dei jihadisti.
Ansar al-Sunna dimostra di avere capacità militari sempre più feroci ed efficaci. Il 2 marzo hanno condotto un attacco con 500 uomini nel distretto di Quissanga contro una posizione dell’Unità di Intervento Rapido (UIR) difesa da solo 40 uomini. L’unità dell’élite dell’esercito mozambicano è stata costretta alla fuga. I soldati della UIR hanno dichiarato che il gruppo jihadista era composto da circa 500 uomini oltre che da donne e bambini per un totale di circa 700 individui. Le donne e i bambini erano usati come scudi umani per impedire ai soldati di sparare contro i jihadisti. Questi ultimi erano inoltre dotati di armi sofisticate. (L.M.) (Agenzia Fides 7/3/2024)
TESTIMONIANZA
HAITI - “Chiesa in sofferenza ma vi sono luci di speranza” dice suor Marcella Catozza
“Difficile”. Così suor Marcella Catozza della Fraternità Francescana Missionaria di Busto Arsizio, che da 20 anni opera ad Haiti, descrive la situazione ecclesiale nel Paese caraibico, in preda alle violenze delle gang criminali.
“La situazione della Chiesa è difficile come tutta la realtà di Haiti. La Chiesa rispecchia la realtà del Paese” dice suor Marcella. “Difficile perché sono difficili i collegamenti, è difficile incontrarsi, difficile lavorare insieme. Si è un po’ tutti isolati. Ognuno va avanti per conto suo, cercando di costruire legami là dove può” spiega la religiosa che opera in una delle bidonville di Port-au-Prince (vedi Fides 26/2/2024).
Una Chiesa in sofferenza da lungo tempo sottolinea Suor Marcella: “ultimamente c’è stata la bomba a Mons. Dumas, vescovo di Anse-à-Veau Miragoâne (vedi Fides 11/3/2024), ma come non ricordare il terremoto che ha fatto sì che la Chiesa venisse decapitata, con la morte dell’arcivescovo, del vicario, del cancelliere e del segretario dell’arcidiocesi di Port-au-Prince. I seminari distrutti, intere congregazioni hanno perso tutti i seminaristi. Quindi la Chiesa ad Haiti ha sofferto e continua a soffrire”.
Una Chiesa che può contare comunque sull’apporto dei missionari stranieri. “Nei quartieri dove siamo noi, la maggioranza siamo missionari stranieri, perché il clero locale ha paura di entrare, ma ha ragione perché a noi non toccano, anche se suor Luisa l’hanno toccata (Suor Luisa Dell’Orto, missionaria Piccola Sorella del Vangelo uccisa il 25 giugno durante un’aggressione, vedi Fides 26/6/2022) ma il sacerdote o la suora haitiani vengono colpiti. Quindi è veramente difficile lavorare insieme. La sinodalità di cui si parla tanto in questi ultimi anni fa fatica a svilupparsi per tutta la storia della Chiesa in Haiti e del Paese”.
Ad Haiti inoltre si risente della presenza del voodoo. “Si dice che ad Haiti l’ottanta per cento degli abitanti sono cattolici e il cento per cento segue il voodoo” dice suor Marcella. “Il sincretismo religioso è fortissimo, anche da parte dei cattolici ferventi, per cui la cultura tradizionale del voodoo è presente ovunque. Ad esempio prima di andare dal dottore vai dal guaritore, dove magari muori perché questi attua pratiche pericolose”. “Il cristianesimo non ha raggiunto ad Haiti il nucleo centrale della cultura, intesa come stile di vita delle persone. Finché non si arriva a quel livello, possiamo appiccicare una forma: le chiese sono piene ad Haiti, la domenica se non si arriva due ore prima dell’inizio della messa, bisogna portarsi la sedia da casa e rimanere nel parcheggio della chiesa per parteciparvi. Non è un problema numerico, di numero di fedeli; è un problema di formazione” afferma la religiosa.
“Voodoo e fede cattolica viaggiano su due binari separati ma conviventi nelle stesse persone, che magari sono ferventi cattolici, capaci di pregare più rosari al giorno e poi andare a fare la pratica voodoo, dicendo che quest’ultima fa parte della loro cultura” spiega suor Marcella.
Nonostante la comune cultura secondo la religiosa “è difficile per gli haitiani riconoscersi come un unico popolo”. “La loro unità nasce sempre dall’essere contro qualcosa” spiega suor Marcella. “Mai uniti per costruire ma per essere contro. Contro i bianchi, contro i francesi, adesso contro il Primo Ministro. Gli haitiani fanno fatica a trovare un’identità di popolo perché non l’hanno mai avuta”.
Suor Marcella, che al momento non si trova ad Haiti, vede comunque una luce di speranza.
“In anni e anni di lavoro, le persone che operano con noi si sono finalmente rese conto che siamo lì per costruire qualcosa. Dopo 20 anni ci sono circa 80 persone che lavorano nella nostra opera tra educatori, insegnanti e personale di servizio che mandano avanti una scuola materna, una elementare, una casa di accoglienza per 150 bambini, di cui 40 sono disabili. Sono la prima ad essere stupita di come si mostrino capaci di andare avanti, anche senza la mia presenza. Andato via “il bianco” è venuta fuori la loro vera umanità: sentono quell’opera come la loro, rischiano la vita per andare a lavorare perché devono attraversare strade teatro di sparatorie e posti di blocco delle gang, che possono spararti solo perché hanno voglia di farlo. Faccio solo un esempio: il Direttore della casa d’accoglienza per arrivarvi non può più fare la strada normale perché i banditi non lo fanno passare. Quindi ha trovato una strada alternativa che passa attraverso un fiume di liquami. Si porta dei vestiti di ricambio nello zaino di modo che quando esce dai liquami si lava con l’acqua del mare (siamo in riva al mare), si mette i vestiti e viene a lavorare. Una persona questo non lo fa per lo stipendio; lo fa perché tutti quei bambini in difficoltà in questo momento dipendono da lui”. (L.M.) (Agenzia Fides 20/3/2024)
HAITI - Gli aiuti della Chiesa italiana ad Haiti
Nel dossier “Camminare insieme” pubblicato dalla Cei la solidarietà destinata alla popolazione caraibica, in balia di una gravissima crisi umanitaria e in costante emergenza: oltre 40 i milioni di euro stanziati a partire dal 2010, data del terremoto che devastò il Paese. Nel documento la testimonianza di alcuni missionari italiani presenti da anni nell’isola
Nel Paese una spaventosa crisi umanitaria
Haiti è oggi alle prese con una spaventosa crisi umanitaria che si innesta su un’emergenza permanente. “Oltre 5 milioni di persone - rileva il dossier - soffrono di insicurezza alimentare e hanno bisogno di assistenza. Il sistema sanitario è al collasso, con carenze di personale, medicinali e infrastrutture”. Il Paese soffre ancora le drammatiche conseguenze del terremoto del 2010 che ha causato un totale di 316 mila vittime e la distruzione di edifici e infrastrutture, a cui si aggiungono i danni provocati dal tifone del 2016 con 1000 morti, feriti e sfollati, e dal sisma del 2021 con altre 2200 vittime e 650 mila persone ridotte in stato di urgente bisogno umanitario.
La violenza delle gang e l’instabilità politica
Tra le nuove emergenze, la presenza nel Paese di bande armate, le gang in cui spesso vengono coinvolti i giovani, che con la loro violenza terrorizzano la popolazione, soprattutto dei quartieri della capitale Port-au-Prince. Furti, saccheggi, stupri, rapimenti sono costanti. Anche la Chiesa è diventata un target: sono stati tanti infatti i sacerdoti e le suore rapiti in questi ultimi anni. Anche gli stessi vescovi haitiani rischiano la vita. A peggiorare la situazione generale è l’attuale instabilità politica del Paese. Ad Haiti non si sono più tenute elezioni dal 2016 e l’ultimo capo di Stato, Jovenel Moïse, è stato assassinato nel 2021. Ariel Henry, nominato presidente e primo ministro ad interim, il 12 marzo scorso ha rassegnato le dimissioni. Un Consiglio presidenziale transitorio dovrebbe ora, tra mille difficoltà, garantire una transizione pacifica, ripristinare la sicurezza e organizzare nuove elezioni.
Dal 2010 ad oggi la Chiesa italiana ha destinato circa 40 milioni di euro – tra fondi dell’8xmille e offerte raccolte con la Colletta straordinaria promossa dopo il primo devastante terremoto che ha raggiunto oltre 25 milioni di euro - per rispondere alle necessità più urgenti della popolazione attraverso la Chiesa locale, le congregazioni e gli organismi pastorali. 70 i progetti sostenuti dal Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli. Vari i settori di intervento: “sanità, agricoltura, educazione, formazione. Dietro ogni progetto - si precisa - c’è l’idea dell’accompagnamento e dell’animazione delle comunità locali, in una prospettiva di lungo periodo”.
Missionarie e missionari italiani ad Haiti
“La presenza della Chiesa italiana con missionari e consacrati, da Nord a Sud del Paese, è stata e continua ad essere un segno di speranza per Haiti”. Nel dossier vengono riportate le testimonianze di Maddalena Boschetti, fidei donum dell’arcidiocesi di Genova, da 21 anni nel Paese; di Marcella Catozza, una suora della Fraternità Francescana Missionaria, originaria di Busto Arsizio, ad Haiti da più di 20 anni, e di padre Massimo Miraglio, missionario camilliano, di Borgo San Dalmazzo, in Piemonte, nel Paese da più di 18 anni. Qui, il 25 giugno 2022 è stata uccisa suor Luisa Dell’Orto, Piccola Sorella del Vangelo di Charles de Foucauld originaria di Lecco.
(Adriana Masotti - Città del Vaticano)