2024 01 17 NICARAGUA - Liberati Vescovi sacerdoti e seminaristi detenuti dal governo nicaraguense
NICARAGUA - Liberati Vescovi sacerdoti e seminaristi detenuti dal governo nicaraguense VATICANO - Missionari e operatori pastorali uccisi nell’anno 2023- Autore:
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La liberazione del Vescovo Rolando Álvarez in carcere dal 9 febbraio 2023 e condannato a 26 anni di reclusione e del Vescovo Isidoro del Carmen Mora Ortega che aveva osato pregare per lui, e degli altri sacerdoti e seminaristi, è certamente una bella notizia per le persone coinvolte.
Non credo che Mons. Álvarez sia altrettanto contento: più volte aveva rifiutato di essere espulso per rimanere vicino alla sua Chiesa perseguitata.
Anche il popolo di Dio in Nicaragua non gioisce totalmente: per la salvezza del Pastore certamente, ma non per la sua lontananza. “Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e le pecore del gregge saranno disperse” (Mt 26)
Preghiamo perché questo ulteriore e più duro sacrificio di Mons. Álvarez sia forza per il suo gregge, i nostri fratelli perseguitati in Nicaragua:
203 religiosi e religiose espulsi dal 2018 al gennaio 2024 e, in particolare un 2023 terribile: 307 aggressioni a religiosi/e, più 3600 processioni bandite, più 237 Messe vietate nei cimiteri, 85 suore espulse e le loro congregazioni sciolte.
NICARAGUA - Liberati Vescovi sacerdoti e seminaristi detenuti dal governo nicaraguense
Il governo del Nicaragua ha liberato 19 tra Vescovi, sacerdoti e seminaristi cattolici tenuti in detenzione, in alcuni casi da oltre un anno. Tra loro figurano anche i Vescovi Rolando Álvarez e Isidoro del Carmen Mora Ortega. La notizia, diffusa ieri, domenica 14 gennaio inizialmente da media locali, è stata poi confermata dal governo di Managua. Secondo quanto riportato da Vatican News, i due vescovi i 15 sacerdoti e i due seminaristi, ad eccezione di uno rimasto in Venezuela, sono tutti arrivati nel pomeriggio di ieri a Roma, e sono ora ospiti della Santa Sede.
Rolando Josè Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa e amministratore apostolico della diocesi di Estelí, era stato condannato a 26 anni di carcere per cospirazione e era in prigione dal febbraio 2023, dopo essere stato agli arresti domiciliari dall’agosto 2022 e dopo aver rifiutato di essere espatriato negli Stati Uniti insieme a altri prigionieri. Il Vescovo Mora era stato arrestato lo scorso dicembre.
Già lo scorso ottobre 12 sacerdoti nicaraguensi detenuti dal governo nicaraguense erano stati scarcerati e erano stati accolti a Roma.
Dal 2018 il governo del presidente Daniel Ortega ha messo in atto una serie di misure che hanno colpito in vario modo la Chiesa cattolica, compresa la confisca – lo scordo agosto - della Università dell’America Centrale gestita dai Gesuiti, accusata di essere divenuta un “centro di terrorismo”, l’espulsione di 18 Missionarie della Carità; la chiusura di emittenti radiofoniche cattoliche.
Proprio ieri, domenica 14 gennaio, Proprio ieri ha preso il via la Novena di preghiera per il Nicaragua, promossa dalla direzione delle Pontificie Opere Missionarie statunitensi, in risposta all’appello lanciato da Papa Francesco il 1° gennaio. Grazie all’aiuto delle piattaforme sociali tutti coloro che lo desiderano possono unirsi a questa iniziativa di preghiera di pace e solidarietà. (GV) (Agenzia Fides 15/1/2024)
VATICANO - Missionari e operatori pastorali uccisi nell’anno 2023
Le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides rilevano che nel 2023 sono stati uccisi nel mondo 20 missionari: 1 Vescovo, 8 sacerdoti, 2 religiosi non sacerdoti, 1 seminarista, 1 novizio e 7 tra laici e laiche.
Anche se gli elenchi compilati da Fides sono sempre aperti ad aggiornamenti e correzioni, si registrano 2 missionari uccisi in più rispetto all’anno precedente. Secondo la ripartizione continentale, quest’anno il numero più elevato torna a registrarsi in Africa, dove sono stati uccisi 9 missionari: 5 sacerdoti, 2 religiosi, 1 seminarista, 1 novizio. In America sono stati assassinati 6 missionari: 1 Vescovo, 3 sacerdoti, 2 laiche. In Asia sono morti, uccisi dalla violenza, 4 laici e laiche. Infine in Europa è stato ucciso un laico.
Come negli anni precedenti, l’Agenzia Fides usa il termine “missionario” per tutti i battezzati, riconoscendo che “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 120). Del resto l’elenco annuale di Fides da tempo non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma prende in considerazione tutti i battezzati impegnati nella vita della Chiesa morti in modo violento, anche quando ciò avviene non espressamente “in odio alla fede”. Per questo si preferisce non utilizzare il termine “martiri”, se non nel suo significato etimologico di “testimoni”, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro proponendoli, dopo un attento esame, per la beatificazione o la canonizzazione.
Uno dei tratti distintivi che accomunano la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2023 è senza dubbio la loro normalità di vita: non hanno compiuto cioè azioni eclatanti o imprese fuori del comune che avrebbero potuto attirare l’attenzione e farli entrare nel mirino di qualcuno. Scorrendo le poche note sulla circostanza della loro morte violenta troviamo sacerdoti che stavano andando a celebrare la Messa o a svolgere attività pastorali in qualche comunità lontana; aggressioni a mano armata perpetrate lungo strade trafficate; assalti a canoniche e conventi dove erano impegnati nell’evangelizzazione, nella carità, nella promozione umana. Si sono trovati ad essere, senza colpa, vittime di sequestri, di atti di terrorismo, coinvolti in sparatorie o violenze di diverso tipo.
In questa vita “normale” vissuta in contesti di povertà economica e culturale, degrado morale e ambientale, dove non esiste il rispetto per la vita e per i diritti umani, ma spesso è norma solo la sopraffazione e la violenza, sono stati accomunati anche da un’altra “normalità”, quella di vivere la fede offrendo la loro semplice testimonianza evangelica come pastori, catechisti, operatori sanitari, animatori della liturgia, della carità…. Avrebbero potuto andare altrove, spostarsi in luoghi più sicuri, o desistere dai loro impegni cristiani, magari riducendoli, ma non lo hanno fatto, pur essendo consapevoli della situazione e dei pericoli che correvano ogni giorno. Ingenui, agli occhi del mondo. Ma la Chiesa, e in definitiva il mondo stesso, vanno avanti grazie a loro, che “non sono fiori spuntati in un deserto”, e ai tanti che, come loro, testimoniano la loro gratitudine per l’amore di Cristo traducendola in atti quotidiani di fraternità e speranza.
All’Angelus della festa di Santo Stefano, il primo martire della comunità cristiana, Papa Francesco ha ricordato: “Ancora ci sono – e sono tanti – quelli che soffrono e muoiono per testimoniare Gesù, come c’è chi è penalizzato a vari livelli per il fatto di comportarsi in modo coerente con il Vangelo, e chi fa fatica ogni giorno a rimanere fedele, senza clamore, ai propri buoni doveri, mentre il mondo se ne ride e predica altro. Anche questi fratelli e sorelle possono sembrare dei falliti, ma oggi vediamo che non è così. Adesso come allora, infatti, il seme dei loro sacrifici, che sembra morire, germoglia, porta frutto, perché Dio attraverso di loro continua a operare prodigi (cfr At 18,9-10), a cambiare i cuori e a salvare gli uomini” (Angelus, 26 dicembre 2023).
(Dossier a cura di Stefano Lodigiani Agenzia Fides 30/12/2023)
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Dossier missionari e operatori pastorali uccisi nell’anno 2023 -> https://www.fides.org/it/attachments/view/file/DOSS_M.U._2023_ITA.pdf
«Non si va in Paradiso da soli». Le vite donate dei testimoni della fede, per la salvezza di tutti
Commento di Gianni Valente
Nella lista degli operatori pastorali uccisi nel 2023, tra gli altri, c’è don Isaac Achi, ucciso dalle fiamme durante l’assalto di un gruppo armato alla sua parrocchia, in Nigeria; c’è frate Moses Simukonde Sens, ucciso da un proiettile esploso da agenti che presidiavano un posto di blocco militare nella Capitale del Burkina Faso; ci sono la 18enne Janine Arenas e il 24enne Junrey Barbante, studenti filippini coinvolti nelle attività della Cappellania universitaria della Mindanao State University, uccisi da una bomba fatta esplodere nella palestra dell’Ateneo, dove si stava celebrando una messa; c’è Samar Kamal Anton, uccisa insieme alla madre Nahida da un tiratore scelto dell’esercito israeliano nella parrocchia cattolica della Sacra Famiglia, a Gaza.
Come sempre, la testimonianza di Cristo accade in mezzo alle calamità e alle sciagure del tempo storico dato. Brilla nella scena del mondo come possono brillare scintille in un campo di stoppie, “Tamquam scintillae in arundineto” (Libro della Sapienza 3, 7).
La nuova guerra mondiale in atto esige il sangue dei poveri, reclama il sacrificio umano di moltitudini di innocenti. E le povere vite spezzate dei venti operatori e operatrici pastorali uccisi nel 2023 incrociano il destino del mondo. Hanno a che fare con la possibilità di salvezza o di dannazione che si affacciano all’orizzonte di tutti. Il loro sangue si mescola al dolore muto e rimosso delle innumerevoli vittime sacrificali nei nuovi mattatoi della storia.
Davanti alle moltitudini di povere anime falcidiate nei conflitti che appestano il mondo, i venti missionari e operatori pastorali uccisi nel 2023 appaiono come una realtà numericamente irrisoria. E anche questa circostanza rivela qualcosa di come accade nel mondo la salvezza annunciata nel Vangelo.
Nel mistero di carità che li unisce alla Passione e alla Resurrezione di Cristo, i testimoni della fede morti per mano altrui partecipano anche al dolore di Cristo stesso per tutti gli innocenti che soffrono ingiustamente, senza motivo. Il dono delle loro vite riflette l’abbassarsi di Cristo stesso per assumere su di sé le miserie, le ferite e le attese di salvezza di ogni creatura. E manifesta l’amore di Dio per tutti, abbraccia anche quelli che non conoscono il nome di Cristo e perfino i nemici. Perché ogni essere umano, creato a immagine di Dio, rimane comunque «un fratello o una sorella in umanità», come ripeteva padre Christian de Chergé, Priore dei monaci martiri di Tibhirine. Ogni fratello o sorella è qualcuno per cui Cristo è morto e risorto.
La Chiesa di Roma, in vista del prossimo Giubileo, si appresta a fare memoria grata anche di loro, dei testimoni della fede che hanno donato la vita seguendo Gesù. Così la gratitudine verso di loro potrà diventare sussulto di preghiera. Per chiedere e supplicare che, nel mistero della salvezza, l’offerta delle loro esistenze benedette porti frutti di vita eterna anche per le moltitudini oggi falcidiate nelle nuove Stragi degli Innocenti.
Narrano le cronache che durante il funerale dell’Arcivescovo - oggi proclamato Santo - Oscar Romero, nella piazza davanti alla Cattedrale di San Salvador, gremita di gente, cominciarono a esplodere bombe e a sibilare proiettili vaganti. In migliaia si rifugiarono nella Cattedrale, riempiendola fino a soffocare, mentre le suore recitavano le preghiere della buona morte. Alla fine, rimasero sulla piazza montagne di scarpe, borse, occhiali perduti da chi fuggiva nel terrore, e quaranta corpi senza vita, sanguinanti e tumefatti. Ricordando quel giorno, disse venti anni dopo a San Salvador Samuel Ruiz García (1924-2011), indimenticato Vescovo di San Cristóbal de las Casas, in Chiapas: «Non si va in cielo da soli. Andando in Paradiso, Romero li avrà portati su con sé, come una costellazione di martiri». (Agenzia Fides 30/12/2023).
QUATTRO CRISTIANI
Junrey Barbante, 24 anni, neolaureato, originario dell’isola di Bohol, e Janine Arenas, 18 anni, studentessa originaria di Balabagan, nella provincia di Lanao del Norte. Due giovani laici impegnati nell’animazione liturgica nella cappellania della Marawi State University di Marawi e per questo rimasti uccisi insieme ad altri due coetanei nell’attentato che ha insanguinato la Messa della prima domenica di Avvento nelle Filippine. Insieme a Samar Kamal Anton e a sua madre Nahida Khalil Anton - le due donne cristiane uccise davanti alla chiesa della Sacra Famiglia a Gaza il 18 dicembre - sono il volto dell’Asia nel dossier sui missionari uccisi in tutto il mondo nel 2023 che - come ogni fine anno - è stato diffuso oggi da Fides, l’agenzia delle Pontificie Opere Missionarie.
Non semplicemente cristiani uccisi, ma missionari in quanto operatori pastorali impegnati nel servizio alla propria Chiesa locale. Junrey e Janine frequentavano, infatti, assiduamente la cappellania universitaria e alla Messa colpita dall’attentato degli islamisti erano lì come ogni settimana per curare l’animazione liturgica. Ma anche Samar e Nahida, colpite a Gaza dall’offensiva dell’esercito israeliano come migliaia di altre vittime civili, facevano parte del Gruppo Sant’Anna, una confraternita che a Gaza riunisce donne cristiane cattoliche e ortodosse coinvolte in un cammino di fede con incontri settimanali di preghiera e catechesi e attività di apostolato, soprattutto a favore dei poveri e dei disabili.
(AsiaNews 30/12/2023)