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2021 03 17 Il 24 marzo la Giornata dei Missionari Martiri 2021

Fonte:
CulturaCattolica.it
ETIOPIA – assaltata una chiesa ortodossa in Oromia: 29 morti NIGERIA – Ancora attacchi alle scuole in Nigeria: rapiti 210, ma 180 già liberati ITALIA – Il 24 marzo la Giornata dei Missionari Martiri 2021: “vite intrecciate” TESTIMONIANZA SIRIA – La situazione a 10 anni dall’inizio della guerra: testimonianza del Card. Zenari

ETIOPIA – assaltata una chiesa ortodossa in Oromia: 29 morti

Ventinove persone sono state uccise da uomini armati nella chiesa cristiana ortodossa di Abo, nella città di Debos Kebele, nella regione etiope dell’Oromia: lo hanno riferito fonti della stampa locale. Secondo queste ricostruzioni, diffuse anche dalle testate Addis Standard e Al-Bawba, i fedeli erano riuniti per dare inizio ai due mesi di digiuno previsti dalla Chiesa ortodossa di rito Tewahedo. I testimoni intervistati dai cronisti hanno raccontato che tra le vittime figurano 21 donne, le quali sarebbero state prima portate dai ribelli nella vicina foresta e lì uccise. Alcune di loro avevano con sé dei bambini piccoli. Un sopravvissuto ha puntato il dito contro l’Esercito di liberazione oromo (Ola), una milizia che però oggi ha inviato all’Addis Standard una lettera nella quale nega ogni responsabilità. “Ciò che ci lascia perplessi è che vi siate accontentati del racconto di un singolo individuo” ha sottolineato il portavoce della milizia, Odaa Tarbii. “Vorremmo ribadire che le nostre forze non sono assolutamente responsabili”. Il portavoce ha quindi aggiunto che il gruppo “non colpisce nessuno in base all’appartenenza etnica o religiosa”, che “molti dei nostri combattenti sono a loro volta di fede ortodossa” e infine che quei combattenti che “compiono crimini contro i civili vanno incontro a severe punizioni”.

Il gruppo ha poi accusato un’altra milizia, facendo il particolare di un loro capo o componente, Faqadaa Abdiisaa. In Etiopia le violenze dei gruppi armati sono frequenti. Dopo il suo insediamento nel 2018, il premier Abiy Ahmad ha avviato un processo di riconciliazione volto a disarmare i gruppi ribelli e assorbirli nel sistema partitico. Proprio negli ultimi giorni però, due tra i più grandi partiti di opposizione legati agli oromo – il principale gruppo etnico del Paese – hanno annunciato che boicotteranno le elezioni legislative di giugno denunciando “arresti e repressione” da parte del governo federale. Fuori dalle elezioni anche il Fronte di liberazione del popolo tigrino (Tplf) contro cui il governo ha sferrato un’offensiva militare, accusandolo di governare illegalmente la regione del Tigray e di aver attaccato una base militare federale.
(AGENZIADIRE Alessandra Fabbretti a.fabbretti@agenziadire.com 10 Marzo 2021)

NIGERIA – Ancora attacchi alle scuole in Nigeria: rapiti 210, ma 180 già liberati

Gli assalitori hanno assaltato nella notte il Federal College of Forestry Mechanisation nello Stato di Kaduna, aprendo il fuoco. Tredici persone uccise nel tentato sequestro in un’altra scuola

Ancora paura in Nigeria e ancora sequestri di alunni e alunne per alimentare il già florido business delle estorsioni. Uomini armati hanno rapito, giovedì 13 marzo, 210 tra studenti e studentesse, dopo un assalto a un istituto nello Stato di Kaduna, nel nordovest del Paese. Ma 180 di loro sono già stati liberati questa mattina (venerdì). Ne restano una trentina nelle mani dei rapitori.

Gli assalitori hanno attaccato nella notte il Federal College of Forestry Mechanisation, aprendo il fuoco. L’istituto si trova vicino a un’accademia militare. Genitori e parenti degli studenti si sono radunati stamani nei pressi dell’istituto in attesa di notizie. Poi l’annuncio del governo dello Stato del Kaduna: salvati “42 studentesse, 8 dipendenti e 130 studenti”. “Alcuni degli studenti salvati erano feriti e stanno ricevendo cure mediche in una struttura militare”, riferisce il sito nigeriano Daily Post citando la dichiarazione del ministro dell’Interno dello Stato del Kaduna, Samuel Aruwan.

Da dicembre sono circa 800 gli studenti rapiti in diversi attacchi in Nigeria e poi liberati dopo trattative. Nel solo Stato di Kaduna sono quasi 2.000 le persone uccise o rapite da bande criminali nel 2020. (...)
(Avvenire venerdì 12 marzo 2021)

ITALIA – Il 24 marzo la Giornata dei Missionari Martiri 2021: “vite intrecciate”

Dal 1993 il giorno dell’assassinio di Sant’Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador, avvenuto il 24 marzo 1980 mentre celebrava la Messa, viene dedicato a celebrare la “Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri”, promossa dal Movimento giovanile delle Pontificie Opere Missionarie italiane. Per la ventinovesima Giornata che viviamo quest’anno, è stato scelto lo slogan “Vite intrecciate”. Il missionario martire infatti è tessitore di fraternità: la sua vita si intreccia con quella dei popoli e delle culture che serve e incontra. L’umanità intera intreccia la propria esistenza con quella di Cristo, riscoprendosi così tralci della stessa vite.
“Al principio di ogni missione c’è una vocazione che giunge alle orecchie di chi è pronto ad ascoltare, di chi ha un cuore pronto ad accogliere. La voce del Signore ci raggiunge insieme a quella di tutti i popoli che subiscono soprusi e ingiustizie – spiega Giovanni Rocca, Segretario nazionale di Missio Giovani, presentando il tema –. È la chiamata ad una vita di prossimità che celebriamo in questa occasione, il mandato che Cristo ci ha consegnato: annunciare in tutto il mondo la Buona Notizia. (...)
Papa Francesco ci ricorda sovente, fin dall’inizio del suo Pontificato, che il martirio è realtà dei nostri giorni, non un antico episodio dei tempi passati: “È doloroso ricordare che, in questo momento, ci sono molti cristiani che patiscono persecuzioni in varie zone del mondo, e dobbiamo sperare e pregare che quanto prima la loro tribolazione sia fermata. Sono tanti: i martiri di oggi sono più dei martiri dei primi secoli. Esprimiamo a questi fratelli e sorelle la nostra vicinanza: siamo un unico corpo, e questi cristiani sono le membra sanguinanti del corpo di Cristo che è la Chiesa” (udienza generale del 29 aprile 2020).
(SL) (Agenzia Fides 16/3/2021)

TESTIMONIANZA

SIRIA – La situazione a 10 anni dall’inizio della guerra: testimonianza del Card. Zenari

La guerra in Siria ha divorato vite e pace e rischia di cancellare la speranza. È questo il timore del nunzio apostolico a Damasco, il cardinale Mario Zenari, che vive in un Paese dilaniato, da dieci anni, da guerra, violenze ed interessi di parte. Non è stato sempre così, ricorda, ma oggi manca tutto e serve un “fiume” di aiuti mirati. Il Papa ieri all’Angelus e durante il viaggio in aereo dopo la visita in Iraq, ha rivolto ancora il suo pensiero alla “amata e martoriata Siria”. (...)

Quale bilancio a dieci anni dallo scoppio del conflitto?
La Siria di oggi ha il volto di un Paese dove, rispetto a dieci anni fa, mancano diverse categorie di persone: i morti del conflitto ammontano a circa mezzo milione; 5,5 milioni sono i rifugiati siriani nei Paesi vicini; altri 6 milioni vagano, talora a più riprese, da un villaggio all’altro come sfollati interni. Manca, inoltre, circa un milione di persone emigrate. Mancano decine di migliaia di persone scomparse. Mancano i giovani, l’avvenire del Paese. Manca più della metà dei cristiani. Mancano i papà, e talvolta anche le mamme, per tanti bambini. Manca per diversi di loro un focolare domestico. Mancano scuole, ospedali, personale medico-infermieristico, per di più in piena emergenza Covid-19. Mancano fabbriche e attività produttive. Sono spariti interi villaggi e quartieri, rasi al suolo e spopolati. È stato dilapidato il celebre patrimonio archeologico, che attirava visitatori da ogni parte del mondo. È stato intaccato gravemente il tessuto sociale, ossia il mosaico di convivenza esemplare tra gruppi etnici e religiosi. Geme anche la natura con l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo a causa dell’utilizzo, per ben dieci anni, di esplosivi e ordigni di vario tipo. Il suolo è calpestato e i cieli solcati dalle forze armate di cinque potenze in disaccordo tra loro, come spesso ricorda l’inviato speciale dell’ONU per la Siria, il Signor Geir Pedersen. Insomma, un’immagine davvero desolante.

Ci sono bambini che hanno vissuto solo la dimensione delle violenze, della privazione. Come si rimargineranno queste ferite?
Come avviene per tutte le guerre, anche questo lungo e crudele conflitto ha avuto effetti devastanti soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione, in particolare i bambini, le donne e gli anziani. Molti bambini sono morti sotto i bombardamenti oppure tra i fuochi incrociati, altri sono stati estratti feriti e mutilati da sotto le macerie, alcuni sono morti nella traversata del mare, diversi altri hanno subito traumi psichici difficilmente sanabili, molti sono rimasti senza uno o entrambi i genitori. Diversi sono morti per malnutrizione, freddo, disidratazione, come una cinquantina di bebè morti in braccio alle loro mamme mentre fuggivano da Baghouz nell’inverno di un paio d’anni fa. Un certo numero di loro, assieme alle loro mamme, attende ancora in vari campi profughi il rimpatrio nei Paesi di origine, in condizioni assai precarie, specialmente nel campo tristemente famoso di Al-Hol (Hassaké). Dopo la cruenta battaglia di Aleppo nel 2016 sono apparse, vagabondi per le strade e le rovine della città, alcune migliaia di bambini, senza famiglia, senza nome e cognome. Grazie all’impegno comune delle autorità religiose musulmane e cristiane di Aleppo, si è cercato di registrarli all’anagrafe con un nome e un cognome, e di far loro intraprendere un cammino di reinserimento sociale. Essendo fuori uso una scuola su tre, circa due milioni di bambini siriani non sono scolarizzati. Alcuni sono vittime di sfruttamento sessuale e taluni vengono arruolati. Le bambine, soprattutto, sono esposte a matrimoni precoci. La miccia che ha fatto esplodere il conflitto è stata inconsciamente accesa da una dozzina di bambini di Daraa, nel sud della Siria, arrestati e detenuti per alcuni giorni, perché avevano scritto sul muricciolo della loro scuola slogan contro il Presidente Assad. Tutto questo è poi ripiombato inesorabilmente sui loro coetanei come un crudele boomerang. Una vera e propria strage di innocenti.

Quale è il ruolo della Chiesa in questo contesto?
Una sfida enorme che sta davanti alle varie religioni presenti in Siria, in particolare quella cristiana e musulmana, è la riconciliazione e la ricucitura del tessuto sociale, danneggiato da questi lunghi anni di guerra. La Chiesa, inoltre, è attiva sul terreno con una vasta rete di progetti umanitari aperti a tutti, senza differenze etnico-religiose, grazie agli aiuti provenienti da varie istituzioni caritative di ogni parte del mondo. Potremmo dire che si tratta dell’opera del “buon Samaritano”.

Come state vivendo questo periodo di Quaresima e con quale orizzonte?
Si cerca di vivere assieme alla gente questa “Quaresima”, che dura, senza interruzione, da ormai 10 anni, in attesa di poter intravvedere la fine del tunnel e uno squarcio di rianimo della Siria, una “risurrezione” di questo Paese.

Qual è il suo auspicio, il suo appello per questo Paese?
Una giornalista siriana, dallo pseudonimo di Waad Al-Kateab, scriveva sul “The New York Times” il 7 febbraio 2020 un articolo dal titolo: “We are left to face death alone” (“Siamo lasciati soli ad affrontare la morte”). E Papa Francesco, il 9 gennaio 2020, in occasione dello scambio di auguri per il nuovo anno con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, diceva: “Mi riferisco alla coltre di silenzio che rischia di coprire la guerra che ha devastato la Siria nel corso di questo decennio”. La Siria, in questi lunghi anni di guerra, ha perso la pace, ha perso persone, ha perso giovani, ha perso cristiani. Molta gente ha perso e sta perdendo anche la speranza. Potrebbe essere paragonata al malcapitato della parabola del “buon Samaritano”: aggredita da ladroni, derubata e lasciata mezza morta e umiliata sul ciglio della strada. Attende di essere risollevata socialmente ed economicamente, e di vedere riconosciuta la sua dignità. Per questo un ringraziamento particolare va a tutti i “buoni Samaritani”, alcuni dei quali hanno perso anche la vita nel dimostrarle la loro generosa solidarietà: si tratta di istituzioni umanitarie internazionali, di organizzazioni religiose, di persone private. Non lasciamo morire la speranza!
(Massimiliano Menichetti RV 15 03 2021)

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