2020 04 08 Mercoledì Santo: Morire per fede, morire con fede
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Da qualche settimana è difficile trovare notizie sui nostri fratelli cristiani perseguitati.
Tutti i mezzi di informazione ci raccontano lo svilupparsi della pandemia.
In questi nove anni (era il mercoledì Santo del 2011) ho cercato solo di raccogliere qualche notizia su ciò che accade ogni giorno in molte parti del mondo, attingendo a canali di cui tutti possiamo disporre.
Volevo semplicemente invitare a pregare e a non dimenticare coloro che muoiono per fede.
Perché abituarsi a sentire come “lontano”, di “altri”, ciò che accade, equivale al rifiutarsi di vedere una grazia, una occasione per noi, per la nostra conversione.
Mi sono sempre chiesto se questi fratelli, moltissimi dei quali sono gente semplice e umile, alzandosi al mattino del loro ultimo giorno su questa terra, fossero “pronti”.
Mi chiedo spesso se io sono “pronto” a morire per fede.
E la Chiesa ci insegna che, se si tratta di martirio, Dio solo dona questa vocazione ad alcuni, che sceglie, preparandoli e sostenendoli. Lui conduce ogni giorno ad essere “pronti” coloro che chiama.
Tra questi potremmo essere anche noi.
Per tutti dunque è l’invito a lasciarci educare e guidare da Lui ogni giorno, come insegna una antifona di Quaresima del Rito Ambrosiano (II settimana di Quaresima) “Non aspettate a convertirvi al Signore perché non sapete che cosa generi il domani. Dal mattino alla sera il tempo cambia”.
La pandemia attuale ci mostra quanto è debole l’uomo e nello stesso tempo ci mostra quanto Dio abbia tenuto lontano da noi, per anni e anni, eventi del genere, tanto da farci illudere di essere padroni della nostra vita. E ci metteremo poco, poi, a crederlo ancora.
Ma la pandemia attuale mostra anche un evento drammatico (nel dramma): morire soli, senza neppure i parenti, senza la possibilità della Confessione Sacramentale, senza funerale... E tutto questo a una velocità incredibile dal sorgere dei sintomi alla fine. Solo io ho benedetto più di 100 persone morte così.
E mi chiedo: sono pronto a morire con fede? In “grazia di Dio”?
Questa è la “paura” più sana, non semplicemente paura di morire ma morire senza fede.
Allora la memoria e la preghiera per coloro che muoiono per fede ci invita ad imparare oggi a morire con fede.
Nessuna regola impedisce oggi di uscire di casa per andare a fare la spesa o dal tabaccaio e passare in chiesa ad adorare Gesù Presente e confessarci.
Come richiama s. Ambrogio: “Perché dici che non è ancora il momento? Ogni momento è opportuno per il perdono. Se ti offrissi dell’oro non mi diresti: Verrò domani. Ma lo vorresti subito: nessuno differisce, nessuno adduce scuse. Si promette la redenzione dell’anima e nessuno ha fretta”.
Certo si è diffusa l’idea che ci si può confessare a Dio direttamente e questo vale certamente per chi è in procinto di morte, inchiodato in un letto o isolato in ospedale.
Invece, per tutti coloro che possono, proprio questa situazione è un grande invito da non sprecare. Facile immaginare che, affievolito - non scomparso - il pericolo, rimanderemo ancora.
Come per la persecuzione dei cristiani: se non ci tocca ci si abitua.
Questo rinchiudersi nel privato è esattamente lo scopo della persecuzione diabolica, da sempre -credi quel che vuoi ma non farlo vedere, sii padrone di te stesso, sii solo. Lontano dalla comunione.
Questo rischio mette radici anche da noi, senza spargimento di sangue.
Certo rimane la possibilità che entrando in chiesa non troveremo neppure un prete, come accade a milioni di cristiani che non hanno chiese e preti. Ma da noi è diverso perché i preti ci sono.
E allora? Preghiamo che non tradiscano.
Già: è il mercoledì Santo, è il giorno del tradimento di Giuda, uno dei Suoi.
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ITALIA - Nella festa di San Romero il ricordo di tutti i missionari uccisi per il nome di Cristo
La testimonianza di Stefano, culminata nel martirio, “è fonte di ispirazione per il rinnovamento delle nostre comunità cristiane. Esse sono chiamate a diventare sempre più missionarie, tutte protese all’evangelizzazione” ha detto Papa Francesco all’Angelus della festa di Santo Stefano, il 26 dicembre 2019, invitando “a ricordare tutti i martiri di ieri e di oggi, - oggi sono tanti! - a sentirci in comunione con loro, e a chiedere a loro la grazia di vivere e morire con il nome di Gesù nel cuore e sulle labbra”.
Nel giorno della festa liturgica di San Oscar Arnulfo Romero, l’Arcivescovo di San Salvador assassinato 40 anni fa mentre celebrava la Messa, canonizzato da Papa Francesco il 14 ottobre 2018, le Pontificie Opere Missionarie invitano a ricordare i tanti missionari che nel mondo sono stati uccisi solo perché annunciavano Gesù Cristo (vedi Fides 23/03/2020).
Un ricordo che non vuole essere un arido elenco di nomi, date, luoghi, circostanze più o meno cruente. Intende invece trasmettere l’eredità spirituale di tanti testimoni della fede, le cui vicende umane non trovano certo spazio nei circuiti mediatici internazionali, ma devono essere “fonte di ispirazione per il rinnovamento delle nostre comunità cristiane, chiamate a diventare sempre più missionarie” come chiede Papa Francesco. In questa sorta di prolungato Sabato santo che i cristiani stanno vivendo nel mondo a causa del coronavirus, in cui non sono convocati per le celebrazioni, le chiese sono vuote e silenziose, anche la testimonianza di questi fratelli e sorelle uccisi per aver testimoniato il Vangelo di Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza, può sostenerci ad attendere con fiducia l’alba del nuovo giorno, la Pasqua della Risurrezione che loro già vivono in pienezza.
Annualmente l’Agenzia Fides raccoglie le informazioni relative ai missionari uccisi nel corso dell’anno, usando il termine “missionario” per tutti i battezzati. Di alcuni di loro, come accade di frequente, la Chiesa potrà riconoscere dopo un attento esame il “martirio”, aprendo il cammino per la beatificazione e la canonizzazione.
Secondo i dati raccolti da Fides, nel corso dell’anno 2019 sono stati uccisi nel mondo 29 missionari, per la maggior parte sacerdoti: 18 sacerdoti, 1 diacono permanente, 2 religiosi non sacerdoti, 2 suore, 6 laici. Dopo otto anni consecutivi in cui il numero più elevato di missionari uccisi era stato registrato in America, dal 2018 è l’Africa ad essere al primo posto di questa tragica classifica. In Africa nel 2019 sono stati uccisi 12 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 1 laica (15). In America sono stati uccisi 6 sacerdoti, 1 diacono permanente, 1 religioso, 4 laici (12). In Asia è stata uccisa 1 laica. In Europa è stata uccisa 1 suora.
Nel decennio 1980-1989 hanno perso la vita in modo violento 115 missionari. Tale cifra però è senza dubbio in difetto poiché si riferisce solo ai casi accertati e di cui si è avuta notizia. Il quadro riassuntivo degli anni 1990-2000 presenta un totale di 604 missionari uccisi, considerando che il genocidio del Rwanda (1994) ha provocato almeno 248 vittime tra il personale ecclesiastico. Negli anni 2001-2019 il totale degli operatori pastorali uccisi è di 485. (SL) (Agenzia Fides 24/03/2020)
GABON - Assassinata a Libreville una religiosa che dedicava la sua vita agli anziani abbandonati
Nella notte tra il 19 ed il 20 marzo, è stata aggredita e assassinata nella sua camera, suor Lydie Oyanem Nzoughe che aveva dedicato la sua vita ad accogliere e a prendersi cura degli anziani abbandonati dalle loro famiglie, poveri e senzatetto, nel Centre d’accueil Fraternité Saint Jean a Libreville, che dirigeva. Alcuni oggetti personali e l’automobile della religiosa sarebbero scomparsi. Il malvivente si sarebbe costituito: è una persona che faceva piccoli lavori per la casa.
L’Arcivescovo emerito di Libreville, Mons. Basile Mvé Engone, raccomanda “di pregare per l’anima della nostra sorella Lydie Oyane, in attesa che la polizia giudiziaria comunichi i risultati delle indagini”. Le modalità del funerale non sono ancora state rese note, considerato che anche in Gabon tutte le chiese sono state chiuse in seguito all’emergenza coronavirus, e per i funerali ci si limita alla sola benedizione.
Secondo le informazioni raccolte da Fides nella Chiesa locale, il Centro di accoglienza Fraternité Saint Jean, diretto da suor Lydie, si trova nella Valleé Sainte Marie a Libreville, sotto la Cattedrale di Nostra Signora dell’Assunta, non ha finanziamenti pubblici. Accoglie gli anziani malati e abbandonati, accompagnandoli con amore e dedizione alla fine della loro vita. Suor Lydie, che apparteneva alla congregazione religiosa autoctona della Religieuses de Sainte Marie,era anche stata la fondatrice del Mouvement eucharistique des Jeunes (MEJ Gabon). (SL) (Agenzia Fides 23/03/2020)
NICARAGUA - Il governo proibisce le iniziative di prevenzione medica promosse dal Vescovo di Matagalpa per combattere la pandemia
Il Ministero della Salute ha proibito a Mons. Rolando Álvarez, Vescovo della diocesi di Matagalpa, di realizzare un progetto di prevenzione medica di fronte alla diffusione di covid-19, che sarebbe iniziato questa settimana, come riportato nei suoi messaggi sui social network. Questa iniziativa della diocesi mirava a promuovere campagne di informazione sul coronavirus, consultazioni mediche per telefono e valutazioni in 6 centri medici che sarebbero stati inaugurati nei comuni di Matiguás, Sébaco, Esquipulas, Tuma e nella città di Matagalpa. “Il MINSA (sigla del Ministero della Salute) mi ha appena informato che non posso realizzare il progetto dei Centri di prevenzione medica, nemmeno il call center. Voglio dire pubblicamente che, come diocesi, volevamo solo lavorare per la salute del nostro popolo e non ci è stato permesso”, ha denunciato il Presule sul suo account Twitter.
La denuncia del Vescovo avviene in un momento drammatico per il popolo del Nicaragua, perché è l’unico paese in tutto il continente Americano a non aver preso alcuna misura nazionale contro la pandemia. C’è molta confusione e caos anche a livello politico, dopo che la ministro della sanità è stata congedata per aver convocato una conferenza stampa alla quale non si è poi presentata.
Il direttore esecutivo dell’Alleanza Civica per la Giustizia e la Democrazia, Juan Sebastián Chamorro, ha denunciato che il paese vive una assenza di leadership in un momento cruciale. Secondo la nota pervenuta a Fides, Chamorro ha fatto queste dichiarazioni perché il Presidente Ortega ha annullato ogni presenza pubblica da più di 25 giorni. Dinanzi a questa assenza del capo di stato, i gruppi sociali, gli imprenditori e la Chiesa cattolica si stanno organizzando per aiutare la popolazione.
Una delle iniziative alla quale si erano uniti diversi medici della zona di Matagalpa era quella della diocesi guidata da Mons. Rolando Álvarez. In una conferenza stampa il Vescovo aveva affermato che era prevista l’adozione di una misura preventiva, in considerazione del fatto che “il governo nicaraguense non ha adottato misure restrittive, raccomandate dall’OMS, per prevenire il contagio”.
A questo proposito, Mons. Álvarez aveva affermato che la MINSA, Ministero della Salute, ha notificato l’esistenza di cinque casi positivi in tutta la nazione. Da questa cifra, aveva affermato il Presule, gli esperti stimano che nei prossimi giorni ci potrebbe essere un aumento del numero di persone infette corrispondere al 30 per cento della popolazione, di cui il 10 per cento richiederebbe cure mediche, e il 4 per cento sarà in condizioni critiche.
Se i pazienti critici fossero ricoverati in terapia intensiva, potrebbero verificarsi tre scenari, aveva osservato. Primo: il 12 per cento a rischio di morte se tutti accedessero alla terapia intensiva; il secondo scenario prevede un rischio di morte del 50 per cento se solo la metà riesce ad accedere alla terapia intensiva; il terzo scenario prevede un terribile rischio di morte del 90 per cento dei pazienti, se solo il 10 per cento di tutti i pazienti in condizioni critiche dovesse entrare. Per questo motivo, il Vescovo aveva espresso la sua preoccupazione e ritenuto importante avviare queste iniziative per adottare misure drastiche volte ad “abbassare la curva di contagio ed evitare il collasso del sistema sanitario” raggiungendo tutti i livelli sociali di Matagalpa.
(CE) (Agenzia Fides, 07/04/2020)
ITALIA - Padre Gigi Maccalli: sapere che è vivo è un messaggio di speranza per la Santa Pasqua
Roma (Agenzia Fides) – La Settimana Santa inizia con una notizia che tutti si aspettano da quasi 18 mesi. Da un breve video reso noto in queste ore risulta che padre Perluigi Maccalli, sacerdote della Società per le Missioni Africane (SMA) sequestrato in Niger, è vivo. Il missionario, rapito nel settembre 2018 nella missione di Bomoanga, a circa 150 chilometri dalla capitale del Niger, Niamey, si troverebbe in Mali ancora in mano ai rapitori. “La notizia ci riempie di gioia e di speranza. Tuttavia dobbiamo rimanere tutti molto cauti e attenti. E’ una informazione che va trattata con estrema delicatezza” afferma il Superiore Generale della SMA, padre Antonio Porcellato, raggiunto al telefono dall’Agenzia Fides. “In questo momento di emergenza sanitaria globale continuiamo a mantenere salda la nostra fede, continuiamo a pregare e ad aspettare, con l’auspicio che questa Santa Pasqua ci porti come dono immenso la liberazione di padre Maccalli”.
(AP/AP) (Agenzia Fides 6/4/2020)