2018 08 01 MEMORIA - Due anni fa moriva Padre Hamel: martire della Chiesa di oggi
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
COLOMBIA - Ancora un sacerdote assassinato a Medellín
Mercoledì 25, nelle ore serali, il sacerdote John Fredy Garcia Jaramillo, 50 anni, è stato trovato morto nella sua casa nel quartiere di Betlemme Los Almendros, nella zona sud-ovest di Medellin. Il corpo del sacerdote presentava ferite da arma da taglio. Secondo le notizie pervenute all’Agenzia Fides una prima ipotesi della polizia ritiene che la sua morte sia il risultato di un tentativo di rapina. “Finora quello che dicono è che è stato un furto” ha commentato una parente del sacerdote, “perché hanno frugato nell’appartamento e la cassaforte era aperta”.
Don García Jaramillo apparteneva alla diocesi di Apartadó, ma lavorava come insegnante presso la scuola “San Ignacio de Loyola” di Medellín. Il sacerdote era conosciuto per il suo lavoro sociale nella comunità, dove stava portando avanti diversi progetti sociali nella regione delle banane. Per il momento non si conoscono altri dettagli dell’omicidio, ma si registra che la violenza nella zona è aumentata in modo considerevole, solo la settimana scorsa sono stati uccisi per rapina anche degli autisti di autobus.
(CE) (Agenzia Fides, 27/07/2018)
Chiesa cattolica perseguitata in Nicaragua
NICARAGUA - Managua, sabato 28 luglio in piazza in difesa della Chiesa perseguitata
A migliaia sono scesi in piazza, per stringersi attorno alla Chiesa cattolica perseguitata. Succede in Nicaragua, dove il governo sandinista di Daniel Ortega, icona della sinistra rivoluzionaria, si è ben presto trasformato in un regime repressivo. E, soprattutto da questo mese, sta prendendo di mira proprio la Chiesa, accusata di collaborare con l’opposizione.
(…) Alla marcia dei cattolici hanno partecipato cristiani di altre confessioni e non credenti. Tutta l’opposizione si è riunita in difesa di una Chiesa che non chiede altro che dialogo. Perché questo è stato il suo ruolo, dall’inizio delle proteste contro Ortega in aprile: mediare, ospitare i manifestanti che fuggono dalle violenze dei paramilitari e occuparsi dei feriti. “I nostri templi saranno sempre aperti a tutti coloro che ne hanno bisogno”, ha dichiarato ieri monsignor Carlos Aviles, membro della commissione per il dialogo nazionale. “Esiste una aperta persecuzione della Chiesa – ha confermato monsignor Aviles. Il presidente Ortega - ha detto che i vescovi sono i leader del golpe e che chiunque sostenga i dimostranti è un terrorista. Quindi siamo tutti terroristi perché abbiamo aperto le porte alle persone che corrono e fuggono e che sono ferite”.
Le intimidazioni contro la Chiesa sono sempre più numerose. Anche sabato, il cardinale Leopoldo Brenes, assieme al vescovo ausiliare Silvio José Baez, sono stati nuovamente aggrediti dai paramilitari a Diriamba, nella chiesa di San Sebastian. I due prelati hanno subito due aggressioni in meno di un mese, sempre a Diriamba: la prima volta era accaduto il 9 luglio ed era rimasto vittima anche il nunzio apostolico in Nicaragua. Anche questa volta, sabato, si è trattato di qualcosa di più di una semplice intimidazione: spinte, graffi, pugni, accuse urlate in faccia, “assassini”, “traditori”.
30-07-2018 Stefano Magni LNBQ
NICARAGUA - Lettera dei Vescovi al Presidente: ci dica per scritto se vuole che continuiamo la mediazione
I Vescovi della Conferenza Episcopale del Nicaragua (CEN) hanno deciso di chiedere per scritto al Presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, se desidera che siano ancora mediatori e testimoni del Dialogo nazionale: lo ha confermato a una fonte di Fides, Mons. Carlos Herrera, Vescovo di Jinotega. “È stato deciso di mandare una lettera per essere corretti, e sapere se vuole davvero che continuiamo come mediatori e testimoni” ha detto il Presule. I Vescovi si erano riuniti lunedì scorso, 23 luglio (vedi Fides 24/07/2018), per decidere quali azioni intraprendere dopo essere stati accusati pubblicamente dal presidente Ortega di essere “golpisti”, durante le celebrazioni del 19 luglio (vedi Fides 21/07/2018).
Un secondo incontro dei Vescovi si è svolto ieri, per analizzare la terribile situazione che vive il Paese a 100 giorni dall’inizio di questa fase cruenta che ha lasciato oltre 350 morti. “E’ stato deciso alla riunione che la lettera sarebbe stata inviata il più presto possibile. A seconda della risposta, verrà considerato se continuare o meno e valuteremo anche la (ri)convocazione del dialogo” ha sottolineato Mons. Herrera. Il Vescovo di Jinotega ha sottolineato: “quello che abbiamo fatto è essere testimoni del dialogo, in questi giorni sapremo se continueremo” ha concluso, ricordando che lunedì prossimo, 30 luglio, la CEN si riunirà a Managua.
Nel frattempo la tensione continua a crescere, sia a livello interno che internazionale. All’interno del paese, lunedì 23 si è svolta una marcia degli autoconvocati, dove per la prima volta da quando è iniziata la crisi, sono scesi in strada tutti gli studenti che si erano nascosti dopo essere stati minacciati e perseguitati. Tanti erano gli studenti della scuola secondaria e media, tanti gli universitari, tanti gli abbracci e i pianti fra i giovani che, dopo i primi incontri davanti alla UNAM dove ebbe inizio tutto, non si erano più incontrati perché nascosti o detenuti in caserma. Questa volta comunque erano molti di più, per far sentire la loro voce a tutto il paese e a tutto il mondo. “Siamo studenti, non delinquenti”: con questo slogan hanno invaso le strade prima di essere dispersi dalla polizia con metodi violenti. Da questa marcia la popolazione e la stampa hanno capito che questa volta, come era scritto in uno dei grandi manifesti, “non si torna indietro”.
Il secondo evento è l’intervista concessa dallo stesso Presidente Ortega alla FOX TV degli Stati Uniti, dove afferma che “in Nicaragua non è successo niente una settimana fa”. L’esercito paramilitare che ha represso nel sangue la popolazione disarmata ha solo risposto “alle forze politiche” dell’opposizione, non c’è “un solo sacerdote che può dire di essere stato attaccato dal governo”, né “mai nessuno” è morto in nessuna chiesa.
A queste dichiarazioni ha risposto ieri, giovedì 26 luglio, lo stesso Vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, che ha accusato Ortega. “In Nicaragua il governo del presidente Ortega sta praticamente combattendo una guerra contro la Chiesa cattolica” ha detto Pence durante una cerimonia al Dipartimento di Stato, che ha ospitato un vertice sulla libertà religiosa con la partecipazione di oltre 80 rappresentanti dei Governi di tutto il mondo. (CE) (Agenzia Fides, 27/07/2018)
NICARAGUA - Vicario di Managua: da Ortega bugie sulla situazione del Paese
Sono bugie, dichiarazioni che non corrispondono alla verità quelle rilasciate dal presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, durante l’intervista concessa nei giorni scorsi all’emittente “Fox News”. E’ quanto sottolinea a Vatican News mons. Carlos Avilés Cantón, vicario generale dell’arcidiocesi di Managua e consigliere della Commissione per il dialogo nazionale. Durante l’intervista, il capo di Stato nicaraguense ha respinto la richiesta di elezioni anticipate e ha affermato che questa settimana è stata tranquilla. Ha anche detto che nel Paese non si sono verificati attacchi contro le chiese e il clero. Il presidente del Nicaragua ha poi dichiarato che i vescovi sono “cospiratori” e “golpisti”. Ma lo scenario descritto dal capo di Stato nicaraguense - osserva mons. Carlos Avilés Cantón - non è quello reale. In Nicaragua, dove dallo scoppio delle proteste ad aprile sono morte almeno 360 persone, il popolo continua a soffrire. (…)
La Chiesa accanto a chi soffre
Anche le chiese - aggiunge il vicario generale dell’arcidiocesi di Managua - sono sotto attacco: sei sacerdoti dell’arcidiocesi di Managua sono stati minacciati di morte. Nella parrocchia di Maria Maddalena nel quartiere di Monimbó, a Managua, uomini armati hanno sparato e distrutto delle vetrate. Gruppi paramilitari hanno attaccato anche la chiesa di Santiago apostolo a Jinotepe e quella della Divina Misericordia a Managua. E’ stata poi attaccata una chiesa nella città di Diriamba. Nella capitale la cattedrale è sotto assedio. Siamo diventati dei bersagli - osserva mons. Carlos Avilés Cantón - perché abbiamo aperto le chiese per proteggere fedeli che fuggono e soffrono. E’ un terrorista - ha detto Ortega - chi aiuta quanti protestano e chi soccorre le persone ferite. Allora - sottolinea il vicario generale dell’arcidiocesi di Managua - siamo tutti terroristi.
Appello alla comunità internazionale
Mons. Carlos Avilés Cantón lancia infine un accorato appello: la comunità internazionale appoggi il popolo del Nicaragua. Questa non è una guerra tra due bande armate. Quella scoppiata ad aprile è una protesta pacifica repressa nel sangue e nell’impunità. Siamo frustrati e terrorizzati. La comunità internazionale - conclude - faccia pressione sul governo del Nicaragua per una vera democratizzazione del Paese.
Card. Brenes: non cedere a provocazioni, rispondendo al male
Non cedere alle provocazioni, ma lavorare ancora per il dialogo e la pace in Nicaragua. Lo ha ribadito ieri il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, durante una Messa a Jinotepe, la cui parrocchia il 9 luglio è stata appunto distrutta dalle forze paramilitari che sostengono il governo. Il porporato ha ricordato “gli atti irrispettosi compiuti nei giorni scorsi dai sostenitori del governo” e chiesto ai fedeli “di non cedere alle provocazioni, di non rispondere al male”. L’odio e la violenza, ha concluso, “possono essere superati solo con l’amore che Cristo ci dà”.
RV 26 07 Patricia Ynestroza e Amedeo Lomonaco
MEMORIA
Due anni fa moriva Padre Hamel: martire della Chiesa di oggi
Sgozzato mentre celebrava il sacrificio della Croce di Cristo. Con le parole di Papa Francesco ricordiamo padre Jacques Hamel a due anni dalla sua tragica morte. Il suo esempio come quello di tanti altri martiri cristiani nel mondo
Brutalmente assassinato da due ragazzi affiliati al sedicente Stato Islamico mentre celebrava la Messa nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray a Rouen nel nord della Francia. Così due anni fa moriva padre Jacques Hamel “uomo mite, buono, che faceva fratellanza”, come disse nella Messa di suffragio, Papa Francesco, il 14 settembre del 2016 a Casa Santa Marta, davanti ai familiari del sacerdote 86enne e ai pellegrini giunti dalla Normandia insieme al vescovo di Rouen mons. Dominique Lebrun.
Sgozzato sulla Croce
Un “martire” cristiano tra i tanti della Chiesa di oggi “che sono assassinati, torturati, carcerati, sgozzati perché non rinnegano Gesù Cristo”: “una catena”, la definì due anni fa il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta, che giunge fino a padre Jacques il cui cammino di beatificazione prosegue dal 13 aprile del 2017 grazie alla dispensa papale dei cinque anni necessari per aprire il processo. Postulatore della causa è padre Paul Vigouroux e - ha riferito mons. Lebrun stamane - sono state trovate centinaia e centinaia di omelie scritte da padre Hamel, “brevi, ordinate, che spiegavano semplicemente il Vangelo, instancabilmente”.
Martirio è testimonianza, non fa paura
“L’odio non ha trionfato e non trionferà”: è quanto afferma ricordando la morte di Jacques Hamel, padre Rebwar Audish Basa caldeo, testimone dell’assassinio di tanti sacerdoti come lui nel martoriato Iraq.(Ascolta l’intervista a padre Basa sui martiri crisiani) “Da loro ho imparato che l’amore vince, noi siamo per la vita e non per la morte. Martiri sono persone oneste che camminano sulla via del Signore pronti a dare la vita per il fratello”. Commentando poi la parola “martirio” e ricordandone l’originario significato di “testimonianza”, padre Basa fa notare che sono tanti i cristiani che perdono la loro vita ogni giorno, spesso nel silenzio e nell’indifferenza internazionale. Succede in Iraq, in Pakistan, nelle Filippine, in Africa: per la minoranza irachena per esempio - dice - è “grazie alla solidarietà del Papa che abbiamo potuto resistere, non ce l’avremmo fatta altrimenti”.
L’ideologia dell’odio
Padre Jacques morì accusando l’autore delle persecuzioni: “Vattene Satana” e durante la Messa di suffragio del 2016 Francesco parlò di “crudeltà satanica che chiede l’apostasia”, auspicando che tutte le confessioni dicessero che “uccidere in nome di Dio è satanico”. Ha tanti nomi, ma “l’aggressore è unico”: anche padre Basa torna su questo concetto, per ribadire che è l’ideologia dell’odio, la non accettazione dell’altro la causa delle persecuzioni. I nomi possono essere Isis o Boko Haram, ma il denominatore è comune. Il sacerdote iracheno mette poi in guardia, riprendendo anche le parole di Francesco, da quanti usano la religione e il nome di Dio per portare avanti progetti personali, giochi di corruzione, piani politici e ribadisce quanto sia importante lottare per il rispetto dei diritti umani anche dei musulmani stessi. RV 26 07 Gabriella Ceraso