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2017 07 26 Isis e curdi hanno in comune l’eliminazione della presenza cristiana

IRAQ – Piana di Ninive: per i Curdi è meglio che i cristiani non tornino SIRIA – Professore cristiano ucciso a Hassakè, città controllata dalle milizie curde EGITTO – Copto muore arrestato dalla polizia. Parenti: è stato torturato a morte CENTRAFRICA – Metà della popolazione di Bangassou è fuggita; attaccata la Cattedrale Pakistan – «Schiavo» cristiano ucciso dal padrone musulmano

Nell’Agosto del 2014 120.000 cristiani hanno avuto poche ore per scappare dalla Piana di Ninive. L’arrivo degli jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) ha portato all’occupazione delle case e alla distruzione dei luoghi di culto e dei simboli religiosi cristiani.
Le loro case furono contrassegnate con una “n” (in arabo per indicare i Nazareni, cristiani) perché potevano essere occupate.
Ora la Piana è stata liberata. Pochi cristiani tornati perché la regione è sempre più “area contesa” nel mirino degli indipendentisti curdi.
Isis e curdi hanno in comune l’eliminazione della presenza cristiana.

IRAQ – Rimosso il sindaco cristiano di Alqosh. La Piana di Ninive sempre più “area contesa” nel mirino degli indipendentisti curdi
Con una inusuale procedura d’urgenza, il Consiglio della Provincia irachena di Ninive ha rimosso il sindaco di Alqosh, cittadina della Piana di Ninive storicamente abitata dai cristiani, e lo ha sostituito con un dirigente politico locale vicino al Partito Democratico del Kurdistan (PDK). La rimozione è stata disposta da Bashar al Kiki, a capo del Consiglio provinciale di Ninive, anche lui membro del PDK. La notizia ha suscitato preoccupazione e reazioni negative tra le comunità cristiane autoctone e tra gli abitanti cristiani di Alqosh, in buona parte ancora lontani dalle proprie case e ospitati come rifugiati nel Kurdistan e in altre aree mediorientali, dopo essere stati costretti a fuggire nell’agosto 2014 davanti all’avanzata delle milizie jihadiste dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh). I non molti cristiani già tornati ad Alqosh hanno anche protestato pubblicamente contro una decisione che diversi osservatori interpretano come una conferma dei disegni coltivati sulla Piana di Ninive e su tutta la Provincia omonima dal governo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno, quello che ha indetto per il prossimo 25 settembre un referendum indipendentista con l’intento di proclamare la secessione unilaterale dall’Iraq. Politici cristiani iracheni, come il parlamentare Yonadam Kanna, Segretario generale del Movimento democratico assiro, in recenti interviste hanno denunciato pressioni e operazioni politiche di forze regionali sulle minoranze locali – compresi i cristiani – per spingere anche le popolazioni della Piana di Ninive a sostenere la futura indipendenza del Kurdistan iracheno. La prospettiva indipendentista del Kurdistan viene respinta dal governo centrale di Baghdad, ma intanto Falah Mustafa Bakir, il capo del Dipartimento per le Relazioni Estere del Governo Regionale del Kurdistan, si è appena recato in visita a Washington per spiegare ai suoi omologhi statunite nsi che “un Kurdistan indipendente è una soluzione, e non un problema”. (GV) (Agenzia Fides 19/7/2017).

IRAQ – Cittadini del villaggio cristiano di Alqosh protestano contro la rimozione del sindaco
Centinaia di cittadini di Alqosh, cittadina a maggioranza cristiana della Piana di Ninive, hanno partecipato al corteo di protesta che giovedì 20 luglio, ha attraversato le vie centrali del centro abitato per manifestare il proprio dissenso contro la repentina rimozione del sindaco locale, disposta nei giorni scorsi dal Consiglio della Provincia di Ninive. La manifestazione è stata indetta congiuntamente dai militanti del Partito Comunista iracheno e dal leader locale del partito Zowaa (Assyrian Democratic Movement). La folla di manifestanti, come mostrano le foto diffuse da ankawa.com, ha gridato slogan di protesta, portando con se bandiere dell’Iraq e striscioni con scritte in arabo e inglese. Una delegazione dei manifestanti ha avuto un incontro con il presidente del locale consiglio comunale, il quale ha riferito che all’origine della rimozione del sindaco e di altri membri dello stesso Consiglio ci sarebbero accuse di corruzione. I critici della misura di rimozione ritengono che tali accuse siano strumentali, e molti di loro (vedi Fides 19/7/2017) vedono dietro la disposizione presa dal Consiglio provinciale di Ninive un disegno per rafforzare nell’area il peso politico delle forze filo-curde, anche in vista del referendum indetto per il prossimo 25 settembre dal governo della Regione autonoma del Kurdistan iracheno per proclamare la propria indipendenza dal governo centrale di Baghdad.
Gli abitanti cristiani di Alqosh, in buona parte, sono ancora lontani dalle proprie case e ospitati come rifugiati nel Kurdistan e in altre aree mediorientali, dopo essere stati costretti a fuggire nell’agosto 2014 davanti all’avanzata delle milizie jihadiste dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh). (GV) (Agenzia Fides 20/7/2017).

IRAQ – Patriarcato caldeo: c’è chi vuole mettere le mani sulla Piana di Ninive
C’è un “tentativo di mettere le mani sulle città della Piana di Ninive, attraverso lotte pubbliche o manovre occulte”, che “esercitano effetti negativi per le popolazioni autoctone di questa terra”. Così, con parole decise, il Patriarcato di Babilonia dei caldei interviene sulle vicende che negli ultimi mesi vanno sempre più delineando la Piana di Ninive come una sorta di “area contesa”, intorno a cui si giocano anche partite di carattere geopolitico, come quella della possibile, futura proclamazione d’indipendenza della Regione autonoma del Kurdistan iracheno. Già adesso – riferisce il Patriarcato caldeo, in un comunicato diffuso dai propri canali ufficiali – si assiste ad una forma strisciante di “Controllo/Invasione” che “sta cancellando i legittimi diritti dei nativi, e li spinge a emigrare o a escludere l’idea di far ritorno alle loro case”. Nonostante i rassicuranti discorsi ripetuti dai rappresentanti politici sul rispetto dei diritti di autodeterminazione dei cristiani – rimarca il comunicato patriarcale, pervenuto anche all’Agenzia Fides –, le prassi messe in atto sul campo appaiono “esasperanti e inquietanti”. Vengono prese decisioni vincolanti sulla testa delle popolazioni locali, mentre l’unico modo giusto di procedere è quello di “ascoltare la voce delle persone indigene, rispettare il loro diritto di scegliere la persona giusta per il posto giusto al momento giusto”.
Il Patriarcato caldeo invita politici e funzionari a prendere decisioni solo dopo aver ascoltato le popolazioni locali di ogni città della Piana di Ninive, e a affrontare la ricostruzione attesa dopo la cacciata dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) coinvolgendo i saggi rappresentanti di quelle città, per prendere decisioni appropriate, comprese quelle da assumere per cambiare amministrazioni locali o per delineare “una mappa futura specifica per la regione”, in una fase in cui molte circostanze appaiono confuse e indecifrabili. Nel contempo, il Patriarcato caldeo definisce come inappropriate anche molte prese di posizione espresse da cristiani che non vivono nella regione, e dall’esterno, con le loro interferenze, finiscono per aumentare solo la confusione e la conflittualità etnico-religiosa.
Il comunicato del Patriarcato caldeo non fa riferimento a vicende specifiche, ma appaiono evidenti le allusioni al caso di Alqosh (vedi Fides 19 e 20/7/2017), la cittadina della Piana di Ninive storicamente abitata dai cristiani. (Agenzia Fides 21/7/2017).

Ma i cristiani, pochi, ci sono:

IRAQ – Quindici statue della Madonna di Lourdes ricollocate nei villaggi della Piana di Ninive al posto di quelle distrutte dai jihadisti
Nei giorni dal 20 al 25 luglio, in molti villaggi e cittadine della Piana di Ninive, un tempo abitati in maggioranza da cristiani, 15 statue della Vergine di Lourdes vengono reinstallate al posto di quelle rimosse e distrutte dalla furia iconoclasta dei jihadisti durante i tre anni in cui quell’area ha subito il dominio dell’autoproclamato Stato Islamico (Daesh). A Qaraqosh, Telkaif, Alqosh, Karamles e in altre località della Piana di Ninive, la ricollocazione delle statue è stata vissuta dai cristiani presenti come un segno confortante del possibile, graduale ritorno alla normalità, scandita anche dalle preghiere recitate e sussurrate davanti alle statue della Vergine Maria. L’iniziativa è stata resa possibile grazie all’intervento dell’associazione cattolica francese L’Oeuvre d’Orient, dopo che padre Pascal Gollnish, direttore generale dell’associazione, durante un viaggio nella regione, aveva potuto constatare il gran numero di croci divelte e di statue di Maria e di Gesù profanate e distrutte in quei paesi durante i tre anni di dominio jihadista. Già lo scorso marzo – riportano i media ufficiali de L’Oeuvre d’Orient – quindici riproduzioni della statua della Vergine di Lourdes, benedette dal Vescovo Nicolas Brouwet, sono state caricate su un camion e da Lourdes hanno preso la volta della Piana di Ninive. Le cerimonie di ricollocazione delle statue, presso parrocchie, santuari e aree comuni cittadine, vedono la partecipazione di Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, molti dai quali sono appena tornati nelle loro città d’origine dopo aver trascorso tre anni nella condizione di sfollati e rifugiati. Adesso – si legge nei comunicati diffusi da L’Oeuvre d’Orient – i cristiani di quelle città e di quei villaggi “potranno di nuovo pregare davanti alla Madonna di Lourdes, che li ha sostenuti durante il loro esilio” (GV) (Agenzia Fides 24/7/2017).

La stessa politica adottata nella Piana di Ninive dai Curdi?

SIRIA – Professore cristiano ucciso a Hassakè, città siriana controllata dalle milizie curde del PYD
Il corpo senza vita di Basil Isaac, professore cristiano originario della valle del Khabur, ucciso con una pallottola alla testa, è stato trovato in un villaggio otto chilometri a est della città siriana di Hassakè, nella giornata di venerdì 21 luglio. La vicenda sta suscitando dolore e preoccupazione tra le comunità locali, anche in virtù del fatto che la regione appare attualmente sotto il controllo delle milizie legate al Partito Democratico Curdo (PYD), braccio siriano del Partiya Karkeren Kurdistan (PKK). Gli autori e le ragioni dell’omicidio rimangono al momento ignoti, e anche la pista del possibile rapimento a scopo di estorsione finito male non trova al momento alcun riscontro, visto che per Basil Isaac, scomparso misteriosamente tre giorni prima del ritrovamento del suo cadavere, non era stato chiesto alcun tipo di riscatto da parte di nessuno. La vittima, esperto di agronomia e decano del locale collegio di agraria, era molto conosciuto nell’area per la sua attività accademica e educativa. Alcuni giorni fa l’Arcivescovo Jacques Behnan Hindo. alla guida dell’Arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi, aveva descritto all’Agenzia Fides le operazioni messe in atto dai militanti del PYD per realizzare nei fatti il loro intento – coltivato da anni – di creare una regione autonoma curda nella regione siriana di Jazira, che nei media curdi già viene indicata col nome curdo di Rojava. Nella provincia siriana nord-orientale di Hassakè, l’auto-proclamata amministrazione autonoma di Rojava ha iniziato a implementare un sistema si tassazione locale per sovvenzionare i pubblici servizi della regione e per migliorare anche i livelli di sicurezza e di controllo dell’ordine pubblico. (GV) (Agenzia Fides 24/7/2017)

AFRICA

EGITTO – Copto muore mentre è detenuto in un posto di polizia. Parenti e amici: è stato torturato a morte
Centinaia di egiziani, in gran parte appartenenti alla comunità copta, si sono radunati spontaneamente davanti alla stazione di polizia del distretto cairota di Manshiet Nasser per manifestare la propria rabbia, dopo che si è sparsa la notizia dell’uccisione di un copto lì detenuto.
Il copto ucciso si chiamava Jamal Kamal Aweidah, aveva più di 40 anni, lavorava nel campo della concessione delle patenti per condurre autoveicoli ed era stato arrestato mercoledì 19 luglio dalla polizia, dopo essere stato denunciato per un caso di frode e corruzione legato al suo mestiere. Il fratello si era subito recato nel posto di detenzione per incontrarlo, ma non gli era stato reso possibile di vedere il congiunto. Dieci ore dopo l’arresto, è stata diffusa la notizia della morte di Jamal. I funzionari della stazione di polizia hanno provato a far passare la morte come un caso di suicidio, ma per loro è subito scattata l’accusa – sostenuta dai familiari di Jamal – di aver torturato il detenuto fino a provocarne la morte. Le autorità giudiziarie hanno disposto l’autopsia del corpo del deceduto. Prima di questa vicenda, già lo scorso dicembre alcuni agenti di polizia erano stati rinviati a giudizio con l’accusa di aver torturato a morte il copto cattolico Magdy McCain.
(GV) (Agenzia Fides 21/7/2017).

CENTRAFRICA – “Metà della popolazione di Bangassou è fuggita” riferisce il Vescovo; attaccata la Cattedrale dove erano stati accolti 2000 musulmani
“La metà della popolazione di Bangassou è fuggita, rifugiandosi nella vicina Repubblica Democratica del Congo. Gli scontri continuano da giorni” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Juan José Aguirre Muños, Vescovo di Bangassou, nel sud della Repubblica Centrafricana. La città da mesi è al centro di assalti da parte dei cosiddetti anti Balaka che prendono di mira la componente musulmana della sua popolazione.
“Duemila musulmani sono accolti nel recinto della Cattedrale difesi dai militari marocchini della MINUSCA (Missione ONU in Centrafrica)” dice Mons. Aguirre. “Ma gli anti Balaka imperversano a Bangassou, colpendo i musulmani in tutti i modi, cercando di ucciderli, di impedire loro di approvvigionarsi di cibo, acqua e legna per cucinare. Gli scontri sono continui e provocano morti da una parte e dell’altra”.
“Questa mattina (24 luglio, ndr.) due anti balaka hanno tentato di entrare nel campo di rifugiati ma sono stati respinti dalla MINUSCA ed uno di loro è stato ucciso” riferisce Mons. Aguirre. Lo scorso fine settimane si sono avuti scontri e episodi gravissimi di violenza, che hanno portato alla morte anche di un Casco Blu marocchino.
“Tutto è iniziato venerdì 21 luglio, quando gli anti balaka hanno rapito una giovane musulmana incinta” dice Mons. Aguirre . “In risposta al rapimento, una quindicina di giovani musulmani estremisti hanno sequestrato due operatori umanitari della Caritas con le loro famiglie, circa una trentina di persone. La MONUSCA ha reagito liberando queste persone. Il gruppo ha replicato attaccando la Cattedrale, che ha subito gravi danni materiali, cercando di darle fuoco. Per fortuna non ci sono riusciti”.

“La MINUSCA cerca di controllare la situazione mandando pattuglie nelle strade che sparano colpi d’avvertimento in aria che però provocano il panico tra la popolazione; alcune persone sono morte d’infarto, mentre altre sono rimaste ferite dai colpi vaganti” riferisce il Vescovo. LA MINUSCA in un comunicato ha affermato d’impegnarsi per catturare questo gruppo di giovani radicali che sta mettendo in pericolo il resto della comunità musulmana. (L.M.) (Agenzia Fides 24/7/2017)

Dove la chiesa è riferimento di popolo accadono gesti clamorosi:

CONGO RD – Beni: tre giorni di “città morta” per chiedere la liberazione dei due preti rapiti
Tre giorni di “città morta” per esigere la liberazione immediata dei due sacerdoti rapiti domenica 16 luglio. Lo ha decretato ieri, 20 luglio, la società civile di Beni nella Provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. I due sacerdoti, don Pierre Akilimali e don Charles Kipasa sono stati prelevati da sconosciuti nella parrocchia di Notre-Dame des Anges di Bunyuka, nel territorio di Bashu nella diocesi di Beni-Butembo nella notte tra domenica 16 luglio e lunedì 17 (vedi Fides 18/7/2017).
L’appello alla mobilitazione popolare è stato ben accolto. Da ieri mattina, sono bloccate le attività economiche nelle località di Vuhovi, Kyondo, Bunyuka, Butungera et Bulambo, “Chiediamo la liberazione immediata e senza condizioni dei nostri due preti della parrocchia di Bunyuka” ha dichiarato Moïse Paluku, vice presidente della società civile di Beni. “Ma vogliamo pure denunciare l’insicurezza nell’area di Bashu soprattutto la ricomparsa delle incursioni notturne, contraddistinte da aggressioni all’arma bianca e da fuoco, con omicidi, rapimenti, furti e violenze sessuali”.
Secondo quanto riporta Radio Okapi, che ha contattato la diocesi di Butembo-Beni, non vi sono notizie sulla sorte dei due sacerdoti. (L.M.) (Agenzia Fides 21/7/2017)

CONGO RD – Ritiro dei Caschi Blu da Walikale: la popolazione teme un’ondata di violenze e si prepara alla fuga
Popolazione in allarme nel Territorio di Walikale, nella provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dopo l’annuncio della chiusura di 5 basi dei Caschi Blu della MONUSCO (Missione ONU nella RDC).
Secondo il responsabile di Radio 7sur7.cd, una radio comunitaria della zona, continuano ad arrivare all’emittente messaggi preoccupati degli abitanti. La popolazione si prepara ad abbandonare il Territorio per il timore che, con l’allontanamento dei Caschi Blu, si verifichi una recrudescenza delle violenze commesse dai diversi gruppi armati attivi nell’area. Alcuni abitanti hanno creato delle barriere stradali per impedire il passaggio dei Caschi Blu, ma secondo Radio 7sur7.cd si nota un progressivo ritiro delle truppe ONU dal Territorio
Il 19 luglio un comunicato della MONUSCO ha annunciato la chiusura entro il 31 luglio di cinque basi dei Caschi Blu nei Territori di Walikale, Masisi e Lubero. Si tratta delle basi di Walikale-centro e di Bunyapuri (Territorio di Walikale), di Masisi-centro e di Nyabiondo (Territorio di Masisi) e quella di Luofu (Territorio di Lubero).
Nei giorni scorsi 23 associazioni della società civile operanti a Walikale avevano inviato una lettera al rappresentante del Segretario Generale dell’ONU nella RDC per chiedere di riconsiderare il ritiro dei Caschi Blu dal Territorio.
La chiusura delle basi rientra nell’ambito della riduzione da 19.815 militari a 16.215 della forza della MONUSCO decisa dalla Risoluzione 2348 approvata il 31 marzo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. (L.M.) (Agenzia Fides 22/7/2017)

PAKISTAN: terra di martiri quotidiani

Pakistan – «Schiavo» cristiano ucciso dal padrone musulmano
Lavorava senza alcuna tutela per estinguere un debito contratto dalla sua famiglia. La polizia non ha ancora accolto le denunce dei familiari
Lavorava al servizio del suo padrone per ripagare un debito di 350mila rupie (2900 euro) contratto dalla sua famiglia. Javed Masih, un cristiano di 32 anni è morto a causa delle ferite inferte dal suo datore di lavoro musulmano, Bilal Wahla. L’uomo risiedeva a Kamalpur in Sargodha Road, quartiere di Faisalabad (Pakistan).
Secondo gli accordi, Javed avrebbe dovuto spazzare la residenza del suo padrone ed occuparsi del bestiame fino all’estinzione del debito. In realtà avrebbe dovuto lavorare 24 ore mensili, ma di fatto era considerato e trattato come uno schiavo. Lo scorso 20 giugno alcuni ignoti criminali hanno rubato una motocicletta dalla tenuta privata di Wahla. Quest’ultimo ha dato subito la colpa al suo dipendente, iniziando a torturarlo in maniera crudele e assegnandogli sempre nuove mansioni.
Il 18 luglio scorso, dopo aver portato a termine gli incarichi giornalieri, Javed ha chiesto un’ora di permesso per poter incontrare alcuni amici. Rientrato dopo due ore, ha trovato ad attenderlo il padrone furibondo, che lo ha colpito a bastonate senza sentire giustificazioni fino a lasciare il cristiano in fin di vita. Il giorno seguente Javed è stato trasportato all’Allied Hospital di Faisalabad, dove i medici hanno dichiarato il decesso.

Come riportato da Asia News, il fratello maggiore di Javed ha provato a sporgere denuncia, ma la polizia si è rifiutata di ascoltarlo. Per evitare che la sua famiglia denunciasse l’accaduto, i possidenti locali hanno tentato di corrompere la famiglia della vittima, poi a insabbiare l’omicidio.
(Redazione Internet lunedì 24 luglio 2017 Avvenire)

Pakistan – giovane cristiano accusato di blasfemia nel Punjab

Ancora un cristiano accusato di blasfemia in Pakistan. E’ accaduto nel Punjab, dove la polizia di Dinga, nel distretto di Gujrat, ha arrestato un giovane, Shahzad Masih, accusato di aver offeso Maometto.
Secondo fonti locali, l’accusatore è membro del “Movimento per la difesa dell’onore del profeta”, una coalizione di 42 gruppi religiosi e partiti politici estremisti, che ha anche rappresentanti in parlamento.
I genitori del ragazzo – riporta Asianews – raccontano che il giovane, che lavora come addetto alle pulizie allo Shamin Riaz Hospital di Gujirat, lo scorso mese aveva avuto un diverbio a sfondo religioso con il suo accusatore. Un secondo episodio di tensione tra i due si sarebbe verificato lo scorso 13 luglio, quando Qadri avrebbe tentato di provocare nuovamente la reazione del ragazzo che – secondo l’accusa – avrebbe risposto insultando Maometto.
Secondo le fonti, dopo quest’episodio, lo stesso Qadri, probabilmente con l’aiuto di altri, avrebbe trasportato il giovane in una scuola islamica di Gujirat, dove lo avrebbero picchiato e costretto ad ammettere di aver commesso blasfemia. Infine, sarebbero stati gli stessi membri del “Movimento per la difesa dell’onore del profeta” a consegnarlo alla polizia di Dinga, che ora lo tiene in arresto.
La madre del giovane cristiano si è detta sicura che le accuse contro suo figlio sono false, sottolineando di non avergli mai insegnato a odiare gli appartenenti ad altre religioni. La sua famiglia, intanto, ha abbandonato la propria casa e c’è preoccupazione anche per gli altri cristiani del quartiere, che potrebbero, com’è già accaduto in passato per casi simili, essere oggetto di attacco da parte di folle inferocite.
Il Pakistan, per quanto riguarda la blasfemia, ha una delle leggi più dure di tutto il mondo islamico. Chiunque può infatti presentarsi in un commissariato per accusare, anche senza prove evidenti, una persona di avere offeso il Corano o Maometto, facendogli così rischiare una condanna al carcere o a morte.
Tante le vittime di questa legge: tra queste c’è Asia Bibi, una donna cattolica, madre di 5 figli, in carcere dal 2009 e condannata a morte con l’accusa di aver offeso Maometto.
(20/07/2017 Radio Vaticana, Di Elvira Ragosta)

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