2014 10 22 PAPA - Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani PAKISTAN - Condanna a morte per Asia Bibi POLONIA - Beato Popieluszko nel 30.mo dell'uccisione USA - Houston: sindaco si fa consegnare i sermoni sul gender IRAN - Tre
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Il Papa: cristiani in Medio Oriente perseguitati nell’indifferenza di tanti
Siria e Iraq, le comunità cristiane sono perseguitate nell’indifferenza di tanti. E’ la denuncia levata da Papa Francesco nel Concistoro dedicato anche alla situazione dei cristiani nella regione. Dal canto suo, il cardinale Pietro Parolin, ha esortato i musulmani a condannare nettamente le violenze dei jihadisti.
“Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani”. Era già disperato il 21 novembre scorso questo appello di Papa Francesco, pronunciato durante l’udienza ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali.
Oggi però, in occasione del Concistoro Ordinario Pubblico indetto per informare il Collegio Cardinalizio sull’attuale situazione dei cristiani in Medio Oriente, le parole del Pontefice diventano strazianti.
Perché, in un anno, la situazione si è deteriorata e gli ultimi avvenimenti, soprattutto in Iraq e in Siria, destano enorme preoccupazione nel cuore del Papa. “Assistiamo ad un fenomeno di terrorismo di dimensioni prima inimmaginabili”, dice infatti ai patriarchi mediorientali riuniti nell’Aula del Sinodo.
Proprio lì, nella stessa sala vaticana dove per due settimane i vescovi del mondo hanno riflettuto sulla sorti delle famiglie di oggi, il Santo Padre rivolge un pensiero ai tanti genitori perseguitati con i loro figli che – dice - “hanno dovuto lasciare le loro case anche in maniera brutale”.
“Sembra che si sia persa la consapevolezza del valore della vita umana – osserva Bergoglio - sembra che la persona non conti e si possa sacrificare ad altri interessi. E tutto ciò, purtroppo, nell’indifferenza di tanti”.
È una situazione totalmente “ingiusta” – afferma il Pontefice – che richiede “oltre alla nostra costante preghiera”, anche “un’adeguata risposta da parte della Comunità Internazionale”. “Ci accomuna il desiderio di pace e di stabilità in Medio Oriente – prosegue - e la volontà di favorire la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo, la riconciliazione e l’impegno politico”.
Nello stesso tempo, rimarca il Papa, “vorremmo dare il maggiore aiuto possibile alle comunità cristiane per sostenere la loro permanenza nella regione”. Francesco si dice comunque “sicuro” che, “con l’aiuto del Signore, dall’incontro odierno verranno fuori valide riflessioni e suggerimenti per potere aiutare i nostri fratelli che soffrono e per venire incontro anche al dramma della riduzione della presenza cristiana nella terra dove è nato e dalla quale si è diffuso il cristianesimo”.
“Non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani”, ribadisce, non possiamo rassegnarci al progressivo sradicamento di persone “che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù”.
PAKISTAN: Condanna a morte per Asia Bibi. Bhatti: giustizia non esiste per i deboli
In Pakistan l’Alta Corte di Lahore ha confermato la sentenza di condanna a morte per Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia e condannata in primo grado nel 2010. La notizia è stata data all’agenzia Fides dall’avvocato della donna. Il giudice ha accolto come valide e credibili le accuse delle due sorelle musulmane che hanno subito testimoniato contro di lei. Ora resta l’appello alla Corte Suprema.
E’ il 14 giugno 2009, nel Punjab, quando due colleghe di Noreen Asia Bibi le chiedono di andare a prendere dell’acqua e poi la rifiutano: “è acqua impura – dicono - toccata dalle mani di un’infedele cristiana”. E’ il banale pretesto da cui ha inizio il calvario di questa donna di 45 anni, madre di cinque figli che viene subito accusata di aver risposto insultando Maometto e quindi di blasfemia e di essersi rifiutata di convertirsi all’Islam. Subito il carcere, che dura ormai da 1943 giorni, periodi lunghissimi di isolamento in cui Asia ha sempre pregato confidando – ha detto lei stessa - nel grande amore di Dio, e ancora un processo viziato da irregolarità, tra cui l’assenza di un avvocato per lei e deposizioni dei teste, intessute di contraddizioni e discrepanze. In primo grado la condanna a morte, l’8 novembre 2010, la seconda condanna è arrivata oggi, perché il giudice ha ritenuto valide le testimonianze di quelle due sorelle. Il caso di Asia è diventato una questione internazionale e molti Paesi si stanno adoperando per modificare la legge sulla blasfemia, adesso però la parola passa alla Corte Suprema. “Assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste” questo chiedono i suoi avvocati che oggi hanno ribadito: la giustizia in Pakistan è sempre più in mano agli estremisti. Subito dopo la notizia, Cecilia Seppia ha sentito Paul Bhatti, leader dell’Apma All Pakistan Minorities Alliance che da sempre si batte in difesa delle minoranze religiose e fratello dell’ex ministro pakistano per le minoranze, Shabbaz, ucciso dagli estremisti:
R. - È una notizia molto triste e dolorosa. È una notizia che ci fa pensare che la giustizia per i più deboli non c’è, non esiste. In ogni modo, questa notizia era un pò prevista, in quanto tutte le volte i processi venivano deviati e magari, in qualche modo, non venivano presi in considerazione; poi tutta la pressione da parte degli estremisti … Già questo indicava che probabilmente la giustizia non sarebbe fatta perché una volta il giudice non c’era, un’altra l’avvocato non si presentava … C’erano tutte queste scuse per prolungare o per deviare questo processo. In ogni modo, io ho comunque ancora speranza, in quanto questa non è una fase definitiva; ci sono altre fasi in cui si può fare ricorso.
D. - L’avvocato di Asia, il cristiano Naeem Shakir, ha detto che la giustizia in Pakistan è sempre più in mano agli estremisti. Lei condivide questa posizione?
R. - Sì, non tutta la giustizia, ma spesso questa è molto influenzata dai gruppi estremisti: purtroppo questo è un problema. Io ho scritto recentemente un articolo su questo, dicendo che in Paesi come questo la giustizia spesso viene negata ai deboli, perché influenzata da queste ideologie così forti, estreme, che sono molto potenti e hanno molto seguito in Pakistan come in altre parti.
D. - Il caso di Asia Bibi è emblematico comunque di tanti cristiani che in Pakistan, come in altri Paesi, vengono perseguitati a causa della loro fede e spesso non sono soggetti a processi equi …
R. - Sì, è così. Vengono bersagliati. Poi spesso le persone sono più deboli, e sono facili vittime di queste accuse anche per motivi personali a volte. Abbiamo visto ad esempio quella chiesa che è stata bruciata a Peshawar, il quartiere di Lahore dato alle fiamme, prima ancora. Queste sono state vittime di un’ideologia estrema mossa da motivi personali e non perché avevano commesso qualcosa. (Radio Vaticana 19 10 2014)
Asia Bibi: parroco Lahore, “non è detta l’ultima parola”
“Bisogna continuare a pregare e sperare per Asia Bibi. Lo dice all’agenzia Fides padre Yousaf Emmanuel, direttore della Commissione nazionale giustizia e pace dei vescovi pakistani e parroco a Lahore. “La conferma della condanna - prosegue - è una brutta notizia per tutti noi. Gli avvocati hanno fatto del loro meglio e tutta la comunità cristiana attendeva con fiducia. Domenica pregheremo nelle nostre chiese per la vita di questa donna innocente”. Il sacerdote assicura comunque che “la speranza vive: ci sarà un ricorso alla Corte suprema”, ricordando i casi in cui la Corte ha ribaltato le sentenze emesse nei gradi precedenti di giudizio, come ad esempio il caso “di Ayub Masih, un cristiano anch’egli condannato a morte per blasfemia e salvato proprio grazie al verdetto assolutorio della Corte suprema”. Padre Emmanuel riafferma la vicinanza, la solidarietà e la preghiera della Chiesa cattolica pakistana “ad Asia, alla sua famiglia e a tutti coloro che soffrono per un’ingiustizia e sono in carcere da innocenti: sono immagine del Cristo sofferente”.
(Radio Vaticana 20 10 2014)
Troppi interessi dietro al caso di Asia Bibi: coperta la verità dei fatti
“Ci sono troppi interessi in gioco dietro al caso di Asia Bibi. Troppi poteri forti e troppe pressioni che, alla fine, coprono e finiscono per calpestare la verità dei fatti”, dice in un colloquio con l’Agenzia Fides, Haroon Barkat Masih, direttore della “Masihi Foundation”, impegnata in Pakistan per il miglioramento della vita dei cristiani e anche nella difesa di cristiani ingiustamente accusati di blasfemia. All’indomani della sentenza di appello che ha confermato il verdetto di morte per la donna cristiana accusata di blasfemia, il Direttore nota a Fides: “Continuiamo a sperare perché, da cristiani, la nostra fede alimenta la speranza. Continuiamo a pregare per Asia Bibi e per il suo rilascio, perché il Signore la protegga e la consoli”, dice Masih. “Ma ci sono molti elementi che non inducono all’ottimismo. Basti ricordare che sulla testa di Asia pende ancora una taglia, promessa da un imam, che premia chi la ucciderà”.
Secondo Barkat, “le pressioni e la mobilitazione internazionale possono essere utili”, ma soprattutto “è necessaria la volontà politica del governo e delle massime autorità pakistane” se si vuole porre fine a un storia segnata da evidenti ingiustizie. Ma il Premier attuale, Nawaz Sharif, “in passato ha dato ampio spazio a gruppi estremisti e approvato la legge sulla blasfemia per calcolo politico: dunque non sembra quello più adatto a prendere posizione contro tali pressioni”. “La corruzione e il desiderio di sfruttare il caso per fini economici è un altro aspetto presente” aggiunge Haroon Barkat. Il direttore ricorda infine che alla Corte Suprema la sentenza di condanna può essere ribaltata e che, anche in caso di condanna, il Presidente del Pakistan avrebbe sempre potere di concedere la grazia. (Agenzia Fides 21/10/2014)
Chiesa pakistana: Giornata di digiuno e preghiera per Asia Bibi
La Chiesa pakistana ha celebrato il 19 ottobre la Giornata di digiuno e preghiera per Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia e in attesa del ricorso alla Corte suprema, ultimo passaggio per scongiurare l’uccisione di una innocente. Il vescovo di Islamabad-Rawalpindi Rufin Anthony - riporta l’agenzia AsiaNews - sottolinea che “preghiamo per Asia Bibi, la sua famiglia, per Zafar Bhatti e le altre persone imprigionate a causa delle leggi sulla blasfemia”.
USA-Houston, sindaco si fa consegnare i sermoni sul gender | Tempi.it
Con una decisione senza precedenti noti, il Comune di Houston, Texas, minaccia di utilizzare i sermoni di alcuni religiosi locali in tribunale contro di loro. Il municipio infatti ha citato in giudizio diversi pastori di varie denominazioni cristiane per costringerli a consegnare e a fare esaminare dagli avvocati del Comune tutte le prediche (e le comunicazioni rivolte ai membri delle rispettive chiese) in cui si siano occupati di omosessualità, di identità di genere o di Annise Parker, il sindaco della città, apertamente lesbica e ultrà dell’agenda Lgbt. I ministri che non osserveranno il mandato di comparizione potranno essere processati per oltraggio alla corte.
IL GENDER ALLA TOILETTE. “Nuove leggi danno ai rappresentanti della città di Houston il diritto di esaminare i sermoni religiosi in cerca di discriminazioni verso le persone Lgbt”, titola un po’ sconcertato perfino il britannico The Independent. In effetti questo atto clamoroso è solo l’ultimo affondo di un tremendo duello iniziato qualche mese fa tra il sindaco arcobaleno e gli oppositori della sua legge bandiera, la Houston Equal Rights Ordinance (Hero), approvata a giugno e aspramente contestata per l’estremismo delle misure rivolte all’appiattimento delle differenze di “gender”. Tra le altre cose, spiega efficacemente il Washington Times, l’ordinanza «proibisce alle aziende aperte al pubblico di impedire alle persone di utilizzare i bagni del sesso opposto qualora la loro identità di genere non corrisponda al loro sesso biologico». (Tempi 16 10 2014)
IRAN - Tre cristiani evangelici condannati a sei anni di prigione
Tre pastori evangelici (Behnam Irani, Matthias Haghnejad e il collaboratore Silas Rabani) che in precedenza avevano visto archiviato il rischio di subire la pena capitale, sono stati condannati a sei anni di prigione da una corte iraniana, da scontarsi presso le prigioni di Zabol ( dove è stato destinato Irani) e dell’Isola di Minab (dove dovrebbero essere inviati gli altri due). Tutti e tre i condannati hanno annunciato ricorso contro la sentenza. Irani aveva già subito una precedente condanna nel 2011 per “azione contro lo Stato” e “azione contro l’ordine”. Andy Dipper, Direttore operativo dell’organizzazione Christian Solidarity Worldwide (CSW), ha espresso viva preoccupazione per le condanne comminate ai tre cristiani, e per il fatto che i condannati saranno costretti ad espiarle lontano dalle proprie famiglie e dalle proprie città. “Sollecitiamo il governo iraniano” si legge in un comunicato di CSW pervenuto all’Agenzia Fides, “a liberare senza indugio tutte le persone imprigionate per la loro fede. La loro incarcerazione contravviene le convenzioni internazionali che garantiscono libertà di religione e di credo, alle quali partecipa anche l’Iran”. (Agenzia Fides 21/10/2014).
TESTIMONIANZA
In occasione della prima memoria liturgica di San Giovanni Paolo II
La Polonia ricorda il Beato Popieluszko nel 30.mo dell’uccisione
Il primo ministro polacco Ewa Kopacz ha deposto (oggi) una corona di fiori sulla tomba del Beato Jerzy Popieluszko, a Varsavia. Sacerdote martire della fede, fu ucciso – all’età di 37 anni – dai servizi di sicurezza comunisti proprio il 19 ottobre di 30 anni fa. Tante le celebrazioni in tutto il Paese per ricordare questa straordinaria figura di prete della gente, vicino ai lavoratori di Solidarnosc, che con la Parola di Dio e le sue “Messe per la patria” sfidò il regime fino al sacrificio della propria vita. Padre Popieluszko, beatificato nel 2010 da Benedetto XVI e per il quale è in corso la causa di Canonizzazione, era molto legato a San Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla si recò a pregare sulla sua tomba nel giugno del 1987.
(Radio Vaticana 19 10 2014)