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Poche storie! Non si muore!

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Ama chi dice all’altro: tu non puoi morire!»
(Gabriel Marcel)

E’ davanti alla croce che capisco di più l’ultimo libro di Antonio Socci, Tornati dall’Aldilà. Davanti alla croce in questo tempo distratto: via vai frettoloso in strada, bambini e ragazzi a casa da scuola, colombe e uova nelle vetrine dei negozi e qua e là l’eco di auguri. Buona Pasqua, che per qualcuno è solo uno slogan, parole svuotate.
Il libro di Socci scruta fino in fondo il mistero del dolore e si addentra nel tema delicatissimo delle esperienze di pre-morte e di ritorno dall’Aldilà, in una carrellata di racconti e di testimonianze dall’antichità ai testi sacri, alla cronaca più recente. Un libro scomodo e controcorrente, come è scomodo e controcorrente stare qui, oggi, davanti a questo crocifisso che sembra sconfitta ed è invece preludio di quella Pasqua di risurrezione senza la quale Cristo sarebbe uno qualsiasi.
Come nella passione di Gesù, è una rete di legami d’amore quella che si scorge nelle tante storie presentate nel testo: il dolore dei familiari e degli amici, l’angoscia, la disperazione di fronte alla perdita di coscienza o alla morte del proprio caro. Ed è struggente il racconto di chi, a seguito di un grave incidente o del coma, “tornato” racconta come si percepiva, cosa sentiva, cosa ha visto. Pagina dopo pagina, tanti interrogativi affollano la mente. Domande su questo corpo mortale, sull’anima, sul dolore, sul destino nostro e di chi ci ha lasciati, sulla comunione dei santi, su quella resurrezione di cui parlano tante tra le storie narrate…
Mentre qui, davanti al crocifisso, si inginocchiano in preghiera donne uomini anziani e bambini, e nel sacramento della riconciliazione i sacerdoti donano la carezza misericordiosa del Nazareno, di fronte a questo Dio ora inerme, che umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce, dal profondo del cuore sorge impetuosa la domanda che tutte le altre contiene, la domanda dell’Innominato manzoniano, che è la stessa di tutti. «Se quell’altra vita di cui m’hanno parlato quand’ero ragazzo, di cui parlano sempre, come se fosse cosa sicura; se quella vita non c’è, se è un’invenzione de’ preti; che fo io? (…) Cos’importa quello che ho fatto? Cos’importa? E’ una pazzia la mia... E se c’è quest’altra vita...!»
C’è rumore, là fuori. Auto, vociare di bimbi, chiacchiere dentro e fuori i negozi, saluti, auguri… Ma nulla può cancellare questo tempo sospeso del sabato santo che è attesa, domanda. «La morte. E dopo?»
Chi è tornato dall’Aldilà, scrive Socci, ha molto da dirci e va ascoltato. La sua risurrezione più grande è quella del cuore, la conversione. Ha visto le cose di Lassù ed ha imparato uno sguardo diverso sulla vita quaggiù. Ce lo insegna, se noi lo vogliamo, perché la vita è scelta ogni secondo, qui ed ora. «Si tratta di decidere tra una felicità sconfinata, inimmaginabile e sempre nuova e un tormento disumano senza termine e senza attenuazione (…) La risposta a questo drammatico dilemma va data subito, anche perché ogni istante può essere la porta del Paradiso o la botola dell’Inferno».
E mentre in silenzio, commossa, guardo la croce, so che in quel legno non è scritta la fine, perché Cristo ha sconfitto la morte. Risorgerà, è risorto, ed è qui a ricordarci che tutto di noi è prezioso, e che nemmeno un capello del capo andrà perduto.

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