Maria Gujart dell'Incarnazione (1599-1672)

Nella sua Autobiografica mistica narra la sua comunione con la Trinità fino all'unione trasformante nel matrimonio mistico e nello stato di vittima.
Riceve delle "impressioni" o visioni intellettuali del sangue di Gesù nel quale si vede tutta immersa.
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La visione è descritta sotto una forma molto epurata, spogliata di qualsiasi immagine; fu anzitutto una grazia destinata ad illuminare l'intelligenza, non a muovere la sensibilità. Si parla di "visione", ma il termine è inadeguato; sarebbe più esatto parlare di "impressione" se la parola non avesse perduto il suo senso classico. Una verità è impressa nello spirito della giovane vedova attraverso la mediazione di una immagine; il solo elemento visibile, sensibile, dipendente dalla potenza dell'immaginazione, è in effetti il Sangue: "Mi sono vista tutta immersa nel Sangue, e il mio spirito era convinto che questo Sangue fosse il Sangue del Figlio di Dio" (J, t. II, p. 182). E dopo aver descritto gli effetti prodotti nella sua anima da questa prima intuizione, ella aggiunge ancora: "In tutti questi eccessi (queste impressioni così forti) non perdevo mai di vista che ero immersa in questo prezioso Sangue" (J, t. II, p. 183).