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Gender, la grande bugia di Chiara Giaccardi (?)

Autore:
Correnti, Edoardo
Fonte:
CulturaCattolica.it

Avvenire ha divulgato da tempo un manualetto formativo dal titolo “Gender, la grande bugia”, ancora acquistabile come E-book. Venerdì 31 luglio Chiara Giaccardi, sempre su Avvenire, fa un lungo encomio dei “Gender Studies”. Dunque tesi ed antitesi. E la sintesi? La sintesi ce la propone ancora la Giaccardi sempre nel suddetto articolo, pubblicato in bella evidenza a pagina nel quotidiano dei vescovi italiani. Già perché la docente di sociologia di comunicazione ci vuole offrire un superamento (aufhebung) di due opposte ideologie in un articolo molto complesso per non dire confuso. La docente della Cattolica non ci specifica che uso fa dei termini “epistemologia” (e quindi “filosofia”), “positivismo”, “essenza”, “ontologia”, “ideologia”. E se, dopo la crisi dei fondamenti della matematica e della fisica, ci vuole proporre la antropologia culturale come modello di scienza rigorosa, e vuole qualificare come ideologico chi non si adegua a questo paradigma, la comprensione è davvero molto difficile. Comunque le due opposte ideologie che Giaccardi vuole hegelianamente sussumere a livello speculativo, sono la ideologia pro gender e la ideologia contro il gender. Che l’impianto finisca per essere hegeliano è evidente perché la nostra autrice ci dice che il confronto con l’ideologia del gender è «ineludibile» e «necessario». La Sacra Scrittura ci invita a discernere, cioè a rigettare il male e fare il bene. Ma in uno schema hegeliano tutto quello che è reale è razionale nello sviluppo storico, quindi il confronto è «ineludibile» e «necessario».
La Giaccardi dialettizza, di conseguenza, anche il rapporto, nella persona umana, tra dimensione biologica e dimensione relazionale, in una ottica neomanichea. Infatti in una ottica cristiana corpo biologico e anima non sono due poli opposti, perché altrimenti non si venererebbero le reliquie dei santi (alla vista semplici residui di materiali biologici). Se lo si fa, è perché si ha la certezza che nella loro materialità biologica essi sono portatori di Spirito, e quindi di una relazionalità così forte da trasformare corpo e anima di chi viene in contatto umano con essi. La Giaccardi fa riferimento alla Stein, ma ignora che nel linguaggio della compatrona d’Europa il corpo umano è Leib, perché ha un’anima, ed è destinato a divenire un corpo spirituale datore di vita. Se non è così è un Körper, puro corpo biologico. In San Tommaso anima vegetativa e sensitiva e intellettuale dell’uomo non sono giustapposte, ma perfettamente integrate. Quindi se la gender theory ha scoperto che la sessualità umana non è mera biologia, ha scoperto l’acqua calda. Ma ovviamente non è così, i sostenitori del gender non sono così scemi. Il punto è che sono incapaci di pensare la dimensione biologica umana e la dimensione relazionale come una realtà armonica. Del resto nonostante tanta insistenza sul culturale e sul sociale, la loro teoria subisce una sorta di nemesi del biologico, visto che la materia del contendere non è una natura totalmente spirituale senza sesso, ma comportamenti sessuali Lgbt, con tutti gli annessi biologici della fattispecie, comportamenti che in un nuovo mondo dovrebbero assurgere a modello ed esempio per tutta la società.
Il gender dunque nega l’armonia costitutiva tra corpo ed anima e anche la finalità della sessualità, nega l’essenza della sessualità. Lo nega sia nel gender alla prima maniera, il gender “scientista”, come lo chiama la Giaccardi, basato sull’anatomia, ma l’anatomia del Körper, del corpo senza anima che non è un corpo umano, direbbe la Stein. Lo scientismo come si sa è cieco nei confronti della finalità inscritta nel cosmo, direbbe l’Edmund Husserl della “Crisi delle Scienze europee”. Comunque questa biologia meccanicista, è bene precisarlo, non è l’unica maniera di leggere la corporeità. Ben diversa infatti è la lettura della corporeità fatta da un approccio aristotelico-tomista ed anche da un approccio fenomenologico.
Nega qualsiasi armonia originaria anche quello che la Giaccardi chiama il “gender costruttivista”. I due gender, per quanto la sociologa li differenzi, sono dunque la faccia di una stessa medaglia, fondati su una disarmonia primigenia. L’esito di tale speculazione, è bene ribadirlo, non può che essere che la negazione della finalità inscritta nell’ordine biologico. Una negazione dialettica. Perché, appunto, in un’ottica neomanichea all’inizio era il Caos e non l’ordine. Diversamente in una visione giudeo-cristiana all’inizio c’è una Parola amante ed ordinatrice, che crea un tutto armonico, armonia quindi anche tra la dimensione biologica e la dimensione relazionale. Certo poi la caduta è stata fonte di disordine, anomalie, patologie, conflittualità, ma non tali da stravolgere il quadro armonico che ha l’impronta di Dio. Tali anomalie nello status viae, nella vita su questa terra, possono essere curate con la carità, con la condivisione, con la misericordia nei confronti delle sofferenze altrui e di quanti si trovano in una situazione di sofferenza e non con una guerra di liberazione dall’oppressore. E queste stesse situazioni di difficoltà, se sopportate o meglio accettate da chi le vive in prima persona, possono essere fonte di perfezione spirituale, che si riverbera a suo modo anche nella dimensione corporale.
La negazione di questa armonia originaria ha come conseguenza, una concezione basata sulla conflittualità primigenia, su relazioni sociali alienate ed alienanti. Il biologico è plasmato dai rapporti di forza sociali in campo sessuale. Cosa sarebbe allora il richiamo alla dimensione biologica? Non il richiamo a leggere qualcosa che in sé porta un messaggio, un ordine (il linguaggio del corpo di Giovanni Paolo II), ma una “ideologia” in senso marxiano, cioè uno strumento di lotta per mantenere una situazione di sopraffazione, perpetrata in questo caso non dal capitalismo, ma dal machismo. Per sanare questa situazione non c’è che la possibilità di una rivoluzione in cui una minoranza si incarica di cambiare il mondo, di rovesciare il rapporto dati tra dimensione sociale e dimensione biologica, per stabilire nuovi rapporti di supposta eguaglianza. Questa minoranza è l’elite dei militanti Lgbt che deve liberare l’umanità oppressa da legami alienati, il punto di partenza è la condizione della donna ma l’orizzonte del cambiamento perseguito come è già evidente è molto più ampio. L’adozione di un modello marxiano per comprendere il gender può sembrare a qualcuno inappropriata. Ma lo è meno se si studiano i teorici della decostruzione come Jacques Derrida e Michel Foucault, fonte di ispirazione fondamentale delle teorie del gender. È utile ricordare peraltro che per il gramscismo la rivoluzione è il cambiamento del senso comune delle masse. Infatti il principale strumento rivoluzionario della gender theory è indurre a una assoluta autoderminazione dell’individuo negando ogni limite. L’uomo deve divenire un piccolo dio.
Ovviamente nella vita umana spesso l’armonia è potenziale, educazione e maturazione devono portare ad un dominio di sé, delle proprie pulsioni e della propria corporeità. Ma tale potenzialità non esisterebbe se non fosse già data nel disegno divino che ha creato tutto secondo un’armonia.
Questo nel gender non c’è, quindi nel gender non c‘è nessun bambino da salvare dall’acqua versata, come sostiene la Giaccardi, perché se fuor di metafora il “bambino” è il fatto che l’uomo è in continua crescita, in un continuo processo di umanizzazione del suo vissuto, questa finalità non può essere raggiunta con la dialettica della rivoluzione sostenuta dal gender, che porta solo alla negazione dell’umano ed al conflitto, ma con una crescita morale e spirituale. In una progressiva e forse incompleta maturazione nella condizione terrestre, che fa sì che ogni atto, ogni particella del corpo umano sia sempre più portatrice di spiritualità, cioè di relazionalità, di amore, qualunque sia la condizione in cui sia dato vivere. Non è problema di cambiare corpo, di cambiare sensi, di cambiare sessualità, perché in questa via di perfezionamento morale e santificazione, in una via dell’amore al Signore, il corpo qualunque sia il suo stato, può divenire sempre più spirituale, sempre, più capace di relazionalità, così i sensi, e così la sessualità esercitata secondo le finalità ad essa intrinseche, o custodita nella castità.
Quanto alla citazione finale di Hölderlin fatta dalla Giaccardi, «là dov’è il pericolo cresce anche ciò che salva», suona come un’affermazione umana troppo umana, ed anche equivoca. Certo non può essere assunta come principio educativo. È noto che il dittico del poeta tedesco piacesse molto a Martin Heidegger, quello stesso Heidegger che il 3 novembre del 1933, invitava a seguire il führer, «la sola realtà tedesca», a fuggire dalla «essenza», dalle «formule dottrinali e dalle idee». Lo stesso anno Edith Stein, a cui la Giaccardi fa riferimento come donna discriminata perché non ha potuto conseguire una cattedra di filosofia, doveva lasciare l’insegnamento di pedagogia nell’Istituto di Münster perché la Intelligencija nazista, pur educata nella lettura delle liriche di Hölderlin, odiava gli ebrei.

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