In «dialogo» con Wael Farouq

In margine al dibattito instaurato da Italia Oggi
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Caro Wael Farouq,
noi di CulturaCattolica.it siamo per il dialogo, ma non per la sua «ideologia», che consiste nello sbandierare tale parola come un talismano, a cui però non corrisponde la realtà. In questo senso aveva ragione Karl Marx che definiva l’ideologia come un sapere che nasconde e maschera le sue intenzioni.
Ho pubblicato il primo articolo di Bruno Sacchini perché ne ho condiviso il contenuto. E siccome lui, però, ne aveva voluto fare una rettifica, mi è sembrato giusto pubblicare anche questa. Mi spiego così il tuo compiacimento per quanto abbiamo scritto: «Ringrazio Bruno Sacchini e Cultura Cattolica, perché possiedono la rara virtù del saper chiedere scusa, una virtù che richiede un coraggio non meno grande del riconoscere che siamo tutti peccatori e abbiamo bisogno del perdono e della misericordia di Dio».
L’articolo di Italia Oggi da cui abbiamo preso le mosse si rifaceva a un tuo post su FaceBook che non citava affatto, così mi pare, quanto scritto in precedenza da te su Avvenire, e che quindi va letto per quello che dice. E qui sta il senso delle parole di Italia Oggi e di Bruno Sacchini.
Da quelle parole mi risulta difficile cogliere quella consapevolezza che faceva dire a s. Giovanni Paolo II: «Il migrante, in tale processo, è impegnato a compiere i passi necessari all’inclusione sociale, quali l’apprendimento della lingua nazionale e il proprio adeguamento alle leggi e alle esigenze del lavoro, così da evitare il crearsi di una differenziazione esasperata»
Credo utile, per affrontare seriamente il problema del rapporto con l’islam, rileggere queste illuminanti parole di Giovanni Paolo II
«In particolare, è importante un corretto rapporto con l’Islam. Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei Vescovi europei, «deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli». È necessario, tra l’altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura europea, che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano. |
Certamente la civiltà europea non ha mantenuto fede alle proprie radici cristiane ed è quindi colpita dal fenomeno che tu chiami «senescenza» e «corruzione dello spirito», ma è anche molto vero che i fondamenti decisivi (il senso della persona, la libertà religiosa, il rifiuto della riduzione politica della religione, tanto per citarne alcuni) vanno imparati e rispettati (e questo aspetto non mi pare presente nel tuo post su FaceBook). L’identità del nuovo mondo non può essere costruita senza la conoscenza e il rispetto di questi principi che il grande papa Benedetto XVI ha definito «non negoziabili». «Libertà di espressione, ma anche … libertà di coscienza» implicano un serio esame e revisione critica di tali aspetti nell’islam (che sembra non possederli non solo in quello che tu chiami «islamismo») e per questo «gli splendidi italiani e … le splendide italiane di origine straniera» hanno di fronte a loro un cammino serio e impegnativo, che non può prescindere da quello che Giovanni Paolo II chiamava esame di coscienza e richiesta di perdono. Allora l’«identità del nuovo mondo» non sarà una illusione (sentimentale, velleitaria o violenta) ma una possibilità per tutti. E questo richiede una considerazione diversa del cristianesimo, da parte di tutti. Perché l’intolleranza contro i cristiani non mi pare solo appannaggio degli «islamisti».