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Giuseppe Ungaretti 7 - "I fiumi"

Fonte:
CulturaCattolica.it

Troviamo la sintesi di questo percorso poetico e umano ne “I FIUMI”, la più lunga delle poesie del Porto sepolto, la poesia che ne costituisce anche spazialmente il cuore, il cardine, perché in essa Ungaretti cerca, attraverso l’immagine poetica del fiume, di comporre in unità la sua vita che gli sembra smembrata in varie parti, ciascuna corrispondente a una tappa della sua vita.
Il Serchio, fiume dei suoi genitori e antenati, il Nilo, fiume della sua infanzia e giovinezza, la Senna, fiume della sua formazione artistica, confluiscono idealmente nelle acque dell’Isonzo, dove il poeta si è immerso in una mattina di riposo dalla battaglia e donano al poeta l’illusione finalmente di un’unità spaziale e temporale per la sua vita di eterno “girovago”.


I FIUMI
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO

Mi tengo a quest'albero
mutilato
abbandonato in questa dolina
che ha il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo
e guardo
il passaggio quieto
delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
in un'urna d'acqua
e come una reliquia
ho riposato

L'Isonzo scorrendo
mi levigava
come un suo sasso

Ho tirato su
le mie quattr'ossa
e me ne sono andato
come un acrobata
sull'acqua

Mi sono accoccolato
vicino ai miei panni
sudici di guerra
e come un beduino
mi sono chinato a ricevere
il sole

Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia

Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità

Ho ripassato
le epoche
della mia vita

Questi sono
i miei fiumi

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
che mi ha visto
nascere e crescere
e ardere dell'inconsapevolezza
nelle estese pianure

Questa è la Senna
e in quel torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre

Cotici, il 16 agosto 1916

Si tratta dunque ancora di una “rara felicità”, ancora di un’illusione.

La più grande aspirazione sembra dunque quella di un paese di “innocenza”, un paese in cui l’attimo ancora provvisorio di questa felicità si possa estendere per tutta l’eternità e lì allora sia possibile ‘naufragare’ per sempre.
Ungaretti, che aveva partecipato alla guerra come volontario nonostante le idee anarchiche che aveva professato quando ancora in Egitto frequentava la famosa Baracca rossa di Enrico Pea, l’aveva fatto forse per il desiderio ideale di conquistarsi una patria.
“E se la guerra mi consacrasse italiano?” auspicava infatti, scrivendo all’amico Prezzolini.
La guerra dunque lo consacrò non solo italiano, ma soprattutto poeta.
Nella famosa poesia “M’illumino / d’immenso” del gennaio 1917, Giorgio Barberi Squarotti sostiene che si “consacra la centralità cosmica dell’io del poeta”.

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