Martirio e apostasia
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Leggo nell’intervista al card. Caffarra: “Uno degli insegnamenti fondamentali del documento (VERITATIS SPLENDOR) è che esistono atti i quali possono per se stessi ed in se stessi, a prescindere dalle circostanze in cui sono compiuti e dallo scopo che l’agente si propone, essere qualificati disonesti. E [Giovanni Paolo II] aggiunge che negare questo fatto può comportare di negare senso al martirio (cfr. nn. 90-94). Ogni martire infatti - sottolinea l’arcivescovo emerito di Bologna - avrebbe potuto dire: ‘Ma io mi trovo in una circostanza... in tali situazioni per cui il dovere grave di professare la mia fede, o di affermare l’intangibilità di un bene morale, non mi obbliga più’. Si pensi alle difficoltà che la moglie di Tommaso Moro faceva a suo marito già condannato in prigione: ‘Hai doveri verso la famiglia, verso i figli’. Non è, quindi, solo un discorso di fede. Anche se uso la sola retta ragione, vedo che negando resistenza di atti intrinsecamente disonesti, nego che esista un confine oltre il quale i potenti di questo mondo non possono e non devono andare. Socrate è stato il primo in occidente a comprendere questo.”
Che mi rimanda immediatamente a “Silence” di Scorsese ed ai padri gesuiti che compiono atto di apostasia per salvare i fedeli torturati… cosa ragionevole in una prospettiva esclusivamente mondana, fatta propria, peraltro, dalla Civiltà Cattolica.
In questa prospettiva diabolicamente ribaltata, è colui che rimane fedele ai propri voti ad essere ingiusto, formalista e duro di cuore, condannando a morte degli innocenti.
Certo, Scorsese va oltre; nel suo film la caduta dei protagonisti non è conseguenza di una debolezza umana, o atto di estrema pietà verso i martirizzati, di per sé comprensibili, data la situazione estrema. No, nel film si giustifica teologicamente l’apostasia ribaltando la kenosis paolina.
Nella teologia di san Paolo, il concetto di kenosis indica il processo interiore che porta il cristiano a svuotarsi della propria volontà incline al peccato e al male, a svuotarsi del proprio egocentrismo, per diventare interamente recettivo alla volontà della Divinità e potersi quindi abbandonare ad essa senza provare sentimenti di ribellione o di paura o di privazione della libertà.
Ma lo spogliarsi (kenosis) demolendo le false sicurezze e le certezze umane che nel corso della vita ci si costruisce è premessa indispensabile e funzionale al rivestimento con Cristo ad opera della Grazia e dello Spirito divino.
Nel film si mostra proprio il contrario: sacerdoti che si spogliano di Cristo per rivestirsi di illusorie certezze ed accomodamenti umani.
Altro ribaltamento diabolico!
Il tutto con l’entusiastica recensione della Civiltà Cattolica e dell’Osservatore romano...