Pasqua 2012
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
(Gv 3, 19)

Sabato santo. Un raggio di Pasqua, stamattina. C’era.
Ho visto, in chiesa, un via vai di giovani, uomini e donne di tutte le età, bambini. Li ho visti in preghiera o in silenzio; in piedi, in ginocchio, accanto al Crocifisso. Tremavano, in chiesa, le fiammelle dei lumini, accesi a ringraziare, ad offrire, a chiedere, ad affidare…
Fuori, il mondo sembrava (era? è?) “un altro mondo”.
Uomini corrono corrono corrono. Vagano e non sanno la meta. E’ buio. Si sono perduti.
I semplici entrano in chiesa, si inginocchiano, pregano. In chiesa accendono lumini. Vedono, nella croce, il morto, il risorto, Colui che sta per venire. Si riconoscono figli e fratelli in cammino, protesi al futuro. C’è luce, negli occhi. Speranza che cresce e diventa certezza di un Amore infinito.
Un raggio di Pasqua, stamattina, è entrato nelle chiese. Una caparra, un anticipo di ciò che sarà.
Intanto, sui giornali, i “sapienti” scrivono, glossano, interpretano, discutono, dissentono, elucubrano. Impantanati nella loro sterile presunzione, disdegnano la croce, “scandalo e stoltezza” di un Dio che si è spogliato di tutto e si è chinato sul nostro niente. Si perdono, tristi e confusi, nel labirinto dei loro discorsi, nell’abisso del nulla, nel fioco lume della loro piccola lampada.
Distratti non vedono il raggio di Pasqua. E’ qui. E’ ora…
«Cento uomini erano chiusi in una immensa stanza buia e ognuno d’essi aveva una lampada spenta. Uno accese la sua lampada ed ecco che gli uomini poterono guardarsi in viso e conoscersi. Un altro accese la sua lampada e scopersero un oggetto vicino, e mano a mano che si accendevano altre lampade, nuove cose venivano in luce sempre più lontane e alla fine tutti ebbero la loro lampada accesa e conobbero ogni cosa che era nella immensa stanza, e ogni cosa era bella e buona e meravigliosa. Intendimi, don Camillo: cento erano le lampade, ma non erano cento le idee. L’idea era una sola: la luce delle cento lampade, perché soltanto accendendo tutte le cento lampade si potevano vedere tutte le cose della grande stanza e scoprirne i dettagli. E ogni fiammella non era che la centesima parte di una sola luce, la centesima parte di una sola idea. L’idea dell’esistenza e della eterna grandezza del Creatore. Come se un uomo avesse spezzato in cento pezzi una statuetta e ne avesse affidato un pezzo a ciascuno di cento uomini. Non erano cento immagini di una statua, ma le cento frazioni di una unica statua. E i cento uomini si cercarono, tentarono di far combaciare i cento frammenti e nacquero mille e mille statue deformi prima che ogni pezzo riuscisse a combaciare perfettamente con gli altri pezzi. Ma, alla fine, la statua era ricomposta. Intendimi, don Camillo: ogni uomo accese la sua lampada e la luce delle cento lampade era la Verità, la Rivelazione. Ciò doveva appagarli. Ma ognuno invece credette che il merito delle belle cose che egli vedeva non fosse del Creatore di esse, ma della sua lampada che poteva far sorgere dalle tenebre del niente le belle cose. E chi si fermò ad adorare la lampada, chi andò da una parte e chi dall’altra, e la gran luce si immiserì in cento minime fiammelle ognuna delle quali poteva illuminare soltanto un particolare della Verità. Intendimi, don Camillo: è necessario che le cento lampade si riuniscano ancora per ritrovare la luce della Verità. Essi oggi vagano sfiduciati ognuno al fioco lume della sua lampada e tutto sembra loro buio intorno e triste e malinconico e, non potendo illuminare l’insieme, si aggrappano al minuto particolare cavato fuori dall’ombra del loro pallido lume. Non esistono le idee: esiste una sola Idea, una sola Verità che è l’insieme di mille e mille parti. Ma essi non la possono vedere più. Le idee non sono finite, perché una sola Idea esiste ed è eterna: ma bisogna che ognuno torni indietro e si ritrovi con gli altri, al centro della immensa sala». |