Non confondiamo fede e politica
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Ho letto un commento su Rossoporpora (che trovate in fondo all’articolo) a proposito della posizione di CL in relazione alla manifestazione del 20 giugno, a cui tra l’altro parteciperò convintamente.
E ho ascoltato la giustificazione di Carrón rispetto alla posizione di CL alla Scuola di Comunità del 17 giugno.
Ho sostanzialmente questi rilievi da fare:
1. Ho detto che a Galantino preferisco Giussani. Non concordo con quanto il segretario della CEI afferma: Un cristiano che si mette ‘contro’ qualcuno o qualcosa già sbaglia il passo. Ho imparato da don Giussani quanto sistematicamente ripetuto (ed è una affermazione di Lazzati): Pour se poser il s’oppose. Ma mi pare che anche nostro Signore abbia affermato: Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. [Mat 10, 34-36]. In quanti hanno sbagliato il passo!
2. Di fronte all’iniziativa del 20 giugno, intesa come la manifestazione di piazza contro l’imposizione dell’ideologia gender e i disegni di legge antropologicamente sovversivi, quello che desidero non è un giudizio di opportunità (o meno) politica. E quanto affermato rispetto a ciò che è accaduto in tempi più o meno recenti, sia in Spagna che in Italia o in Francia, non può essere inteso come giudizio che nasca dalla fede. Si può essere d’accordo o meno su uno strumento, ma quello che mi è chiesto è di valutare la sostanza del problema – e qui è evidente che la preoccupazione di Don Giussani ha il suo peso Lasciateci andare in giro nudi, ma non impediteci la libertà di educare –. Per questo credo che non si possa rimanere inerti di fronte allo sfacelo educativo verso il quale ci stiamo avviando. Ci vuole chiarezza di giudizio e tempestività di azione, che rivestono il volto di una autentica testimonianza, personale e sociale, senza contrapposizioni. Del resto mi pare che il Papa, in tutti gli interventi a proposito della famiglia, abbia con chiarezza invitato ad un impegno, fino all’agire contro e si riferiva a queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima e la famiglia.
3. Se un popolo si desta, come mi pare stia accadendo (e ritengo che sia quello che è accaduto anche in Spagna e in Francia) allora quello che è necessario è che i pastori siano autentici padri. E qui la responsabilità è grave e spesso disertata. Non sappiamo che farcene di pastori che si disinteressano delle domande autentiche di un popolo che chiede ragioni per essere educato e compagnia e sostegno per testimoniare la verità della sua fede. Già ci siamo addolorati quando abbiamo visto giovani scout manifestare in divisa per i matrimoni omosessuali (e ci pare che anche la CEI abbia avuto preoccupazione per questi episodi). Gesù piangeva di fronte a un popolo di pecore senza pastore. Abbiamo avuto il magistero di san Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e ora, sulla famiglia, di Papa Francesco: non sono parole al vento e ci chiedono testimonianza e condivisione.
4. Faccio comunque mio il richiamo che don Giussani ha fatto agli educatori, tempo fa: “Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo, abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono, e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti” (Cesare Balbo, Le speranze d’Italia, Torino 1925, 272.) [Giussani, Il rischio educativo, SEI, p. 40]
5. Infine ecco quanto guida i miei passi, pur con tutta la fatica e incoerenza che posso avere: Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi ci alzeremo in piedi per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita. Quando si parla di un bambino come un peso o lo si considera come mezzo per soddisfare un bisogno emozionale, noi interverremo per insistere che ogni bambino è dono unico e irripetibile di Dio, che ha diritto ad una famiglia unita nell’amore. Quando l’istituzione del matrimonio è abbandonata all’egoismo umano e ridotta ad un accordo temporaneo e condizionale che si può rescindere facilmente, noi ci alzeremo in piedi affermando l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Quando il valore della famiglia è minacciato da pressioni sociali ed economiche, noi ci alzeremo in piedi riaffermando che la famiglia è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il bene comune di ogni società, nazione e stato. Quando poi la libertà viene usata per dominare i deboli, per sperperare le ricchezze naturali e l’energia, e per negare agli uomini le necessità essenziali, noi ci alzeremo in piedi per riaffermare i principi della giustizia e dell’amore sociale. Quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi ci alzeremo in piedi proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto. [Giovanni Paolo II, Omelia a Washington, Capitol Mall, 7 ottobre 1979]
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