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RU486: a Torino muore una donna

Fonte:
CulturaCattolica.it

A Torino è morta la prima donna italiana per causa della pillola abortiva RU486, pare per arresto cardiaco dopo l’utilizzo delle pillole, ma le indagini determineranno la causa certa.
In generale si sa e si sapeva anche quando è stata approvata in Italia il 1° aprile 2010 dall’Aifa, che la RU486, che ricordiamo è una pillola abortiva, è pericolosa per le donne.
Il New England Journal of Medicine già anni fa aveva scritto che la mortalità per aborto medico è circa 1:100.000, cioè dieci volte superiore a quella con il metodo chirurgico (0.1:100.000) per aborti effettuati nello stesso periodo di gestazione.
Ma i morti nel mondo a causa della RU486 sono 27 prima del caso italiano, più altre morti sospette. Bisogna inoltre ricordare che i dati non sono dappertutto aggiornati al 2013. Molte morti sono causate da un’infezione da Clostridium Septicum e Clostridum Sordellii, batteri potenzialmente letali appunto, che si manifestano dopo l’uso della RU486. Il corpo della donna e le membrane uterine dopo l’aborto sono infatti soggetti a gravi rischi d’infezione; questo è il motivo per cui con l’intervento chirurgico si esegue poi il raschiamento dell’utero. Ma non ci sono solo i casi mortali a preoccupare per la salute delle donne, ci sono i dati sull’aumento di sanguinamenti, emorragie e infezioni, più probabili con la RU486, dati noti a livello scientifico e che spesso sono taciuti all’opinione pubblica a cui si dice che la RU486 è sicura.
Dall’ultimo rapporto della Food and Drugs administration (Fda), l’agenzia che vigila sul corretto utilizzo dei farmaci, negli USA (ad aprile 2011), su 1.520.000 aborti eseguiti con il metodo farmacologico si registra un totale di 14 decessi. Ma anche una serie di casi di donne che hanno riportato effetti collaterali più o meno gravi: 336 emorragie, 256 infezioni (di cui 48 gravi), 612 ricoveri d’urgenza in ospedale e 2207 donne che hanno riportato effetti nocivi in generale.
Tutto questo ricorda anche la raccomandazione di mantenere sotto osservazione le donne che utilizzano il farmaco RU486; per questo in Italia il suo uso è consentito SOLO con ricovero di tre giorni in ospedale. Nonostante questo invece alcune regioni come l'Emilia Romagna e da marzo anche il Lazio ne hanno permesso l’uso anche in day hospital, e la Toscana sta pensando all’uso al di fuori degli ospedali.
La notizia di questa morte ci addolora profondamente e dovrebbe far riflettere sull’uso di questi farmaci, pensare a una giovane donna che vive già il dramma dell’aborto e poi perde la vita non può lasciare indifferenti. Forse, ma ne dubitiamo, si aprirà un dibattito che possa ammettere che i pericoli ci sono.
Il Dottor Viale difendendo la RU486 dice che sono già 40.000 le donne che l'hanno usata, ma già pensare ad 1 morto su 40.000 casi rappresenta un elevato fattore di rischio; bisognerebbe inoltre che venissero resi noti anche i dati sui casi di infezioni e emorragie fino ad oggi registrati in Italia a seguito dell’utilizzo della RU486. Ci sembra di poter dire che questi mezzi si stanno diffondendo senza nessuna discussione. E’ doveroso poi ricordare che in questa tragica storia c’è un'altra vittima che è il bambino cui è stato impedito di nascere. Sembra quasi scontato dirlo, ma forse proprio queste pillole abortive rischiano di banalizzare l’aborto e di renderlo una cosa privata che coinvolge esclusivamente la donna. Speriamo che da questa tragica storia possa sorgere un ripensamento e almeno un allarme nelle donne che sono state indotte a pensare che l’uso di queste pillole è senza rischi.

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