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Strage per eutanasia: la testimonianza di Sylvie Menard

Fonte:
CulturaCattolica.it

Il tema dell’eutanasia è purtroppo sempre di attualità sia in Italia che in Europa, perché alcune lobby e partiti spingono per allargare le situazioni in cui applicarla dove le leggi la permettono già, e per approvare nuove leggi per legalizzarla dove invece è vietata.
Dopo il naufragio della Legge sul fine vita, che definiva chiaramente dei limiti alle dichiarazioni anticipate, e che metteva esplicitamente fuori legge ogni tipo di eutanasia, oggi varie componenti culturali rilanciano il tema delle DAT e quindi i registri del testamento biologico a partire dalle grandi città, per riuscire ad ottenere una legislazione favorevole con una deriva che spinge nella direzione di un abbandono dei malati, e a ridurre l’autodeterminazione a un diritto di proprietà sulla vita che porta a porre termine alla vita dei malati che lo richiedessero. Si cerca di ottenere così quello che non si è approvato in Parlamento partendo dal livello locale, pur sapendo che (per come è organizzata la materia a livello costituzionale e per la gestione della sanità) ben difficilmente i provvedimenti nei Comuni avranno validità giuridica.
La deriva di una simile impostazione che si prefigura nelle varie nuove proposte sul testamento biologico è stata segnalata tra l’altro dall’oncologa Sylvie Menard che ha partecipato al Convegno organizzato dal Movimento per la Vita Ambrosiano e anche all’audizione al Comune di Milano. Si chiede a persone sane di esprimersi in base alla paura della sofferenza su una situazione ipotetica, quindi su una situazione non reale, non potendo prevedere la malattia e le terapie applicabili nel momento in cui essa si presenterà, senza tener conto che dal momento della diagnosi la malattia condizionerà le decisioni che potranno cambiare rispetto a quelle scritte da sani, cambierà lo stato d’animo della persona che è ora diventata una paziente. Così ci racconta la testimonianza della dott.ssa Menard: “Dopo più di 30 anni di ricerca oncologica, l'incontro 8 anni fa con la malattia cancro ha cambiato completamente la mia percezione della vita e della morte, e quindi anche il parere sul testamento biologico e l'eutanasia”. La Menard ha denunciato il rischio di una vera strage. L’esperienza medica mostra che i pazienti non cercano la morte se curati e accuditi e che possono sempre scegliere col medico curante le terapie. Come dimostra l’esperienza dell’oncologa Ripamonti, anch’essa presente al convegno organizzato dal Movimento per la vita Ambrosiano: “L’ascolto dei pazienti e la valutazione dei loro bisogni e di quelli della loro famiglia insieme ad un trattamento adeguato del dolore e degli altri sintomi invalidanti fisici, psicologi, sociali riduce drasticamente il desiderio di morire. L’accompagnamento spirituale dei pazienti durante tutta la malattia è una sana preparazione alla morte.”
Il testamento biologico come proposto non dà nessun valore al ruolo del medico nel rapporto col paziente e alla sua professionalità. L’esperienza dei Paesi del Nord Europa testimonia che il rischio è che questo strumento non sia una maggiore libertà per il paziente, ma anzi la premessa per un abbandono medico e soprattutto il modo per introdurre l’eutanasia.
Belgio e Olanda con i loro drammatici dati, dimostrano come certe leggi portano ad una deriva delle pratiche mediche. In Olanda l’eutanasia è legale dal 2002; i casi di eutanasia sono in costante aumento; circa 2400 persone muoiono ufficialmente per eutanasia ogni anno, nel 2009 i morti sono stati 2636 e segnano un +13% rispetto al 2008. In Olanda l’eutanasia per i malati terminali è diventata una pratica comune. In 12 casi nel 2009 è stata concessa l’eutanasia a persone che soffrivano di demenza allo stadio iniziale. Il rapporto Groningen ha introdotto in Olanda l’eutanasia sui bambini “se le loro prospettive di vita sono fosche”. Si calcola che la maggioranza (65 %) dei neonati deceduti sotto i dodici mesi siano morti a causa dell’interruzione delle terapie salva vita. In Belgio l’eutanasia, che è legale dal 2002, si pratica nelle stanze a fianco di quelle dove si fa il prelievo degli organi, e vari rapporti calcolano un elevato numero dei casi di eutanasia privi di esplicita richiesta da parte dei pazienti. In Belgio i dati ufficiali di eutanasia nel 2011 hanno fatto segnare un nuovo record, toccando quota 1.133 (+17%) e 1432 nel 2012 (+25%). Secondo una ricercatrice dell’Università di Gand, il 50% dei bambini colpiti da malattie gravissime e deceduti in Belgio entro il primo anno di vita sono stati aiutati o lasciati morire. In 5 delle 7 unità di cura intensiva pediatriche del paese, negli ultimi tre anni, i casi di eutanasia infantile sono stati oltre 80. E’ di questi giorni la terribile notizia che arriva dal Belgio dove il Parlamento si appresta ad estendere la morte assistita agli under 18 . Tutti questi fautori della libertà, tra l’altro intesa solo come autodeterminazione ma slegata da ogni rapporto relazionale, affettivo, e da ogni responsabilità, dovrebbero vedere nella deriva dei Paesi del Nord Europa come alla fine sarà il medico che deciderà chi è degno di vivere e chi no, fino appunto a decidere per conto di chi non è ritenuto in grado di poterlo fare: minori e incapaci di intendere e volere. La nuova legge in Belgio darà ai medici la facoltà di valutare caso per caso se la malattia è abbastanza grave da ammettere il ricorso all’eutanasia.
Si sta perdendo l’idea di chi è l’uomo, questo è ciò che è alla base di queste legislazioni. L’idea di uomo oggi è in crisi perché si sta perdendo il fondamento dell’umanesimo che ha plasmato l’Occidente, che è il cristianesimo basato sulla visione di un Dio amorevole che dona pari dignità ad ogni essere umano e lo ama incondizionatamente e che insegna all’uomo ad occuparsi, prendere cura appunto, del suo prossimo, soprattutto quello più debole. Papa Francesco in occasione dell’incontro mondiale sull’ Evangelium Vitae ha ricordato che: "Quando l’uomo vuole affermare se stesso, chiudendosi nel proprio egoismo e mettendosi al posto di Dio, finisce per seminare morte". Questo si vede, come ha ricordato il Dott. Giovanni Battista Guizzetti al convegno del MVA, nei casi degli stati vegetativi. “Fare qualcosa di assolutamente inutile in termini utilitaristici, non sempre è privo di rilievo. In una società ci sono delle realtà, che ci dicono del livello di civiltà di una convivenza. La disponibilità a prenderci cura dello stato vegetativo è certamente una di queste. L’assistenza erogata a questa condizione è espressione dell’indisponibilità a rassegnarci troppo facilmente al male e al dolore che saranno sempre presenti nella nostra vicenda umana. La possibilità, anche di fronte alle manifestazioni più sconvolgenti della nostra finitezza, di poter riconoscere un bene e un valore che comunque permane, significa riaffermare l’assoluta dignità della nostra condizione umana”.
L’eliminazione del dolore dei malati può avvenire per via farmacologica, come ci dice la dott.ssa Ripamonti e come ci dice la medicina; invece l’ideologia che poggia sull’eutanasia è quella per cui bisogna eliminare la malattia o ogni situazione di fragilità dall’uomo, ma questo non è possibile essendo la malattia parte della natura umana. In questa idea dell’uomo l’eliminazione del malato verrà stabilita dai medici e dai sani che non saranno più capaci di accudire il fratello malato, che nella malattia come dice la dottoressa Menard non perde dignità, ma può cambiare la sua vita e a volte accorgersi che le piccole cose valgono e non sono sempre scontate.

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