La nostra patria Europa
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In un momento di grave crisi dell’identità europea, e di consenso a favore dell’unione europea noi vogliamo con forza ribadire che siamo per l’Europa unita. Non possiamo scordare che i padri fondatori dell’Europa sono stati politici cattolici, che la prima esperienza di Europa unita è stata il monachesimo benedettino (non aveva confini e ha avuto un ruolo primario per la diffusione della fede, della cultura, del commercio); come dimenticare poi l’esperienza del Sacro romano impero? Certamente contestualizzata e non riproponibile oggi. La dimensione europea è anche (non solo) cattolica.
Gli errori e la euro burocrazia asettica che pensa di costruire un’Europa senza etica e qualche volta contro l’etica e senza radici sono certamente da condannare, ma la moneta unica è stato un grande passo in avanti; il problema è che all’unione monetaria non si è affiancata un'unione politica e il vuoto politico è stato colmato da una burocrazia invadente e da un tecnicismo esagerato e vuoto, lontano dal sentire della gente e qualche volta contro il bene comune.
Andrebbe rivisto come punto d’inizio della crisi europea la mancata approvazione più di 10 anni fa della Costituzione Europea dopo la bocciatura coi referendum (in parte condivisibile visto che la Costituzione non prevede neanche il riconoscimento delle vere radici europee). Purtroppo non è seguita una fase di ripensamento che coinvolgesse i popoli e i loro valori ma si è proseguito come se nulla fosse.
Ma, detto questo, non buttiamo l’Europa, perché senza Europa tornano i nazionalismi che sappiamo bene cosa hanno provocato, e tornano la svalutazione e l’inflazione. Oggi c’è chi punta, e non solo in Europa, alla disgregazione di questo cammino, o all’opposto chi vorrebbe rendere tutto omogeneo in un’omologazione senz’anima, e chi vorrebbe invece che si riprendesse il cammino originale che punta sull’unione delle differenze. Certo esistono dei rischi legati all’eccessivo peso dei burocrati e lo aveva capito anche De Gasperi la cui frase all’ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO D’EUROPA (Strasburgo, 10 dicembre 1951) sembra attualissima “Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino e si animino in una sintesi superiore – non rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale? potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva quale appare in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero. In questo caso le nuove generazioni, prese dalla spinta più ardente del loro sangue e della loro terra, guarderebbero alla costruzione europea come ad uno strumento di imbarazzo ed oppressione. In questo caso il pericolo di involuzione è evidente. Ecco perché, pure avendo una coscienza chiara della necessità di creare la costruzione, noi giudichiamo che in nessun momento bisognerà agire e costruire in maniera che il fine da raggiungere non risulti chiaro, determinato e garantito.”
Questa crisi rischia di far tornare le antipatie del Nord Europa per il Sud sprecone e del Sud verso il Nord che vuole imporsi. Non si può non essere europei e sinceramente non condividiamo certe posizioni anche di alcuni cattolici, antieuropeiste che sono antistoriche, senza contare che errori da parte degli Stati oggi in difficoltà, Italia compresa, ce ne sono stati e non possiamo far finta di nulla, pur criticando eccessi puritani e tecnocrati del Nord Europa. Inoltre bisogna saper vedere che non è vero che tutto dipende da una specie di classe burocratica non eletta; chi influisce sull’attuale crisi non sta solo in Europa. Ci sono anche interessi e politiche antieuropee in altri paesi, in Europa inoltre chi fa i trattati sono esponenti di governi eletti che possono far valere le loro posizioni. Non è vero che nessun paese può porre veti: la GB per esempio per difendere la City e la sterlina l’ha fatto.
L’Europa ha portato vantaggi e anche l’euro: a volte andrebbero ricordati: lo sviluppo economico, la pace, gli scambi culturali, la possibilità di viaggiare con più facilità, il sentirsi un’unica famiglia europea, anche se oggi lo spirito solidaristico, che dovrebbe aiutarci a superare la crisi, latita di fronte agli egoismi. Il punto centrale rimane cosa deve unire i paesi europei. Si vogliono vedere solo gli aspetti economici e non anche quelli culturali e religiosi che costituiscono le radici dell’Europa; per esempio si pensi alla Grecia e al ruolo della cultura classica, o alle radici cristiane e quindi al recupero della dottrina sociale cristiana anche riguardo all’economia; si pensi ai suggerimenti di papa BenedettoXVI sui gemellaggi economici fatto al Convegno mondiale delle famiglie a Milano. De Gasperi diceva che bisogna far sì che rientrino tutte le componenti nella costruzione dell’Europa, quella liberale, quella sociale, quella cristiana. Luigi Bruni su Avvenire scrive giustamente: “L’Europa salverà se stessa, la propria moneta e l’economia di mercato se saprà “unire” davvero il suo peso politico, culturale ed economico e lo userà per rimettere il lavoro e l’impresa al centro dell’economia”. Un modello di economia che non deve essere pensato come un luogo separato e con proprie leggi diverse da quelle che regolano l’intera vita sociale. Il nostro modello non è quello della speculazione e del business a tutti i costi, ma quello dove l’impresa si fa carico di problemi sociali e familiari. Al centro dell’Europa che vogliamo, ci deve essere poi la difesa dei diritti “non negoziabili” e della dignità di ogni persona, che proprio la cultura umanistica e cristiana hanno valorizzato nella storia europea.
Politica, Economia, Religione e Cultura sono come le 4 gambe di una sedia, l’Europa, che se ne perde una non sta più in piedi.