Concerto per violino e orchestra (1935) - Prima di iniziare il cammino
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"In memoria di un angelo"
La musica d'arte (quella che generalmente chiamiamo "classica") del ventesimo secolo può sembrare ad un primo ascolto - supponiamo pure, non frettoloso - spesso lontana dal mondo dell'arte con la "A" maiuscola; radicalmente estranea alla tornita perfezione che istintivamente tendiamo ad associare a quella parola. Occorre una speciale apertura del cuore per accostarsi ad essa, e certamente un'applicazione della volontà. Una disponibilità a lasciarsi interrogare brutalmente fino, forse, a lasciarsi ferire. Ma vale la pena di correre questo rischio perché ogni volta ne usciamo più veri, più coscienti di quanto veramente siamo (la visione può non essere sempre edificante!) e della Misericordia di cui siamo continuamente fatti oggetto.
Il Concerto per violino e orchestra di Alban Berg (1885-1935) appartiene a pieno titolo a questo genere d'arte, costituendo uno dei vertici assoluti della letteratura violinistica del Novecento e una delle più espressive testimonianze musicali dello smarrimento che abita il cuore dell'uomo contemporaneo.
Non dovremo tuttavia dimenticare, addentrandoci nell'esame dell'opera, che il linguaggio musicale nel quale Berg si esprime – la dodecafonia, tecnica compositiva inventata da Arnold Schönberg tra il 1908 e il 1923 e fondata sull'utilizzo di una o più serie di dodici suoni, organizzati in forme spesso sofisticatissime – non era pacificamente accettato neppure dal pubblico al quale l'Autore intendeva rivolgersi. A tanti decenni dalla scrittura e dalla prima esecuzione del Concerto (1935) la situazione non appare oggi significativamente mutata, almeno nelle sue coordinate fondamentali. Proprio in questo risiede la contraddizione radicale che rende il Concerto tanto impressionante all'ascolto: il cozzare titanico di un linguaggio (meglio: sintassi) di alto spessore concettuale e di raffinata costruzione razionale - ma accusato di essere freddo e inespressivo - e di una arroventata volontà di espressione (meglio: comunicazione) soggettiva.