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13 luglio - KURT HUBER E ALEXANDER SCHMORELL, la Rosa Bianca e il nuovo totalitarismo.

Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.

Le parole più suggestive le pronunciò Romano Guardini durante la rievocazione del gruppo avvenuta il 12 luglio 1958 nell'università di Monaco, RICORDANDO LA POSSIBILITÀ DI UN TOTALITARISMO NUOVO E BEN PIÙ PERICOLOSO DEI TOTALITARISMI CLASSICI


"Può succedere così che questi uomini, ad un dato momento, quando tutti quanti si sentono tranquilli e sicuri nella condizione dominante, debbano annunciare la dissoluzione di questa condizione, e il farsi avanti di una nuova forma di esistenza che preme dal grembo della storia. Pensiamo alle parole di Jakob Burckhardt; o a quelle più turbolente del suo collega di allora all’università di Basilea, Friedrich Nietzsche.

Al tempo in cui vivevano, l’ordine moderno razionalistico borghese della vita sembrava prosperare sotto ogni punto di vista e il futuro sembrava sicuro. Ma essi videro che quell’epoca andava verso la fine e che una nuova epoca si preparava, anche se essi descrivevano in modo diverso e la decadenza e le forze emergenti. Quella era una profezia esplicita; ma c’è anche, io credo, una profezia nascosta; nascosta non solo a chi la ascolta, che non capisce ciò che viene detto, ma anche a chi la pronuncia. Egli annuncia delle cose e compie delle azioni che contengono più di quanto egli stesso sia consapevole.

Così è stato per le parole che Hans Scholl ha pronunciato prima di morire (viva la libertà! ndr). Quelle parole sono state qualche cosa di più della semplice protesta di un cuore grande contro la violenza che regnava in Germania. Nel suo significato più profondo, di cui egli stesso non era ancora consapevole, quel grido di libertà si dirigeva non solo contro un sistema che viveva di ossessioni di potenza e di visioni deliranti, ma contro una minaccia assai più forte che già da lungo tempo si faceva strada.

Ciò che avveniva allora sul piano politico, era la prima forma di espressione di ciò che si preparava su un piano più profondo della storia.
Oggi noi lo vediamo – voglio essere più prudente: lo vedono coloro che vogliono vedere.
E’ il pericolo di un asservimento, che proviene dall’opera stessa dell’uomo negli ultimi secoli.

Le azioni dell’uomo si sono sempre ripercosse sull’uomo stesso. Possedere è sempre stato un essere posseduto, esercitare il potere un subire il potere. Tuttavia, fino ancora alla metà circa del secolo scorso, il rapporto tra libertà e dipendenza si è mantenuto in una proporzione che oggi giudichiamo assai felice. Questa proporzione si è modificata successivamente, e in modo senz’altro essenziale.

Il potere dell’uomo sulla natura si è concentrato in oggetti da lui prodotti che hanno una forza mai vista; li chiamiamo macchine. A seconda della loro funzione e della loro specifica fabbricazione stanno l’una in rapporto all’altra in un grande sistema di interdipendenze; questo è ciò che chiamiamo “tecnica”. Essa si fonda su una ricerca scientifica in continua crescita e su di una organizzazione socio-economica che attraversa sia la vita dello Stato che quella del popolo: questa è ciò che chiamiamo la “società moderna”.
E’ tipico di questa società il fenomeno dell’opinione pubblica, ossia dell’opinione che non si forma spontaneamente dalla vita delle persone o dei gruppi, ma viene guidata dalla stampa, dal servizio d’informazioni, dalla radio, dalla televisione; attraverso iniziative, programmi, rappresentanze di interessi dei tipi più diversi.
Parallelamente a questa il fenomeno del traffico, in ferrovia, nave, aereo, automobile, raccoglie tutto ciò che riguarda l’organizzazione, la propaganda, e tutto il resto. Tutte queste attività, strutture e prodotti creano un ambiente che condiziona l’uomo stesso. Non solo per il fatto che esige da lui le prestazioni corrispondenti, ma anche perché lo porta ad un atteggiamento spirituale che si esprime in criteri che stabiliscono ciò che è degno della vita e in ordinamenti dei valori.
Nasce così un “tutto” che incide in ogni sfera della realtà: sorge una nuova “forma del mondo”, e ciò significa anche una nuova “forma dell’uomo”.
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A partire dall'interiorità si gioca il nostro destino: se noi restiamo signori delle nostre opere, oppure i loro funzionari. E’ necessario preservarsi dall’invadenza della sfera pubblica e riconoscere come sacri i legami umani originari
Ma i veri cambiamenti possono accadere soltanto a partire dall’interiorità, e non sarà cosa di poco conto il realizzarli non sarà facile riconoscere che qui si gioca il destino dell’uomo: se egli resta signore delle proprie opere, oppure il loro funzionario.
L’uomo, dunque, deve situarsi in se stesso. Deve crearsi lo spazio della riservatezza personale e deve preservarlo dall’invadenza della sfera pubblica.

Deve tornare a riconoscere come sacri i legami umani originari e li deve custodire. Deve essere deciso a non sottostare a ciò che “si” fa, a ciò che “si” deve avere e vedere. Deve costruire dentro di sé una barriera contro i flutti dei condizionamenti sociali che giungono attraverso la pubblicità, le notizie, la radio, e tutto il resto.
E – cosa da non dimenticare – deve liberare la propria vita spirituale da quel narcotico con cui addormentano la loro coscienza tutti coloro, che non vogliono analizzare a fondo nessun problema con lo spirito di una corretta critica culturale: la fede nel progresso universale" (Romano Guardini).