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Amato: «Sono un fondamentalista»

Fonte:
CulturaCattolica.it

Devo fare un annuncio pubblico: io sono un fondamentalista. Già vedo arcuare le sopracciglia di qualche lettore. Allora, precisiamo. Sono fondamentalista secondo il senso che a questo termine ha dato il Cardinale Burke, rispondendo ad una provocazione originata dalla sua nota opposizione ad ogni mutamento della prassi pastorale in discussione al Sinodo della Famiglia del 2015. «Se essere fondamentalista», precisò il porporato «significa insistere sulle cose fondamentali, allora sono fondamentalista».
Concetto ribadito da un altro grande Principe della Chiesa, che per me è diventato un mito: il cardinal Robert Sarah. Alla domanda se pure lui si considerasse un “fondamentalista” nel senso attribuito da Burke al termine, Sarah ha risposto sorridendo: «Sì, sicuramente!».
Ma, in realtà, ogni cristiano dovrebbe essere “naturaliter” fondamentalista, in senso burkiano (inteso come cardinale). Ogni cristiano dovrebbe centrare la propria esistenza e agire perché tutta la società sia orientata sul «fundamentum fidei», ovvero sull’elemento fondamentale della fede cristiana: Gesù Cristo, Figlio Unigenito di Dio, gloriosamente risorto dai morti. Tutto il resto, come dice San Paolo, non è che “σκύβαλα”, termine volgare per indicare gli escrementi umani (letteralmente merda), edulcorato nella traduzione C.E.I. con la parola «spazzatura».
Sono fondamentalista anche in senso ratzingeriano. Sosteneva, infatti, il grande Benedetto XVI, oggi Papa Emerito, che «Quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate, si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico», ecco perché «la difesa dei diritti universali dell’uomo e l’affermazione del valore assoluto della dignità della persona postulano un fondamento». Si chiedeva, quindi, Ratzinger: «Non è proprio la legge naturale questo fondamento, con i valori non negoziabili che essa indica?». Ecco, se difendere ad oltranza la legge naturale e i valori non negoziabili che essa indica – ovvero il fondamento di cui parla Ratzinger – significa essere fondamentalisti, allora io sono convintamente fondamentalista.
Sono ancor più convintamente fondamentalista, poi, se per fondamentalismo si intende quello storico (che ha originato lo stesso termine) del presbiteriano John Gresham Machen e il suo “Christianity and LIberalism” (1923), in cui con acutezza e forza viene attaccato l’immanentismo della teologia liberale, l’intuizione sentimentale che sostituisce la rivelazione oggettiva, l’eliminazione del peccato nell’antropologia e l’ottimismo utopistico nella visione della storia.
Sono fondamentalista anche in un altro senso. Sempre il cardinal Sarah nell’intervista della citata provocazione, ha chiarito che l’uomo non si può dividere, non si può «separare, cioè, la sua identità propria e il suo lavoro, la sua politica». «Non dobbiamo mischiare la religione con la politica», precisa il cardinale «però, allo stesso tempo, l’uomo è uno; non puoi essere un cristiano in chiesa, e fuori un’altra persona». Essere fondamentalisti in questo senso significa chiedersi «come radicare il Vangelo nel proprio operare, nella politica, nell’economia?», perché, appunto, «questo è il problema fondamentale». Quindi il punto è essere cristiani autentici, interessati solo a ciò che è veramente fondamentale «nell’attualità, nell’economia nella politica, nell’arte, nella cultura, nella vita familiare», perché «è impossibile dire sono cristiano e poi non mi sposo in chiesa, per esempio, o è difficile dire sono un cristiano però non vado a messa; l’esser cristiano deve riflettersi per forza nella vita pratica, e ognuno di noi è immerso nella società».
Se, infine, essere fondamentalisti significa rifiutare ogni possibile forma di compromesso sulle questioni dottrinali fondamentali del cristianesimo; respingere l’idea di essere nel mondo ma non del mondo; contrastare qualunque ipotesi di mediazione sull’identità e la dignità dell’essere umano; contestare chi nega l’esistenza della Verità assoluta; combattere la dittatura del relativismo etico; non escludere il senso del peccato; non rinunciare al coraggio della testimonianza; non negoziare principi, valori e ideali; non cedere all’abbraccio mortale del modernismo; insomma, se essere fondamentalisti significa non voler diventare «sale insipido» (Mt 5,13), allora io sono dichiaratamente, convintamente e orgogliosamente fondamentalista.

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