#Lupi, dove stanno i «doveri» per noi cattolici?
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E’ davvero un mistero come quasi tutti i politici non riescano ad uscire di scena con classe e dignità. Perché anche carriere eccellenti devono sempre concludersi, nella penombra del tramonto, con un epilogo tristemente patetico e malinconico? Purtroppo a questa ferrea regola non sta facendo eccezione neppure Maurizio Lupi. Eppure quando, anni fa, l’ho conosciuto era un ragazzo intelligente, brillante, quasi un idealista. Ora che anche lui si è incamminato nel “Sunset Boulevard” della sua carriera politica non riesce proprio a lasciare il palcoscenico con stile, in maniera decorosa e composta. Ne è prova la sua ultima uscita pubblicata nel suo profilo Facebook, e subissata dai fischi impietosi di 362 commenti negativi. Ecco il testo: «Abbiamo approvato la legge sulle #unionicivili perché era un nostro dovere costituzionale dare diritti a queste nuove unioni sociali. Riconoscere un diritto non è, per noi cattolici, un cedimento rispetto ai propri principi». Interessante la tesi secondo cui riconoscere un diritto per un cattolico non è un cedimento. Il punto è cosa si intenda per “diritto”. Troppo facile chiedere a Maurizio cosa dovrà fare allora un parlamentare cattolico quando in Italia si discuterà del “diritto all’amore intergenerazionale” (alias pedofilia), o del diritto all’eutanasia infantile. Riconoscere questi diritti, come stanno facendo in Olanda e in Belgio, non è un atto di cedimento rispetto ai principi cattolici? Vabbè, Maurizio ce lo spiegherà quando si discuterà di questo, se sarà ancora in parlamento.
Ma restiamo al tema delle unioni civili. Avevamo già spiegato all’ex ministro Lupi quali sono esattamente i termini della questione ma evidentemente non siamo stati capiti. Cerchiamo di spiegarlo nuovamente, forti del principio – non cattolico – che “repetita juvant”.
Vedi, caro Maurizio, la legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso (che tu hai ritenuto un DOVERE approvare) fa assurgere il rapporto innaturale, privatamente instaurato tra due adulti dello stesso sesso, a relazione sociale prevista ed approvata a livello normativo, al punto da divenire, attraverso l’unione civile, un formale istituto giuridico del nostro ordinamento. Anzi, di più. Si è fatta diventare per legge una formazione sociale di rilievo addirittura costituzionale. Basta leggere l’incipit del maxiemendamento approvato dalla Camera dei Deputati, ovvero il primo comma dell’articolo unico: «La presente legge istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione». Anzi, ancora di più. Si è introdotto per legge un nuovo modello di famiglia. Basta leggere il dodicesimo comma dell’articolo unico del maxiemendamento: «Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato». Nella lingua italiana il termine “vita familiare”, caro Maurizio, ha un significato inequivoco. Ora, se consideriamo l’effetto pedagogico della legge, non possiamo non immaginare le ricadute di natura culturale, sociologica, educativa che la sciagurata legge sulle unioni same-sex inesorabilmente determineranno per le nostre future generazioni. Come fai, Maurizio, a non comprendere gli effetti di una simile rivoluzione antropologica? Offriremo ai nostri giovani l’opzione del rapporto omosessuale come modello che lo stesso ordinamento giuridico prevede perfettamente alternativo a quello eterosessuale? Offriremo ai nostri giovani l’opzione della famiglia omosessuale come modello che lo stesso ordinamento giuridico prevede espressamente alternativo a quello eterosessuale? Bisogna che tu, caro Maurizio, lo spieghi a tutti i genitori – e non sono pochi – che oggi protestano vivamente nelle scuole per la prassi già invalsa di introdurre nella modulistica didattica ed amministrativa i nuovi termini di “genitore 1” e di “genitore 2”, sostitutivi di “padre” e “madre”. Con l’approvazione della legge sulle unioni civili questo è diventato inevitabilmente obbligatorio. Dovrai anche spiegare, caro Maurizio, a quei genitori “omofobi” che non potranno più lamentarsi se ai propri figli verrà insegnata la filastrocca di “Emma e le sue due mamme”, o se verranno letti gli ormai celebri racconti di Francesca Pardi intitolati “Perché hai due mamme?” e “Perché hai due papà?”. A questo punto sarà doveroso spiegare ai bambini che l’ordinamento giuridico italiano – grazie anche al tuo voto – ha introdotto legalmente un nuovo modello di famiglia, il quale rientra legittimamente nell’eventuale possibile novero delle loro future scelte di vita.
Sulla questione dei principi cattolici, caro Maurizio, ti ripetiamo ancora una volta di leggere attentamente – fallo davvero – il documento che Joseph Ratzinger ha redatto e sottoscritto in data 2 giugno 2003, nella sua qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, intitolato “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali”. Sì, un documento proprio sul tema specifico delle unioni civili same-sex. Leggilo attentamente quel documento e scoprirai che esso contiene un quarto capitolo intitolato “Comportamento dei politici cattolici nei confronti di legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali”, il cui punto 10 merita di essere testualmente ricordato: «Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche.
Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale».
Spero, caro Maurizio, che tu ti sia accorto che la legge che hai approvato era stata proposta per la prima volta nel parlamento italiano. Sotto il profilo cattolico, il tuo voto favorevole, quindi, non è stato un “atto doveroso”, ma un “atto gravemente immorale”. Parola dell’ex Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ex Romano Pontefice col nome di Benedetto XVI, attuale Papa Emerito.