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Annunciare Cristo nell’era digitale

Fonte:
CulturaCattolica.it
È vero che il Papa ha richiamato alla pazienza, contro la fretta di internet. Ma è anche vero che le notizie e i commenti devono essere espressi con tempestività, altrimenti, in questo mondo «in corsa» si rischia di «perdere il treno». E poi è anche vero che della Madonna si dice che «andò in fretta» a trovare la cugina Elisabetta, rispondendo alle indicazioni dell’Angelo.
Così ho deciso, dopo avere scritto a vari giornali, di pubblicare il mio commento a quanto il Papa ha detto alla UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI perché mi pare un utile contributo alla riflessione di tutti, nella speranza di favorire un dialogo con tutti coloro che guardano ad internet con una passione e preoccupazione educativa

«La partecipazione ai lavori in assemblea è riservata ai membri e consultori del Pontificio Consiglio per i Laici»: non faccio parte di quella categoria, quindi per me è stato off-limits. Questo non significa che non abbia niente da dire. L’esperienza di quasi vent’anni in rete mi ha permesso di conoscere in qualche modo questa realtà, di interagire, di essermi fatto un giudizio. Ho anche partecipato al convegno della CEI «Testimoni digitali» e mi sono reso conto della portata dello strumento Internet, come pure, però, della sprovvedutezza di molti cattolici. Soprattutto in questi anni ho avuto modo di incontrare realtà educative, con cui mettere in comune riflessioni, esperienze, difficoltà e scoperte. E già quattro anni fa abbiamo messo a punto qualche utile e concreto suggerimento per gli educatori che si occupano delle relazioni dei giovani con il web.
Leggendo quanto Papa Francesco ha detto nella UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI il 7 dicembre di quest’anno a proposito della presenza dei cristiani nella rete ho avuto un sussulto di gioia, per la sintonia che questi anni di militanza in rete mi hanno reso evidente.
Riporto quanto ha detto il Pontefice: «Si tratta di un campo privilegiato per l’azione dei giovani, per i quali la “rete” è, per così dire, connaturale. Internet è una realtà diffusa, complessa e in continua evoluzione, e il suo sviluppo ripropone la questione sempre attuale del rapporto tra la fede e la cultura. Già durante i primi secoli dell’era cristiana, la Chiesa volle misurarsi con la straordinaria eredità della cultura greca. Di fronte a filosofie di grande profondità e a un metodo educativo di eccezionale valore, intrisi però di elementi pagani, i Padri non si chiusero al confronto, né d’altra parte cedettero al compromesso con alcune idee in contrasto con la fede. Seppero invece riconoscere e assimilare i concetti più elevati, trasformandoli dall’interno alla luce della Parola di Dio. Attuarono quello che chiede san Paolo: «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1 Ts 5,21). Anche tra le opportunità e i pericoli della rete, occorre «vagliare ogni cosa», consapevoli che certamente troveremo monete false, illusioni pericolose e trappole da evitare. Ma, guidati dallo Spirito Santo, scopriremo anche preziose opportunità per condurre gli uomini al volto luminoso del Signore.
Tra le possibilità offerte dalla comunicazione digitale, la più importante riguarda l’annuncio del Vangelo. Certo non è sufficiente acquisire competenze tecnologiche, pur importanti. Si tratta anzitutto di incontrare donne e uomini reali, spesso feriti o smarriti, per offrire loro vere ragioni di speranza. L’annuncio richiede relazioni umane autentiche e dirette per sfociare in un incontro personale con il Signore. Pertanto internet non basta, la tecnologia non è sufficiente. Questo però non vuol dire che la presenza della Chiesa nella rete sia inutile; al contrario, è indispensabile essere presenti, sempre con stile evangelico, in quello che per tanti, specie giovani, è diventato una sorta di ambiente di vita, per risvegliare le domande insopprimibili del cuore sul senso dell’esistenza, e indicare la via che porta a Colui che è la risposta, la Misericordia divina fatta carne, il Signore Gesù.
Cari amici, la Chiesa è sempre in cammino, alla ricerca di nuove vie per l’annuncio del Vangelo».
Alcune piste di riflessione, perché la lezione del Papa possa dare i tantissimi frutti che ci aspettiamo:
1. Nel rapporto tra fede e cultura abbiamo sempre sostenuto, in tutti gli incontri che abbiamo fatto, che «una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». Questo ci dà l’occasione di incontrare ogni uomo, di usare con criterio ogni mezzo, ma anche di creare, per la forza della fede che abbiamo, una modalità originale di presenza, persino un linguaggio (come hanno saputo fare i Padri della Chiesa ricordati dal Papa). In che modo siamo realisti e creativi nella rete?
2. Molte volte si trovano in rete presenze cristiane che sembrano cedere in qualche modo al compromesso, nella illusione che una posizione annacquata o «sbarazzina» sia più capace di comunicare al cuore dell’uomo. Qui viene in mente il suggerimento che Giovanni Paolo II dava a proposito di «legge della gradualità» e «gradualità della legge». In che modo una presenza «evangelizzatrice» sa comunicare ciò che è essenziale senza schematismi, in maniera avvincente, aprendo a un confronto e non chiudendo gli spazi di ricerca e dialogo che spesso si trovano?
3. «Experto crede, multo magis invenies in silvis et in lapidibus, quam in libris – Fidati di chi ha esperienza, troverai molto più da imparare nei boschi e nelle pietre che sui libri». In che modo chi «ha esperienza» può mettersi in collaborazione con chi tenta di avventurarsi in questo mondo della comunicazione con il desiderio di comunicare, ma spesso con le ingenuità del neofita? Quanto è difficile pensare a una sinergia tra chi lavora in questo campo e tra chi semplicemente lo usa per dire la gioia di ciò che ha incontrato!
4. «La Chiesa è sempre in cammino, alla ricerca di nuove vie per l’annuncio del Vangelo»: in che cosa consiste propriamente l’essere parte della Chiesa in chi cerca di comunicare il Vangelo in questo mondo virtuale (che però deve sempre aprire al reale)? E la Chiesa è una comunione, non un insieme di individui o di realtà gelose del proprio orticello, dei propri «contatti». Se la «cattolicità» di un sito non dipende da un «bollino» o da un «marchio di garanzia», è pur vero che ci vuole qualcuno che sappia favorire la conoscenza e l’incontro tra tutte le presenze. Tenendo conto dell’autentico principio di «sussidiarietà», che tende a valorizzare e non a sostituire chi opera. Perché tanti che agiscono in rete, investiti da una responsabilità autorevole, sembrano più i padroni che i servitori di una presenza in rete?
5. Infine, la lotta per la verità è accanita. Il mondo della comunicazione spesso manipola invece che informare. Perché non favorire una «alleanza» tra i cattolici perché si possa – nella libertà e nel rispetto di ogni impostazione – favorire un impegno comune?

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