Fede, cultura e diritti
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Che la fede diventi cultura è uno degli imperativi più urgenti di questo momento storico. “Lasciare che la fede diventi cultura” diceva Giovanni Paolo II, poiché “una fede che non diventi cultura non è una fede pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta” (1982, al MEIC). Ma cosa significa questo? La comprensione corretta dei due termini è fondamentale per vivere con serietà la sfida del nostro tempo. A cosa serve la fede? Cosa significa per noi cultura? Dobbiamo liberare le parole dalle polveri grigie della mentalità positivista che le ha ingabbiate in definizioni improduttive. La fede concepita e ridotta a regole e a principi da vivere in una sfera il più possibile privata, come vorrebbe la mentalità corrente, non risulta certo interessante ma neppure può reggere - per la debolezza intrinseca alla sua definizione-, con la ricchezza del Magistero che ha caratterizzato il XX secolo e il XXI in corso. È pertanto indispensabile che si ricorra al sapiente insegnamento della Chiesa, espresso in forma completa e profonda da Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora Francesco. Figure diverse tra loro, certo, ma profondamente unite. Nella novità, a volte sbalorditiva, di papa Francesco si legge la linea di continuità con il suo predecessore, da Lui continuamente citato e verso il quale nutre profondo affetto e devozione. Sulla testimonianza di chi l'ha preceduto, papa Francesco poggia la bellezza della sua proposta di una posizione evangelica limpida, semplice, a cui invita tutta la Chiesa. Il Vangelo di Gesù è la cultura di cui ha bisogno il mondo super tecnologico di oggi che sta perdendo l'anima. Papa Francesco dimostra l'affermazione di Benedetto XVI: “L'intelligenza della fede diventi intelligenza sulla realtà”. Il suo parlare di “periferie”; della necessità che i cristiani non si chiudano in strutture esteriormente perfette ma dentro vuote; del bisogno che tutti hanno di perdono e di Misericordia che Gesù è sempre pronto a donare, è espressione di una fede che legge la mentalità e la situazione dell'uomo per offrirgli una strada per affrontare le difficoltà. Dire che la fede diventa cultura significa che il giudizio sulle cose trae origine da ciò che Gesù ha portato nel mondo. Nell' enciclica Deus caritas est, Benedetto XVI ha scritto: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. E veniamo all'attualità e al dibattito odierno sulla concezione di famiglia e di matrimonio. In esso sono in gioco principi e valori generali, che chiunque può riconoscere sulla base della ragione, ma i cristiani sono invitati a guardare al problema e alla proposta di legge sull'omofobia che lo accompagna partendo da quella “direzione decisiva” di cui parlava il Papa. Nel 2003 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato un documento “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali”.* In esso sono affrontati gli aspetti cruciali del problema che sta emergendo con drammatica attualità. Si legge: “l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del mondo... Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone. In tal modo si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite”. Oggi, di fronte al rischio che si venga privati della libertà di coscienza, -prima ancora che della possibilità di manifestare la propria fede-, occorre prendere consapevolezza del fatto che il conflitto che si vuole creare tra il presente (la modernità) e la tradizione, nasconde una minaccia per l'uomo nella sua natura di essere libero, chiamato a una piena realizzazione di sé innanzitutto a partire dalla possibilità di vivere secondo una retta coscienza.
(* il documento è firmato dal cardinal Ratzinger e controfirmato da Giovanni Paolo II)