Il silenzio sui diritti civili: quali?
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Bambini, anziani, ammalati. Non ci sono ultimi più ultimi di loro. Non i disoccupati, non i precari, non gli esodati, non gli immigrati, non le donne, non i gay. Gli ultimi, i senza voce sono loro: usati, scomodi, dimenticati perché non sanno o non possono protestare.Vittime innocenti dei desideri capricciosi e dell’egoismo dei più forti.
Oggi la notizia di due gemelli nati a seguito di fecondazione eterologa e di un utero affittato a Kiev da una coppia triestina: lei 67 anni, lui 56. Desideravano diventare genitori. Ora rischiano dai cinque ai 15 anni di carcere per alterazione di stato civile, punito dall'articolo 567 del Codice penale. Che ne sarà dei gemelli?
Un paio di giorni fa, Stefano Rodotà ha lamentato il silenzio sui diritti civili (divorzio breve, unioni di fatto, procreazione, fine vita…). Da chi potrà prendere esempio quest’Italia “retrograda”? Da Kiev e dalle sue cliniche-fabbriche di bambini? O magari dalla Gran Bretagna? Lì, ogni anno, secondo i dati resi noti dal Ministero della salute inglese, 130 mila malati terminali, ritenuti dai medici con scarse prospettive di vita, vengono privati di acqua, cibo e medicine, spesso all’insaputa dei familiari, e muoiono entro 29 ore dall’inizio del protocollo.
Certo quelli sono casi limite; noi saremmo più bravi. E’ così che si dice sempre. Balle. E’ il solito discorso delle crepe nella diga: piccoli segni quasi impercettibili, finché la diga cede. La gente pian piano si abitua ai nuovi costumi, poi è questione di un attimo buttare lì una legge che renda norma ciò che già è considerato… normale. A cosa volete serva la nuova moda lanciata dalla clinica ostetrica di Padova se non a questo? Metti al polso del neo papà il braccialettino con la scritta “partner”, così le mamme lesbiche non protestano, e indirettamente legittimi la coppia lesbica come costituisse una vera famiglia. E intanto nessuno si interroga sul destino del neonato-giocattolo.
Chi lo sa se i papà di Padova, per riavere il loro braccialetto, stanno protestando come dovrebbero, o subiscono proni il diktat politically correct. Ci vuole tanto coraggio per dire che non sono contro le lesbiche, contro i gay, ma sono “per” i bambini, “per” la famiglia (che è una)?
Vale lo stesso per la tutela della dignità degli anziani e dei malati: la Gran Bretagna e le sue leggi e i premi in denaro alle cliniche che hanno istituito le death list sono… dietro l’angolo.
Alzare la voce si può, protestare si può, chiedere che la politica si muova in questo senso si può, anzi si deve. In nome e per conto degli ultimi tra gli ultimi: quelli che non hanno voce. Difendere loro significa difendere ciò che ci rende (ancora) uomini.