Gherush92: razzismo istituzionale mascherato da arte
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Era l’anno 1972 quando la mia professoressa di lettere mi scelse per farmi partecipare ad un concorso. Danimarca, Irlanda e Gran Bretagna, firmando a Bruxelles i trattati di adesione alle Comunità Europee, avevano sancito il loro ingresso nella CEE. Bisognava dunque svolgere un tema per descrivere il mitico passaggio dall’Europa dei Sei all’Europa dei Nove. Non ero esperta di politica e cercai subito di documentarmi. Con l’entusiasmo della giovinezza e la semplicità del cuore, mi nutrii delle idee apprese, le approvai nel mio intimo e mi dilettai a scrivere, anzi a sognare quella realtà che qualcuno, magistralmente, mi aveva fatto brillare nella mente. L’obiettivo era il conseguimento del benessere dei cittadini europei, la loro crescita culturale, il raggiungimento di un clima di prosperità, di pace e di solidità in tutto il continente. Sarà stata la freschezza dei miei anni o forse lo slancio degli ideali vissuti con cuore sincero, ma la prospettiva di un futuro di concordia e di benessere per i popoli europei, tutti uniti da ideali e sentimenti forti, fece sì che la mia penna scrivesse cose meravigliose: mi impegnai intensamente per esaltare tutti i pregi della futura Europa a Nove Stelle ed il tema fu premiato. Passarono gli anni e le stelle sulla bandiera europea aumentarono. Quello sfondo azzurro come un cielo di primavera continuava ad affascinare altri Paesi che si univano nello sforzo di condividere un progetto comune di crescita e di intesa e l’Unione Europea continuava la sua progressiva espansione per trasformarsi in uno Stato forte, capace di resistere alle avversità. Così almeno si pensava. Sono passati tanti anni. L’Europa, ormai, non è solo un progetto in fieri ma una realtà in facto. Sarà la maturità intellettuale acquisita con gli anni, sarà il saper guardare oltre la cortina di nebbia che ci viene elargita dai media, saranno le cocenti delusioni subite da noi italiani negli ultimi anni, sarà l’euro che ci ha resi improvvisamente poveri, dimezzando i nostri sudatissimi risparmi e rendendo risicati i nostri stipendi, sarà forse un brusco risveglio dopo un sogno meraviglioso, sarà tutto… ma… dov’è l’Europa? Chiedo venia per la miopia ma, nonostante aumenti la gradazione delle lenti, non riesco più a percepire il mio sogno europeo; come un bambino che ha appena vissuto un incubo, vivo nel mio intimo una persistente inquietudine per la sorte del popolo italiano. E’ durissimo il risveglio: la realtà è ben diversa dai sogni e supera qualsiasi amara fantasia. I miei occhi ora scorgono l’impoverimento dell’Italia, lo smantellamento sistematico dei valori e delle tradizioni, l’imposizione di stili di vita nei quali tanti italiani non si rispecchiano. Tornassi indietro, certo quel tema non lo rifarei, non allo stesso modo. In questa Europa oggi mi sento smarrita e vivo come cittadina senza cittadinanza; sento la fede minacciata, l’ansia di libertà compromessa; anche l’autonomia didattica è mortificata, esautorata dal politically correct che rende i libri di scuola asettici, epurati da ogni legame con le nostre radici, ed intrisi di paganesimo e magia. La vita degli italiani sta inesorabilmente cambiando: la religione cristiana, un tempo “fondamento e coronamento” dell’insegnamento, oggi può essere motivo di squalifica, di disprezzo nell’ambiente di lavoro; la domenica, giorno del Signore, è stata declassata a giorno feriale; prossimamente toccherà al Natale ed alla Pasqua; le parole che definiscono gli affetti più cari sono già destinate a scomparire; persino il Crocifisso, “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”, dileggiato e vilipeso, qualche tempo fa era stato tolto dalle aule e dagli uffici. E’ evidente, in quanto accade, un progressivo cedimento ad altre mentalità.
La considerazione - sicuramente dovuta - alle “culture altre” non avrebbe dovuto, certo, far venir meno il rispetto dei nostri principi. Ora un nuovo e violento strale sta per umiliare ancora la dignità dell’Italia: la pretesa di censurare l’opera di Dante Alighieri, o perfino di eliminarlo dai testi scolastici. Proprio Dante, il Sommo Poeta, il pilastro della lingua italiana! Fulmineamente viene messo sotto accusa colui che ha oltrepassato i secoli e valicato tutti i confini geografici con la sua poesia “Divina”. Chi l’avrebbe mai pensato che, forse, era un violento? Un dubbio mi assale: dopo averlo tanto amato e studiato a scuola, non sarà che io abbia potuto in qualche modo essere stata influenzata dal suo pensiero, o anche suggestionata con messaggi subliminali? Dio, ma come ho fatto a non accorgermene in tanti anni? Come ho potuto ritenere eccelsi i suoi versi? E pensare che, per venti anni, ho anche insegnato in una scuola situata in via Dante Alighieri! Cancelleremo anche la via? Ormai è inutile recriminare. Temo che, mio malgrado, il Sommo Poeta mi sia rimasto scolpito nell’anima; ho paura che il suo perfetto cattolicesimo mi sia penetrato nelle ossa e me le stia divorando come una inevitabile osteoporosi; temo che anche la mia mente sia rimasta conquistata da versi e da sentimenti oggi in disuso… “Amor ch’a nullo amato amar perdona…”. Certo, io l’ho amato Dante e non si può rinnegare un amore, seppur letterario! Come farò, ora che il poeta è stato inquisito, a liberarmene? Ma davvero è come un sogno infranto?... Sono trascorsi tanti anni da quando una meravigliosa insegnante di lettere, di quelle che sanno educare con tutta l’intensità del loro essere, mi aprì la mente all’intelligenza dei suoi versi. Oggi desidero ringraziarla per il dono prezioso della sua sensibilità didattica e per avermi insegnato ad apprezzare la sublimità delle opere di Dante. Di esse si è abbeverata la mia anima, della sua sete di Dio e di infinito, della luce dei canti del Paradiso, delle preghiere che sfioravano le altezze dell’Empireo. Per questo voglio simbolicamente chiedergli scusa per le offese alla sua memoria, alla sua incomparabile fede, alla sua nobiltà d’animo, all’elevatezza dei suoi sentimenti. Tutto ciò lo ha reso ineguagliabile nel mondo ed ha fatto di lui non solo un poeta italiano, ma un patrimonio dell’Umanità.