Associazione Cultura Cattolica

"La tregua" 8 - Finalmente a casa!

Solo in questo testo e con queste parole conclusive del libro egli chiama tutto ciò che ha vissuto, un DONO PROVVIDENZIALE del destino. L’accoglimento di questo dono ricevuto, fra passato e futuro, il riconoscimento della positività della vita testimoniata da chi lo circondava e accolta in questo momento di disponibilità e di tregua del destino che non ha mai cessato di segnare la sua vita e quella del suo popolo, ci è sembrato il vero IMPREVISTO presente nel racconto di Levi e nell’esperienza del suo viaggio di ritorno verso casa.
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Si parte!
Un giorno improvvisa si sparge la voce: “Domani si parte!” Il 15 settembre ci si avvia alla stazione di Staryje Doroghi, dove un treno sgangherato di 60 vagoni li aspetta (pag. 231), presto preso d’assalto con furia giubilante. La scorta è di soli sette soldati.
Si ripassa da Ovruc, Kazatin, Iasi, dagli altri villaggi e cittadine già attraversate.
Arrivano al confine fra l’Unione Sovietica e la Romania il 19 settembre. Si attraversa la Romania, la frontiera ungherese, la periferia di Vienna sfatta e opaca. Poco prima di loro sono già passati convogli con reduci di tutte le razze e paesi: francesi, inglesi, greci, italiani, olandesi, americani.
Il 15 ottobre, varcata la frontiera, il treno raggiunge Monaco, piena di macerie. Di notte il convoglio passa il Brennero e Levi giunge a Torino il 19 ottobre 1945, dopo 9 mesi di viaggio.
È finalmente a casa, l' incubo è passato, ma ora nuove paure, angosciose domande si affacciano alla mente
Di 650, quanti eravamo partiti, ritornavamo in tre. È quanto avevamo perduto, in quei 20 mesi? Che cosa avremmo ritrovato a casa? Quanto di noi stessi era stato eroso, spento? Ritornavamo più ricchi o più poveri, più forti o più vuoti? Non lo sapevamo: ma sapevamo che sulle soglie delle nostre case, per il bene o per il male, ci attendeva una prova, e la anticipavamo con timore. Sentivamo fluirci per le vene, insieme col sangue estenuato, il veleno di Auschwitz: dove avremmo attinto la forza per riprendere a vivere, per abbattere le barriere, le siepi che crescono spontanee durante tutte le assenze, intorno ad ogni casa deserta, ad ogni covile vuoto? Presto, domani stesso, avremmo dovuto dare battaglia, contro nemici ancora ignoti, dentro e fuori di noi: con quali armi, con quale energia, con quale volontà? Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e inermi. I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino. (pagg. 265, 268)

Solo in questo testo e con queste parole conclusive del libro egli chiama tutto ciò che ha vissuto, un DONO PROVVIDENZIALE del destino. L’accoglimento di questo dono ricevuto, fra passato e futuro, il riconoscimento della positività della vita testimoniata da chi lo circondava e accolta in questo momento di disponibilità e di tregua del destino che non ha mai cessato di segnare la sua vita e quella del suo popolo, ci è sembrato il vero IMPREVISTO presente nel racconto di Levi e nell’esperienza del suo viaggio di ritorno verso casa.