Associazione Cultura Cattolica

"La tregua" 5 - La caserma e il campo di Bogucice (Polonia)

“La guerra è finita” gli dice. “Ma guerra è sempre” risponde memorabilmente il grande Greco.
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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La caserma
In una caserma raggiunta dopo ore di cammino, non c'è modo di essere accolti.
Vane le preghiere di Primo e ogni sforzo di eloquenza, ma Mordo non perde tempo con le parole. Lui conosce il funzionamento di tutte le naie del mondo.
Tira fuori dal sacco un’abbagliante scatola di porco con etichette multicolori e dopo averla fatta balenare davanti alla sentinella si spalancano le porte e ottengono cibo e un letto.
Il Greco viene accolto come un eroe e a nessuno vengono in mente le recenti occupazioni della Grecia da parte delle truppe italiane.
Mordo sa parlare di tutto: ragazze, musica, calcio, tagliatelle e tutti lo ascoltano incantati.
All’alba Mordo butta giù dal letto Primo perché devono andare al mercato a fare affari, e il novello Virgilio manda avanti il socio-discepolo a comprare camicie a un prezzo bassissimo per rivenderle a prezzo maggiorato. Doveva gridare: “camicie!” in un polacco improvvisato e mimica efficace. Lui avrebbe tenuto la cassa.
Con i soldi acquistano cibo uova e dividono il bottino.
Ma Primo continua a chiedersi perché Mordo sia sempre tanto duro.
“La guerra è finita” gli dice “Ma guerra è sempre” risponde memorabilmente il grande Greco.
La sua vita era stata di guerra, e considerava vile e cieco che rifiutasse questo suo universo di ferro. Era venuto il lager per entrambi: io lo avevo percepito come un mostruoso stravolgimento, una anomalia laida della mia storia, della storia del mondo; lui come una triste conferma di cose note. "Guerra è sempre", l'uomo è lupo all'uomo: vecchia storia" (pag. 64)
Ripartono e inaspettatamente, senza troppe parole, il Greco lo abbandona.
L'avrebbe ritrovato dopo poco in mezzo alla foresta, ben pasciuto e ben vestito a gestire un gruppo di donne pronte a offrirsi agli occasionali passanti.

Katowice - il campo di Bogucice (Polonia)
Si riprende il cammino questa volta verso Ovest con nuovi compagni verso Katowice, a 80 km di distanza percorsi in tre giorni, dove un campo russo lo accoglie stremato dal viaggio in un sobborgo chiamato Bogucice.
E’ un ex lager tedesco con baracche, cucine, un'infermeria, una mensa, il tutto circondato da un filo spinato ormai soltanto simbolico.
400 esemplari umani di tutti i tipi brulicano attorno al nuovo arrivato: un mongolo gigantesco armato fa da sentinella, ora feroce ora indifferente a tutto e tutti, ex prigionieri, soldati dell'armata Rossa, civili e un numero infinito di ragazze solide come querce.
L'intera carovana affidata ai Sovietici vive senza orario né regole, né rapporti gerarchici: ognuno si arrangia come può. Litigi furibondi e pugilati improvvisati, come scoppiano, subito si concludono e la convivenza procede in una generale buona armonia.
E Levi si mostra divertito davanti alla anarchica vitalità mostrata dai russi descritti in racconti esilaranti e variopinti.
Levi è assegnato al capannone degli italiani, dove ritrova i compagni di Auschwitz (Ferrari, Cesare, Leonardo…).

Qui compaiono le prime donne: Maria Fiodor alla quale Primo si presenta, è un'infermiera militare “simile a un gatto di bosco per gli occhi selvatici e le movenze agili e silenziose. Del resto dai boschi veniva: era nata nel cuore della Siberia”.
Energica brusca arruffona e sbrigativa aveva creato dal nulla un'infermeria con medicinali abbandonati dai tedeschi, e col contrabbando. Le bastano poche parole e uno sguardo esperto per decidere che Primo e lei che si chiamava Prima di cognome erano quasi parenti
Avrebbe prestato servizio come suo aiutante e gli dà un lasciapassare con cui può entrare e uscire dal campo quando vuole.
Galina è la sua collaboratrice ukraina, giovane, allegra, graziosa, di 18 anni. “Non serve redigere i verbali per ogni paziente - gli dice come chi sa come vanno le cose dai russi - Basta che i fogli ogni giorno siano coperti di scrittura: nessuno li leggerà”.