L'Ulisse maledetto e l'Ulisse Benedetto
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Dal diario di bordo di un prof. nella tempesta.
Nel preparare le prossime lezioni, ritrovo degli appunti presi in fretta, a penna, ormai 5 anni fa. Non avevo ancora il tablet.
Terza liceo classico, 26esimo canto dell'Inferno, il canto di Ulisse. Ricordo bene l'insistenza di Marco sull'inaccettabilità della condanna di Ulisse: "prof., ma come?! Le parole più belle, dette per dare coraggio agli uomini, sono le parole di un dannato?! O sono parole false o Dante ha sbagliato a mettere Ulisse all'inferno!"
Dagli appunti ricostruisco il tentativo di destreggiarmi, con esiti incerti, fra queste "Scilla e Cariddi" impreviste. Per giustificare la scelta di Dante di "mettere" Ulisse all'Inferno, usavo armi convenzionali e non: dall'evangelico "non chi dice, ma chi fa la volontà del Padre", passando per gli "inganni astuti" e così via, citando esegesi critiche canoniche e moderne. Poveri studenti, quanta roba. Eppure, questa roba non era sufficiente per loro.
Totalmente inaspettata giunse la notizia delle dimissioni di Papa Benedetto XVI.
In classe ne discutemmo lungamente, cambiando il piano di lavoro, cavalcando un interesse insperato. Negli appunti il riferimento a Celestino V era inevitabile: Marco, ditino alzato, mi punzecchiava: "prof., ma allora anche Benedetto ha fatto "per viltade il gran rifiuto"?
Ne vennero fuori alcune lezioni nelle quali ho imparato davvero tanto. Soprattutto che c'è sempre da imparare: grazie Marco. Chiaramente ho chiesto ai miei studenti di leggere e rileggere Dante e i critici. Io lo sto ancora facendo… Il bello del mestiere più bello del mondo!
Impressionanti le corrispondenze testuali, quasi che nella storia reale e immaginaria echi si siano intrecciati e che la flebile voce di Benedetto che scandisce in latino parole misteriose possa vincere, se ascoltata, il canto delle sirene di oggi.
I ragazzi ne evidenziarono alcune, in un lavoro per noi consueto (chi trova e argomenta intertestualità "vince voti"):
né dolcezza di figlio, né la pieta |
Riprendo le notazioni finali degli studenti, integrandole qua e là.
Due barche da governare; due comandanti avanti negli anni; amici, compagni, fratelli; mare in tempesta; dinanzi ai limiti del mondo, della vita, i capitani richiamano la grandezza dell'animo umano fatto per la grandezza. Uno ha voluto il viaggio per sé e convince gli altri a seguirlo, verso il naufragio. L'altro ha dato la vita per l'opera di un Altro e accetta di restare incompreso dai più pur di non essere seguito, continuando, in modo nuovo, a indicare Colui che segue. C'è Ulisse e Ulisse. Non tutte le avventure sono buone. Non tutti i desideri. Anche se esaltano il meglio che è in noi.
No, caro Marco, Benedetto non ha fatto "per viltade il gran rifiuto". Contrariamente a Ulisse: ha visto la dolcezza di noi figli - figli così spesso amari - si è fatto vincere e ha voluto che non naufragassimo... Ha fatto una cosa nuova e, se adesso il nostro desiderio pare smarrito fino al pianto, ci allegreremo! Il "Benedetto Ulisse" ha affidato la nave all'Unico che può governarla oltre le colonne d'Ercole. L'ultimo inganno dell'Ulisse maledetto fu convincersi e convincere ch'era ragionevole attraversarle senza…
Bravissimi, ragazzi! Non ricordo i voti di 5 anni fa… oggi dico 10 a tutti e lode a Marco.
Vedo già un ditino alzato là in fondo all'aula… forza si ricomincia…