Associazione Cultura Cattolica

L’«opportunità giusta» per Giuliano Delnevo. E per noi

«L’Occidente è una nave che affonda, dove tutti ignorano la falla e lavorano assiduamente per rendere sempre più comoda la navigazione e dove non si vuol discutere che di problemi immediati… Ma la vera salute non sopraggiunge forse perché si è capaci di scoprire la vera malattia?»
(Emanuele Severino)
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«In Italia ha avuto poche chance, non aveva voglia di studiare, fallì in un concorso per carpentiere. Forse con l’opportunità giusta non si sarebbe trovato in una strada senza ritorno».
Ha risposto così Carlo Delnevo, il padre di Giuliano – il giovane italiano morto in Siria – alla domanda del giornalista sul perché, secondo lui, il figlio si fosse convertito all’Islam.
Riferendosi a Preiti, che sparò al carabiniere Giangrande, in servizio davanti Palazzo Chigi, anche la presidente Boldrini se ne uscì dicendo che «la crisi rende le vittime carnefici». Sono parole simili a quelle che sentiamo o leggiamo nei media, quando la cronaca rende conto di omicidi, suicidi, tragedie domestiche. Sempre più spesso si individua la causa nella crisi, nella disoccupazione, nei debiti. Forse, mi dico, è più facile così. Un capro espiatorio e via. Liberi tutti.
Credo sia un modo pilatesco per tacitare le coscienze; per (non) affrontare il presente, la sua drammaticità. L’emergenza educativa.
Oggi, di nuovo il refrain. Se l’Italia avesse dato più chance a Giuliano, il giovane ventiquattrenne non avrebbe imboccato la «strada senza ritorno» del terrorismo, che l’ha portato alla morte.
Non so voi, ma a me queste “pezze” non convincono. Non mi bastano. Non mi lasciano in pace.
La storia racconta altri tempi difficili: guerre, carestie, epidemie, povertà, migrazioni forzate, deportazioni… Anche allora gli uomini han dovuto scontrarsi con le difficoltà della vita – personali e collettive – e la strada sembrava solo in salita. E poi, da sempre gli esseri umani sono chiamati a fare i conti con il “male di vivere”... Non può essere vero che ciò che accade fuori di noi è la causa – sola – che ci spinge ad imboccare «strade senza ritorno». Non può essere solo questo!
A fare la differenza è stata ed è la consistenza umana. E poi la solidità della casa in cui si vive: le sue fondamenta. Oggi si costruisce sulle sabbie mobili del relativismo postmoderno. Perché stupirsi se viviamo da funamboli, e, inesperti, cadiamo?
Al di là delle riflessioni teoriche su Giuliano Delnevo – quelle che si sono fatte e quelle che si faranno: le ragioni che lo hanno spinto alla conversione all’Islam, ad aggiungere al suo nome di battesimo anche Ibrahim, ad entrare tra le fila dei ribelli siriani… lasciamo che la sua morte, tragica, interroghi il cuore. Perché non riguarda solo lui, solo la sua famiglia: riguarda tutti ed è richiamo ad un compito.

L’«opportunità giusta»: quella che dà senso alla fatica, alla gioia, al dolore, non è innanzitutto un lavoro fisso o lo stipendio assicurato. E’un incontro, è una compagnia. E’ una comunità che torna a prendersi a cuore i giovani e la loro ricerca di un senso per vivere. Uomini e donne che sappiano dare ragione della speranza che è in loro, perché l’hanno incontrata.

Solo così la vita non sarà «una strada senza ritorno», imboccata in solitudine, ma cammino, insieme, verso il compimento di sé.