Associazione Cultura Cattolica

Università Cattolica, torna alle origini!

Ci piace essere «esagerati», se in buona compagnia!
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Chiacchierando con un amico, e raccontandogli quanto con il sito abbiamo fatto a proposito del Codice Etico della Università Cattolica, mi sono sentito dire: “Bel lavoro, sì certo, ma esagerato… Come è il tuo stile, del resto”.
Certo, esagerato, cioè senza “agger”: senza schemi né freni, senza obbedienze o connivenze, esattamente come mi è stata insegnata la fede da mio padre e da Don Giussani. Ricordo infatti spesso la frase che Don Giussani citava: “Pour se poser il s’oppose” [«Corollario della missionarietà è una capacità di sfida. Dalla vita di comunità nella sequela nasce una personalità capace di sfida: questa sfida è la caratteristica, per così dire, “bellica” dell’amore. Una personalità che sfida la realtà è consapevole del punto unitario a partire dal quale tutto guarda e con tutto getta ponti, in un paragone continuo. C’è una formula che descrive questa dinamica: “Pour se poser, il s’oppose”. È una formula che abbiamo imparato dal professor Lazzati più di trent’anni fa…» (L. Giussani, Il mistero presente)]

Non vi nascondo il mio stupore nell’aver ripreso, per un lavoro ecclesiale, il discorso che il beato Giovanni Paolo II fece, nel lontano 1978, ai responsabili, ai docenti e agli studenti dell’Università Cattolica, ricordando le intenzioni e il progetto che la luminosa figura di padre Gemelli, il fondatore, aveva proprio sull’università.
Credo che sia una esperienza illuminante leggerne alcuni stralci: forse, nelle “esagerate” parole del Papa, troveremo una linea di pensiero e di azione che potrà ridare a questa benemerita Istituzione il vigore e l’entusiasmo degli inizi. Quel vigore ed entusiasmo che oggi il Papa Benedetto XVI ha augurato a tutta la Chiesa, perché sappia “prendere il largo” e incontrare il cuore degli uomini, in particolare dei più giovani.
Provate ad ascoltare: «Sono certo di interpretare il sentimento profondo di Padre Gemelli, dicendo oggi a voi: siate fieri della qualifica di “cattolica” che connota la vostra Università. Essa non mortifica il vostro impegno per la promozione di ogni valore umano autentico. Se è vero che “l’homme passe infiniment l’homme”, come ha intuito Pascal (cf. Pascal, Pensées, 434), allora bisogna dire che la persona umana non trova la piena realizzazione di se stessa che in riferimento a Colui che costituisce la ragione fondante di tutti i nostri giudizi sull’essere, sul bene, sulla verità e sulla bellezza. E siccome l’infinita trascendenza di questo Dio, che qualcuno ha indicato come il “totalmente Altro”, si è avvicinata a noi in Cristo Gesù, fattosi carne per essere totalmente partecipe della nostra storia, bisogna allora concludere che la fede cristiana abilita noi credenti a interpretare, meglio di qualsiasi altro, le istanze più profonde dell’essere umano e ad indicarne con serena e tranquilla sicurezza le vie e i mezzi di un pieno appagamento.
Questa è, dunque, la testimonianza che la comunità cristiana e lo stesso mondo della cultura attendono da voi, docenti ed alunni dell’Università, cui diede inizio la fede intrepida di Padre Gemelli: mostrare coi fatti che l’intelligenza non solo non è menomata, ma ch’essa è anzi stimolata e fortificata da quella sorgente incomparabile di comprensione della realtà umana, che è la Parola di Dio; mostrare coi fatti che intorno a questa Parola è possibile costruire una comunità di uomini e di donne (l’“universitas personarum” delle origini) che conducono avanti la loro ricerca nei diversi campi settoriali, senza perdere il contatto con i punti di riferimento essenziali di una visione cristiana della vita; una comunità di uomini e di donne che cercano risposte particolari a problemi particolari, ma che sono sostenuti dalla gioiosa consapevolezza di possedere insieme la risposta ultima ai problemi ultimi; una comunità di uomini e di donne, soprattutto, che si sforzano di incarnare nella loro esistenza e nell’ambiente sociale, di cui sono parte, l’annuncio di salvezza che hanno ricevuto da Colui che è “la luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9); una comunità di uomini e di donne, che si sentono impegnati – pur nel rispetto della legittima autonomia delle realtà terrene, da Dio create, da lui dipendenti e a lui ordinate – ad “iscrivere la legge divina nella vita della città terrena” (Gaudium et Spes, 43).
La fierezza della qualifica di “cattolica” contiene in sé anche l’impegno di una distinta fedeltà dell’Università alla Chiesa, al Papa e ai Vescovi, ai quali è sempre stata ed è carissima, e a tutta la comunità ecclesiale italiana, dalla quale è con sacrifici sostenuta e considerata con affetto, ma anche con esigente speranza. Questa fedeltà – dal Padre Gemelli così insistentemente inculcata e così coerentemente vissuta – è garanzia di quella unità e di quella carità fraterna, che costituiscono il contrassegno della vostra come di ogni altra istituzione destinata al servizio del Popolo di Dio.
Questo il vostro compito, figli carissimi, questa la consegna che il Papa vi affida; e questo anche il suo augurio. Un augurio che rivolgo in modo tutto particolare ai giovani, nelle cui mani sono posti non solo i futuri destini del glorioso Ateneo cattolico, ma soprattutto le speranze di animazione cristiana della società di domani. Risuoni ancora per loro, sulle labbra del Papa, un ammonimento che il Magnifico Rettore loro indirizzava in un’ora difficile della storia italiana e mondiale: “Non è l’ora delle chiacchiere vuote e degli atteggiamenti spavaldi, egli diceva. È l’ora di compiti grandi. Siete voi specialmente, o giovani, quelli a cui spetta la costruzione del domani, la costruzione della nuova epoca della storia. Ovunque vi troviate, mostratevi consapevoli di questa vostra missione. Siate fiamme che ardono, che illuminano, che guidano, che confortano. La nobiltà del sentimento, la purezza della vita, l’odio per la volgarità e per tutto ciò che abbassa, mai come oggi sono un dovere” (Foglio agli studenti, ottobre 1940).» [Giovanni Paolo II, Discorso all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Venerdì 8 dicembre 1978[]

Ci auguriamo che la denuncia di questa natura «non cattolica» di un Codice Etico che dovrebbe garantire proprio la «cattolicità» dell’Università Cattolica possa produrre frutti positivi, primo tra tutti la correzione di detto Codice (o addirittura la sua abolizione, se non sarà possibile modificarlo).
Per essere all’altezza dei tempi e contribuire al bene dell’uomo e della società, noi cattolici non abbiamo certo bisogno di una cultura che, nata fuori dal contesto ecclesiale, non sa dare fondamenti adeguati al vivere comune.

In questo saremo esagerati, certo, ma in buona compagnia!