Associazione Cultura Cattolica

Corti di vedute: legge 40 e CEDU

Riportiamo dal sito di «Berlicche» questa importante riflessione
Autore:
Antonio\Berlicche
Fonte:
http://berlicche.wordpress.com/
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Le ferie mi durano ancora. Il cielo pulito mi invita ad uscire, altro che stare davanti ad un computer-stufetta a battere tasti.
Quando però ho sentito al telegiornale del pronunciamento della corte di Strasburgo sulla legge 40 ho capito che era ora di tornare al lavoro. E quindi sono qui, in canottiera e ciabatte, a leggere per esteso un documento giuridico in francese mentre la ventola del computer scioglie un po’ di più il ghiaccio del polo.

E no, non basta leggere il comunicato stampa. Dal comunicato stampa non si capisce, figurarsi poi dalle ulteriori riduzioni dello stesso fatte da giornalisti interessati o non interessati. La risoluzione della corte pone alcune questioni interessanti, che vorrei vedere assieme a voi.

Intanto il punto fondamentale, che nessuno finora ha notato. La decisione cioè di estendere l’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali al caso specifico, cioè al diritto o meno per una coppia di effettuare una diagnosi pre-impianto su un embrione per selezionarlo ed eventualmente sopprimerlo.

Riporto l’articolo 8 per comodità:

1.Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Il ragionamento della corte (#57) è il seguente: il volere avere un figlio fa parte della vita privata. La sessualità fa parte della vita privata. “Quindi” il ricorrere alla fecondazione assistita fa parte della vita privata. E il fatto di “esigere” che sia sano? Anche questo (senza ulteriori motivazioni) alla vita privata…
Il secondo comma dell’articolo 8 dice che lo stato può limitare i diritti, ove ritenga necessario. E questo, con la legge 40, è il caso (la fecondazione assistita, lo ricordiamo, è permessa solo per coppie sterili o portatrici di malattie non genetiche sessualmente trasmissibili): in nome del bambino.
Ma la corte “non è convinta”. Prima di tutto perché non vuole assimilare embrione a bambino (un bambino è più avanzato di un embrione, dice, senza specificare dove sarebbe esattamente il punto discriminante), e poi perché la protezione del bambino non si accorda con la presenza dell’altra legge, quella sull’aborto, che ne permette la soppressione.
In altre parole la corte dice: non potete proteggere i bambini con una mano e farli fuori con l’altra. Il che in un certo senso è corretto, ma solo in un certo senso. In ogni caso, per quale motivo una incoerenza dovuto a mille ragioni storiche dovrebbe rendere nulla la volontà della legge? Quale iperuranico ragionamento giuridico o quale presunzione può far dire questo?

La corte non considera minimamente che la coppia non potrebbe, secondo la legge, accedere alle pratiche di fecondazione assistita. Questo secondo me è una grave mancanza perché fa cadere tutto l’impianto accusatorio. Alla coppia mancano i requisiti: niente aborto, perché non arriverebbero fin lì. La legge nel caso esaminato è coerente, perché il punto posto è ipotetico.

La corte asserisce che l’angoscia di avere un figlio malato è ragione sufficiente per invocare l’articolo 8 (perché?). Quindi ritiene sia meglio sopprimere quel figlio malato, occhio non vede cuore non duole. Gli embrioni non hanno comprensione dai loro fratelli un po’ più cresciuti. Cosa succederà quando quei figli selezionati si ammaleranno seriamente? Daranno fastidio? Si elimineranno, perché causano sofferenza e la legge non ammette la sofferenza?

Da notare che il punto 68 della sentenza ammette che (…) “La Corte rileva che la scelta operata dal legislatore in materia non pertiene al controllo della corte” ma, al punto seguente, fa notare che gran parte degli altri stati si regola diversamente…quindi omologatevi, è bisbigliato tra le righe.

Le conclusioni sono che se lo Stato nega la selezione eugenetica, deve pagare. L’altro capo dell’accusa, la discriminazione, è stato respinto.

Alla fine di questo esame, le considerazioni.
Abbiamo detto che una certa incoerenza c’è, ma è nel fatto di consentire di uccidere comunque bambini. Eugenetica per le masse: ottenibile per via diretta o indiretta. Se la corte impone che l’aborto ci sia, e adesso impone che si possano selezionare i bambini all’atto della nascita perché c’è l’aborto, di fatto sta pretendendo l’imposizione coatta della selezione genetica.

Quali sono le patologie o anche solo le condizioni che possono causare la “sofferenza” di cui sopra? La fibrosi cistica? La predisposizione al cancro? Quella all’obesità? L’avere o meno gli occhi azzurri, essere un maschietto o una femminuccia? Ben sappiamo cosa sta accadendo in Cina e India.

La sentenza della Corte di Strasburgo – composta di giudici non eletti ma nominati e che tuttavia a quanto sembra può invalidare la volontà popolare di intere nazioni in nome della democrazia – è un ulteriore tassello verso la possibilità di controllo globale dell’uomo sull’uomo. Perché limitarsi allo screening genetico alla nascita? Perché non richiederlo e porlo come vincolante per, che so, la carriera? Il bollino da ariano plus? Su base volontaria, certamente. Mica ti escludiamo se non ci porti tutti i certificati, ma tu comunque accomodati da quell’altra porta.

La sentenza si fonda comunque su una ideologia, su una certa idea di uomo che non è quella che per tanto tempo ha retto l’Europa, e in cui ancora oggi tanti si riconoscono. E’ il risultato del piagnisteo dei diritti, dell’abolizione della sofferenza, della libertà da imporre a scapito della libertà. Di tutto ciò che è la causa ultima della crisi odierna, anche se lo si stenta a riconoscere: il dominio dell’egoismo, del volere farsi déi, o quantomeno legislatori assoluti. Sui cittadini, e sui propri figli.

Di fronte a sentenze come queste mi sento di dire che, continuando così, l’Europa non sarà. O, se sarà, sarà il peggiore incubo che coloro che tengono alla verità, ma anche alla libertà, possano immaginare.

Antonio\Berlicche