Associazione Cultura Cattolica

India. i nostri soldati, le elezioni e il martirio dei cristiani e delle minoranze religiose

L’India, la più popolosa democrazia del mondo, sta preparandosi al suo quinquennale esercizio di democrazia. Nei prossimi mesi 800 milioni di indiani voteranno in giorni diversi per permettere di poter spostare le forze dell’ordine da uno stato all’altro.
L’India ha una superficie di 3.287.263 kmq e una popolazione di ben 1.214.464.000.

Se guardiamo all’India secondo l’appartenenza religiosa questo è il quadro:
Animisti: 4,1%
Cristiani: 4,7% (di cui: Cattolici: 1,8%; Ortodossi: 0,4%; Protestanti: 1,7%; Altri: 0,8%)
Induisti: 73,1%
Musulmani: 13,7%
Altri: 4,4%
Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Cristiani perseguitati. Memoria e preghiera"

Le elezioni

In una intervista a Zenit.org, Padre Carlo Torrioni, che è missionario del Pime a Mumbay in India dal 1969 e cittadino indiano così descrive le forze in campo:

“Il Congress Party che da dieci anni è al governo federale, non sembra avere molte probabilità di essere rieletto. Nelle recenti elezioni nella città-regione di New Delhi il Congress Party è stato sconfitto da un nuovo partito Aam Aadmi (L’uomo comune) coalizzatosi sulla protesta per la corruzione ed inefficienza dello stato…

Il Bharatiya Janata Party (Bjp), tradizionale oppositore a livello nazionale, si è organizzato subito per la campagna elettorale scegliendo come suo candidato Narendra Modi, primo ministro per tre volte successive dello stato del Gujarat, uno degli stati con sviluppo economico promettente…
Il Congress Party non ha voluto presentare un candidato primo ministro per non offrire un bersaglio facile all’opposizione, riservandosi di farlo scegliere dopo ai candidati eletti, ma tutti sanno che l’aspirante è Rahul Gandhi, figlio di Rajiv e Sonia, nipote di Indira e pronipote di Nerhu…

Ma l’incognita è rappresentata dai molti partiti regionali e da quelli dei fuori casta che potrebbero coalizzarsi in un terzo blocco attorno ai due partiti comunisti...”

I nostri soldati

Questo clima pre-elettorale non favorisce certo una soluzione veloce del problema del processo dei due marò italiani reclusi da due anni nell’ambasciata italiana. Un atto di clemenza o di compromesso verrebbe subito impugnato come un cedimento o una interferenza da parte della “italiana” Sonia Gandhi, presidente del Congress Party.

Continua padre Carlo Torrioni: “…come pure la richiesta dei fuori casta cristiani di poter usufruire delle facilitazioni che il governo dà ai fuori casta indù, buddisti e sikh verrebbe interpretata come un favoritismo da parte della cristiana Sonia…”

Sul candidato del Bharatiya Janata Party (Bjp) Narendra Modi, aggiunge:
“Narendra Modi è accusato di non aver fatto abbastanza, come primo ministro del Gujarat, per controllare la violenza che nel 2002 ha provocato la morte di 2000 persone in maggioranza musulmani. In seguito a questi disordini, gli Stati Uniti, gli hanno sempre negato un visto d’entrata nel paese. Ma il cavallo di battaglia di Modi è il mantra dello sviluppo. Sotto il suo governo infatti il Gujarat ha raggiunto uno sviluppo straordinario…”
Il Congress Party è più populista, raccoglie voti nei villaggi e tra le caste basse, e tra le minoranze religiose. Proprio in vista delle elezioni hanno approvato una legge per assicurare il cibo a tutti i cittadini (Food Security Act). Ogni persona che ha una ration card (tessera annonaria) può acquistare a prezzo calmierato un certo quantitativo di riso, olio, zucchero, kerosene ecc. ogni mese. Bisogna anche tener conto della crisi economica mondiale che ha fatto cadere l’aumento del PIL dall’8% al 4,6% e questo è avvenuto durante i due quinquenni di governo del Congress Party che dovrà portarne le conseguenze.

Conclude padre Carlo Torrioni:
“Narendra Modi, da parte sua, sentendosi sicuro dell’elettorato indù, cerca di avvicinare gli altri gruppi religiosi. Dopo il suo viaggio nel nordest, in una delle zone più cristianizzate dell’India, si è recato in Kerala dove è stato ricevuto da due arcivescovi della chiesa ortodossa Malankara. Parlando ai giornalisti dopo l’incontro, il Metropolita Mar Athanasios, che in precedenza era stato a capo della diocesi di Ahmedabad, capoluogo del Gujarat, ha lodato le iniziative di sviluppo di Modi nel Gujarat. Ha poi aggiunto che sarebbe ben contento se Modi diventasse primo ministro. Modi si aspettava anche d’incontrare rappresentanti di altre chiese, ma nessuno si è fatto vedere.”

Di parere ben contrario è invece il gesuita P. Cedric Prakash che vive ad Ahmedabad: “Non appoggio nessun particolare partito, ma sono contrario a quei politici che sono corrotti, settari, di casta e soprattutto se criminalizzano la società. Pensando a Modi sono preso da paura ed ansietà. Modi ha introdotto una legge contro le conversioni. Ha fatto ben poco per spegnere i disordini del 2002 e non ha mai chiesto scusa per i 2000 morti che ci sono stati.”.

IN SINTESI:
Se nelle prossime elezioni politiche nazionali, il partito religioso indù (Bjp) conquista il potere, gli attacchi a chiese e istituzioni cristiane potrebbero peggiorare.

Anche l’ONU è intervenuta:
India. sotto la lente dell’Onu i massacri del 2002 e la libertà religiosa in Gujarat
Le Nazioni Unite faranno di tutto per garantire che la libertà di religione, sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, venga pienamente rispettata nella vita della popolazione del Gujarat e in altre parti di India. è quanto ha dichiarato, a conclusione di una visita nello stato indiano di Gujarat, compiuta il 23 e 24 febbraio, l’Osservatore speciale Onu per libertà di religione, Heiner Bielefeldt. Come riferisce all’agenzia Fides padre Cedric Prakash, direttore del Centro per i diritti umani “Prashant”, in Gujarat, la visita è stata utile “a squarciare un velo di silenzio sui massacri del passato e sulla condizione del presente”: il relatore Onu, infatti, ha incontrato e interagito con numerosi esponenti delle comunità di minoranza, con gruppi della società civile, accademici, studiosi , teologi e giornalisti. Bielefeldt ha ascoltato i resoconti di sopravvissuti e testimoni dei massacri anti-musulmani avvenuti in Gujarat nel 2002 e degli attacchi contro i cristiani registrati nel 1998-99 e negli anni successivi. Sulla situazione attuale, le relazioni presentate all’inviato Onu hanno toccato anche la cosiddetta “Legge anti-conversione” in vigore nello Stato dal 2003, “stranamente chiamata ‘Legge sulla libertà di religione’, una delle leggi più draconiane nella storia del Paese”, nota a Fides padre Prakash. Infatti “i programmi di riconversione religiosa intrapresi da gruppi fondamentalisti e nazionalisti, con il pieno patrocinio del governo del Gujarat, dimostrano come le minoranze del Gujarat siano costantemente discriminate e penalizzate”. Tra le organizzazioni della società civile che hanno avuto colloqui con il Relatore delle Nazioni Unite, vi erano diverse associazioni ed enti espressione delle comunità cristiane, alcune nate dai Gesuiti, come il Centro “Prashant”. (Radio Vaticana 26 02 2014)

Il martirio

La mente e il cuore ricordano i massacri anticristiani registrati in Orissa nel 2008, quando oltre 400 villaggi furono “ripuliti” di tutti i cristiani; più di 5.600 case e 296 chiese furono bruciate, i morti furono 100, migliaia i feriti, diverse donne violentate, 56.000 uomini, donne e bambini restarono senza casa.

L’India è uno Stato laico e l’articolo 25 della Costituzione garantisce la libertà religiosa come diritto fondamentale che include anche la pratica e la diffusione del proprio credo, oltre alla libertà di conversione. Tuttavia, in cinque Stati su 28 (Arunachal Pradesh, Madhya Pradesh, Chhattisgarh, Himachal Pradesh, Gujarat e Rajasthan), sono in vigore le c.d. “Leggi anti-conversione” che proibiscono cambi di religione che avvengano con «la forza, la coercizione o la frode» e che, sostanzialmente, si propongono di colpire la comunità cristiana. Esperti legali e attivisti per i diritti umani giudicano queste leggi ambigue e inutili, dal momento che l’art. 295 A del Codice penale già sanziona pesantemente chi commette «atti deliberati e maligni, volti a offendere i sentimenti religiosi o qualunque classe sociale, insultando la sua fede o credo religioso».

Nel Rapporto sulla libertà religiosa (ACS) si legge:
“Sebbene dal 2008 – anno dei pogrom anti-cristiani dell’Orissa – non vi siano state violenze su larga scala contro minoranze religiose, il bilancio è comunque drammatico, anche per il fatto che il Governo non ha fatto grandi progressi nella tutela e nella promozione della libertà religiosa. Secondo dati raccolti dal Global Council of Indian Christians (GCIC), nel solo 2011, la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi di nazionalisti indù, di entità più o meno grave. Il Karnataka è lo Stato che ne ha fatti registrare il numero più alto, con 45 incidenti. Seguono l’Orissa (25), il Madhya Pradesh (15), il Kerala (10); Tamil Nadu, Chhattisgarh, Uttar Pradesh, Andhra Pradesh e Maharashtra ne hanno registrati 6 ciascuno. Da segnalare che a questi numeri devono essere aggiunti quelli riguardanti episodi isolati e non registrati. Questi attacchi sono sistematici e di ogni tipo: omicidi, mutilazioni, ferite agli occhi e alle orecchie, spesso con danni permanenti; chiese, bibbie, crocifissi e altri articoli religiosi distrutti, dissacrati o bruciati; distrutte anche automobili, moto e biciclette. Non mancano espropri di case e terreni e tombe profanate. Sajan George, presidente del GCIC, precisa ad «AsiaNews» che «le aggressioni sono tutte su base religiosa e non rispettano nemmeno i precetti filosofici della Bhagavad Gita (testo sacro dell’induismo, ndr) che insegna a tutti gli indiani l’amore e il rispetto per i credenti di ogni religione».
Autori di simili incidenti sono gruppi appartenenti al movimento nazionalista indù del Sangh Parivar – come il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) –, il Vishwa Hindu Parishad (VHP) o il Bajrang Dal. Nella maggior parte dei casi, i militanti definiscono i loro attacchi la reazione al proselitismo e alle conversioni forzate. Nella comunità cristiana i più colpiti sono i membri delle Chiese protestanti, in particolare quella pentecostale. Il Bharatiya Janata Party (BIP), Partito della destra nazionalista indù che guida la principale coalizione all’opposizione, sostiene tali formazioni.
Pesa ancora la lentezza (o la totale assenza) della giustizia per le vittime delle violenze in Orissa (2007-2008) e degli attacchi contro chiese e luoghi di culto in Karnataka (2008). Secondo diverse personalità cristiane, questa situazione di “stasi” giuridica ha contribuito a creare un vero e proprio clima di impunità che incoraggia i militanti ultranazionalisti a tormentare la comunità cristiana.
Un rapporto dell’australiano Institute of Economics and Peace (IEP) colloca l’India tra i Paesi «meno pacifici» al mondo. Su 153 Stati esaminati nel Global Peace Index 2011, New Delhi è al 135esimo posto. Il gesuita padre Felix Raj sj, preside del college St. Xavier a Calcutta, indica
l’educazione e i giovani come le soluzioni alla violenza su base religiosa: demolizione di chiese e moschee; stupri di donne e suore cristiane; assassinii di sacerdoti e pastori; riconversioni di dalit e tribali cristiani.”

E la giustizia? Poveri i nostri soldati visto come funziona:

India. Tre condannati e sei assolti per lo stupro di una suora, nei massacri di cristiani in Orissa: “parodia della giustizia”
Shock e costernazione fra i cristiani indiani dopo la sentenza di questa mattina, 14 marzo, in cui un tribunale di primo grado nel distretto di Kandhamal, in Orissa, ha condanno tre persone e ne ha assolte sei per lo stupro di gruppo della suora cattolica Meena Barwa. Lo stupro fu uno dei crimini più odiosi duranti i massacri anticristiani registrati in Orissa nel 2008, quando oltre 400 villaggi furono “ripuliti” di tutti i cristiani; più di 5.600 case e 296 chiese furono bruciate, i morti furono 100 (ma il governo ne riconosce solo 56), migliaia i feriti, diverse donne violentate, 56.000 uomini, donne e bambini restarono senza casa. Suor Meena fu violentata da più uomini e umiliata, costretta a sfilare seminuda per le strade dai suoi aguzzini, come trofeo di violenza.
Secondo il “Consiglio Globale dei Cristiani Indiani” (GCIC) si tratta di una “parodia della giustizia”, dato che “tutti e 9 i criminali erano chiaramente coinvolti”. “Il verdetto della Corte – afferma a Fides Sajan K. George, presidente del GCIC – mostra l’insensibilità dei giudici verso l’orrendo crimine. Il verdetto certifica il fallimento a tutti i livelli: di documentazione, di indagine, di perseguimento dei casi. La sentenza è un chiaro caso di connivenza dei funzionari pubblici con le forze estremiste. Sancisce il loro sostegno alla violenza e mostra una volontà deliberata di affondare la giustizia”. Secondo George, “la complicità della polizia con gli autori del reato, emersa nel corso delle indagini e dell’azione penale, indica un pregiudizio istituzionale contro la comunità cristiana”. Il GCIC denuncia “l’abbandono intenzionale di doveri costituzionalmente obbligatori”.
Fides ha appreso le cifre che danno il quadro dell’impunità sui massacri dell’Orissa: su 3.232 denunce penali depositate dai cristiani, le polizia ne ha accettate 1.541. Di queste, solo 828 denunce di privati cittadini sono state effettivamente convertite in processo. In 169 casi, i procedimenti si sono già conclusi con piena assoluzione: in tutto le perone assolte sono 1.597 (e questi imputati sono un numero esiguo, rispetto alla massa di persone che partecipò attivamente ai massacri). Le assoluzioni, spiegano fonti di Fides, avvengono perché spesso i testimoni-chiave sono minacciati, intimiditi o impauriti. Altri 86 processi hanno visto condanne molto lievi. In altri 90 casi, le indagini sono ancora in corso, ma più passa il tempo, minori sono le possibilità di raccogliere prove inconfutabili. (Agenzia Fides 14/3/2014)

Impunità: e quindi la storia continua:

India. Intimidazioni e abusi sui cristiani in Orissa: case distrutte, fedeli cacciati
I cristiani sopravvissuti alla violenza del 2008 non trovano pace e sono tutt’oggi vittime di abusi e intimidazioni: lo riferisce a Fides p. Ajay Kumar Singh, sacerdote cattolico dell’Orissa, attivista per i diritti umani e vincitore di un premio per il suo impegno tra le vittime dei pogrom avvenuti nel 2008 nel distretto di Kandhamal in Orissa. Secondo quanto racconta a Fides p. Singh, la polizia nei giorni scorsi ha arrestato e poi rilasciato tre persone accusate di aver distrutto la casa di una famiglia cristiana sopravvissuta ai massacri del 2008.
Praful Digal, cattolico del villaggio di Budruka, aveva ricostruito la sua casa grazie agli aiuti ricevuti dal governo come fondi per la ricostruzione. I gruppi radicali indù non l’hanno tollerato: hanno attaccato la nuova abitazione, radendola al suolo, come conferma p. Pradosh Kumar Nayak, Rettore del Seminario Minore di St. Paul a Balliguda nei pressi del villaggio di Budruka.
Nei giorni scorsi, dopo la denuncia presentata dalla famiglia, la polizia ha arrestato Sudershan Mallick, Pabitra Mallick e Mallick Nageswar, ma i tre sono stati inspiegabilmente rilasciati.
Come rileva p. Nayak, è la terza casa che la famiglia Digal aveva costruito negli ultimi sei anni, ma i radicali indù le hanno demolite tutte. “L’ultima demolizione dimostra che tali gruppi sono forti e determinati a tenere i cristiani fuori del paese”, nota p. Nayak, aggiungendo: “I cristiani continuano a condurre un’esistenza terribile nel distretto di Kandhamal”, dove abusi e discriminazioni non cessano.
La famiglia di Digal era tra le 834 che ebbero le case distrutte nel primo ciclo di violenze anticristiane avvenuto a Kandhamal nel dicembre 2007. La famiglia riprese coraggio, tornò al villaggio e ricostruì la casa, nuovamente distrutta nella violenza dell’agosto 2008. Dopo anni di esilio, negli ultimi mesi, ricevuto un risarcimento dal governo, i Digal avevano deciso di ritornare nel villaggio di origine e riprendere una vita normale. Mail nuovo attacco ha frantumato le loro speranze. . Ajay Kumar Singh commenta laconico a Fides: “Lo stato ha fallito nel proteggere e garantire i diritti elementari ai cittadini cristiani in Orissa”. (Agenzia Fides 30/4/2014)

India. Kandhamal: i cristiani “vivono nel terrore per colpa dei fondamentalisti indù”
“La vita dei cristiani del Kandhamal è un trauma continuo, perché vivono nel terrore dei gruppi radicali indù”. Lo afferma all’agenzia AsiaNews Sajan George presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), dopo l’ennesimo attacco avvenuto nello Stato dell’Orissa contro la minoranza religiosa. Il 27 febbraio scorso diversi militanti del Sangh Parivar (ombrello che raccoglie organizzazioni e movimenti hindutva, ndr) hanno danneggiato una sala di preghiera in costruzione nel villaggio di Pradhanpada, minacciando i 15 cristiani impegnati nei lavori.(…)
Sajan George definisce l’attacco “vergognoso” e ricorda che “nonostante siano passati cinque anni dai pogrom dell’Orissa, la comunità cristiana continua a non avere giustizia e a sopravvivere a quotidiani atti di discriminazione e boicottaggio. Questo nuovo episodio, a pochi giorni dall’inizio della Quaresima, ha il chiaro obiettivo di intimidire e minacciare la libertà religiosa e di culto nel Kandhamal”. (Radio Vaticana 03 03 2014)

Cronache recenti

I dalit

India. Fermato dalla polizia l’Arcivescovo di Delhi: marciava per i diritti dei dalit
11 dicembre 2013: “brutale” aggressione compiuta dalla polizia durante la marcia pacifica in favore dei diritti di dalit cristiani e musulmani guidata da mons. Anil Couto, giunta in Parlamento per ribadire la richiesta di porre fine alla discriminazione dei “fuori casta” di religione cristiana e islamica. Durante l’incontro, centinaia di manifestanti guidata dai leader religiosi cattolici e protestanti provenienti da tutta l’India hanno marciato verso l’edificio urlando “Vogliamo giustizia”. Per disperdere la folla che si dirigeva verso il Parlamento, la polizia ha usato cannoni ad acqua e lanciato una carica armati di manganelli, aggredendo anche sacerdoti, suore e vescovi. Dinanzi al rifiuto dei manifestanti a spostarsi gli agenti hanno arrestato più di 400 persone, compresi tutti i vescovi. Le forze dell’ordine li hanno tenuti in custodia per cinque ore, fino a quando l’ufficio del primo ministro non ha confermato un incontro con una delegazione. Ad AsiaNews ed alla Radio Vaticana, il card. Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana e arcivescovo di Mumbai, ha definito l’attacco “vergognoso, disonorevole e deplorevole”. Parlando con i giornalisti al termine dell’incontro, mons. Couto ha spiegato: “Il primo ministro ha ascoltato con sincera preoccupazione e attenzione le nostre richieste. Ha promesso di portare la questione in Parlamento e quanto è in suo potere per risolvere la situazione”. La lotta per garantire uguali diritti ai dalit cristiani e musulmani va avanti dal 1950, quando il Parlamento approvò l’art.341 della Costituzione sulle Scheduled Caste (Sc): in base a questo paragrafo, la legge riconosce diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale solo ai dalit indù. In seguito, nel 1956 e nel 1990, lo status venne esteso anche a buddisti e sikh. Non godendo di tali diritti costituzionali, i “fuori casta” cristiani e musulmani non possono avere neanche una rappresentanza politica. (Fides 11/12/2013)

Ecco l’intervista a Radio Vaticana:
India. L’arcivescovo di Delhi: dalit cristiani discriminati per impedire conversioni
“Abbiamo capito che serviva un segnale forte. Altrimenti nessuno avrebbe prestato attenzione alla nostra protesta. Serviva un gesto drastico, anche se significava infrangere la legge. Abbiamo dovuto rischiare». Così mons. Anil Couto, arcivescovo di Delhi, racconta com’è degenerata la protesta pacifica in difesa dei diritti dei dalit - i fuori casta nel sistema sociale e religioso induista - cristiani e musulmani. Mercoledì 11 dicembre 2013 il presule, assieme a numerosi membri del clero locale, ha partecipato a una marcia pacifica per i diritti dei fuori casta cristiani e musulmani. Sono ormai diversi anni che la Chiesa indiana conduce una battaglia in favore dei dalit, chiamati spregiativamente “mangiatori di ratti”, che rappresentano più del 65% dell’intera comunità cristiana locale. Nel 1950 il Parlamento riconobbe diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale ai dalit indù, diritto poi esteso a buddisti e sikh nel 1956 e nel 1990, ma mai a cristiani e musulmani.
«Secondo l’ideologia hindutva, l’India dovrebbe essere esclusivamente indù. I cristiani, in particolare, sono discriminati perché si teme che se fossero garantiti loro gli stessi diritti degli indù, questi potrebbero convertirsi al cristianesimo”. Da diversi anni si cerca di sensibilizzare le autorità indiane attraverso proteste pacifiche, cui partecipano esponenti della comunità cristiana e musulmana.
“Stavolta – spiega l’arcivescovo alla Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) – sapevamo che il parlamento era nella sua sessione invernale e speravamo di attirare l’attenzione”.
Per la prima volta in 15 anni, la situazione è degenerata portando all’arresto di circa 400 dimostranti, tra cui lo stesso mons. Couto ed altri leader cristiani e musulmani.
“La reazione della polizia è scattata quando abbiamo violato le barriere di sicurezza che portano al parlamento. Allora gli agenti hanno cercato di fermarci usando manganelli e cannoni ad acqua. Se avessimo resistito più a lungo avrebbero probabilmente usato anche mezzi più violenti”.
L’accaduto è valso le scuse del primo ministro indiano Manmohan Singh, che venerdì 13 dicembre ha ricevuto mons. Couto ed una delegazione del clero locale per un breve ma ‘incoraggiante’ colloquio. “Il premier ci ha porto le sue scuse e ha garantito che farà di tutto per sottoporre al parlamento la questione dei dalit cristiani e musulmani”. Tuttavia, fa notare l’arcivescovo di Delhi, si tratta solo dell’ultima di molte promesse.
Neanche le imminenti elezioni generali, che avranno luogo nella primavera del 2014, lasciano intravedere una soluzione. “Noi incoraggiamo i nostri fedeli a votare per i partiti di natura secolare, ma non sappiamo quali di questi sposeranno la causa dei dalit cristiani e musulmani. Anni fa, quando aveva la maggioranza assoluta, il congresso ha avuto la possibilità di risolvere la questione, ma ha preferito tergiversare a scapito della giustizia”. (Radio Vaticana 24 12 2014)

Accusa di conversioni forzate

India. Karnataka: a Natale torna la persecuzione dei fondamentalisti indù
Due cristiane dello Stato indiano del Karnataka sono state arrestate per aver distribuito opuscoli religiosi. Il fatto è avvenuto nel villaggio di Nitte (distretto di Udupi), dopo che una folla di attivisti del Bajrang Dal (gruppo estremista indù) ha denunciato le donne, accusandole di praticare “conversioni forzate”. Secondo Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), quanto accaduto “è vergognoso e rientra in uno schema consolidato delle forze nazionaliste: colpire in modo più intenso i cristiani sotto Natale”. Secondo fonti del Gcic, il gruppo di militanti del Bajrang Dal avrebbe circondato la stazione di polizia di Kumbalpady, dove erano in custodia le donne. Gli agenti hanno tentato di disperdere la folla, ma alcuni leader locali dell’organizzazione e del Vishwa Hindu Parishad (Vhp, un altro gruppo fondamentalista indù) hanno minacciato di inscenare una protesta di massa se le forze dell’ordine non avessero fatto qualcosa contro “chi pratica conversioni e attività anti-indù”. “Queste donne stavano solo distribuendo opuscoli - sottolinea Sajan George all’agenzia AsiaNews -, cosa c’è di male? I seguaci dei santoni indù diffondono centinaia di libretti simili, perché non si chiede l’arresto anche per loro? Con il Natale ormai alle porte, chiediamo di garantire sicurezza alla minoranza cristiana, affinché possa celebrare la nascita di Gesù Cristo”. In passato, si sono registrati diversi casi di attacchi contro la minoranza cristiana nel periodo dell’Avvento. In Orissa, il primo grande attacco contro la comunità è avvenuto proprio la Vigilia di Natale del 2007, in seguito una presunta aggressione contro lo swami indù Laxamananda Saraswati. Ancora più drammatico il Natale del 2008, trascorso nei campi profughi a causa del pogrom anticristiano lanciato dai fondamentalisti indù nell’agosto di quell’anno.
Radio Vaticana 12 12 2013

India. Karnataka: Missionari cristiani denunciati per “conversione dei tribali”
Un gruppo indù che opera per lo sviluppo delle popolazioni tribali nello stato di Karnataka ha presentato alla polizia una denuncia contro i missionari cristiani, accusandoli di aver convertito oltre mille famiglie tribali al cristianesimo. Come appreso da Fides, il “Girijana Kriya Koota”, organizzazione sociale che opera fra i tribali indiani, accusa un gruppo di missionari cristiani di “convertire in modo fraudolento e con la forza” le popolazioni tribali dei villaggi nel distretto di Mysore e in altri distretti vicini. Per questo chiede alla polizia di “adottare misure adeguate per proteggere la cultura degli adivasi (indigeni), che ha profonde radici nel culto della natura e degli antenati”. Secondo la denuncia, i missionari avrebbero detto alle popolazioni indigene che “se abbracciavano il cristianesimo, tutti i loro problemi sarebbero scomparsi”, facendo loro un “vero lavaggio del cervello”. “Il governo ha il dovere di prevenire tali conversioni e tutelare la cultura degli adivasi”, dicono gli indù. La polizia ha risposto che avrebbe indagato sulla questione per verificare i fatti.
I cristiani locali si difendono affermando che tali accuse sono del tutto false e strumentali. I gruppi estremisti indù, infatti, che hanno di recente perso il potere in Karnataka, cercano di riacquistare il consenso delle popolazioni tribali del Karnataka, minacciando e perseguitando i tribali che, liberamente e volontariamente, hanno scelto la fede cristiana. L’accusa più comune è quella di “conversioni forzate”. Da tempo, spiegano a Fides i missionari cristiani, vi sono casi di persecuzioni e attacchi durante servizi liturgici o incontri di preghiera organizzati da comunità tribali cristiane. Questi sono perlopiù popolazioni povere e senza terra, che trovano nel messaggio cristiano un riscatto e un apprezzamento della loro intrinseca dignità di esseri umani.
Secondo organizzazioni cristiane come il “Global Council of Indian Christians”, ora che il Karnataka non è più governato dal partito nazionalista “Baratiya Janata Party” (BJP), ma è salito al potere il Partito del Congresso, è tempo che i gruppi estremisti e violenti siano assicurati alla giustizia e che nello stato siano ripristinate la legalità e il pieno rispetto della libertà religiosa, garantita dalla Costituzione indiana. (Agenzia Fides 2/12/2013)

Lo stato di Karnataka è noto per essere in cima alle classifiche per episodi di violenza anticristiana.

India. Karnataka: Attacchi anticristiani in Karnataka: 40 nel 2013, 222 in tre anni
Sono 40 gli attacchi anticristiani registrati nel 2013 nello stato indiano di Karnataka e 222 negli ultimi tre anni: è quanto emerge da un rapporto inviato all’Agenzia Fides dal “Consiglio globale dei cristiani indiani” (Gcic), che ha segnalato la situazione al Ministero degli Interni del governo federale indiano. Il clima di crescente intolleranza promosso da gruppi estremisti indù nei confronti dei gruppi religiosi minoritari in Karnataka “è ignorato dal governo dello stato e dal governo federale”, afferma il Rapporto, notando che “non sono state introdotte misure che frenino gli autori di tali violenze, garantendo punizioni adeguate”.
Allo stesso modo il Consiglio critica “l’uso eccessivo della forza da parte della polizia, in occasione di manifestazioni delle minoranze religiose che protestano legittimamente per tale stato di cose”, affermando che “la polizia non è imparziale” e si è dimostrata “incapace di proteggere la vita e i beni delle minoranze cristiane”. (Agenzia Fides 26/10/2013)

Distruzioni (solo la più recente e grave)

India. A Mumbai dissacrato un antico crocifisso

Un antico crocifisso è stato vandalizzato e dissacrato ieri a Vile Parle, un sobborgo di Mumbai. All’agenzia AsiaNews il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci), sottolinea che “questo grave atto di vandalismo al Corpo di Cristo ferisce ciascuno di noi, e colpisce anche la tolleranza, l’armonia e la pluralità che contraddistinguono la nostra amata città”.
Il crocifisso - riferisce AsiaNews - risale al 1880 e si trova lungo la strada principale del quartiere. L’attacco è avvenuto nelle prime ore del mattino. Ad accorgersi del danno è stato un parrocchiano della chiesa di san Francesco Saverio a Vile Parle, che sorge a poca distanza dalla croce. La statua di Gesù è stata staccata dalla croce e smembrata. “Il modo in cui la statua di Gesù è stata dilaniata - sottolinea il card. Gracias - mi causa immensa angoscia: le mani sono state spezzate e gettate via; la testa ha una profonda crepa; solo un piccolo pezzo del corpo è rimasto attaccato alla croce”. Il momento, aggiunge, “è particolarmente triste anche perché non si tratta di un incidente isolato: lo scorso settembre la chiesa di san Giuseppe a Juhu è stata profanata. La comunità cristiana è rispettosa della legge e chiediamo a Dio di perdonare questo gesto. Anche noi perdoniamo chi ha compiuto l’attacco, e preghiamo per la nostra città, affinché lo spirito di pace, armonia, convivenza e tolleranza reciproca prevalga su ciascuno di noi”. “Il fedele che ha scoperto l’accaduto - racconta ad AsiaNews padre Theodore Fernandes, il parroco - mi ha informato subito. La nostra comunità è addolorata per la dissacrazione, perché questo crocifisso esiste da generazioni e persone di ogni fede vi hanno sempre portato offerte”. A rendere il fatto ancora più triste, spiega il sacerdote, “è che ieri 37 bambini si preparavano a ricevere la Prima Comunione nella nostra chiesa”. In segno di rispetto, nel tardo pomeriggio i parrocchiani hanno partecipato a una processione dalla chiesa alla croce, recitando il rosario e pregando. Inoltre, da oggi fino al prossimo 21 dicembre si potrà recitare il rosario della Divina Misericordia ai piedi della croce. Oggi il card. Gracias presiederà una messa di riparazione. (Radio Vaticana 16 12 2013)
I fedeli cattolici della chiesa di San Francesco Saverio, dove la statua si trovava, hanno presentato una denuncia alla polizia. Il CSF, condanno gli atti vandalici e la dissacrazione, esprime il timore che il grave atto sia un messaggio trasversale di estremisti indù alla minoranza cristiana.
Vi è attualmente forte preoccupazione nelal comunità per una imponente manifestazione programmata il 22 dicembre a Mumbai, sotto la guida del leader induista Narendra Modi, del “Baratiya janata party”. L’evento, a cui si prevede parteciperanno migliaia di militanti estremisti indù, potrebbe essere occasione di violenza da parte di gruppi fondamentalisti sui fedeli cristiani e di atre minoranze religiose. Secondo il CSF; la violenza intende creare discordia e disarmonia fra credenti di diverse religioni nella società indiana. (Agenzia Fides 16/12/2013)

E la Chiesa continua a costruire…


India. Bambini di strada che vivono nelle stazioni ferroviarie tratti in salvo da un sacerdote cattolico
Oltre cinquanta bambini poveri dello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, vittime di droga e abusi, sono stati tratti in salvo da un sacerdote indiano che raccoglie i minori in cerca di cibo e riparo nei treni e nelle stazioni ferroviarie. Si tratta di padre Abhi che, insieme a suor Manju, ha fondato l’organizzazione Drug Abuse Resistance Education (Dare). I piccoli recuperati hanno così cambiato vita, sono seguiti nell’istruzione e sono felici con le loro rispettive famiglie. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, p. Abhi ha dichiarato che centinaia di bambini vivono nelle stazioni ferroviarie della città di Varanasi, dove circolano 200 treni al giorno con migliaia di passeggeri. “Se si va a fare un giro all’alba in queste stazioni, - dice il sacerdote -, si incontrano molti bambini che raccolgono plastica per venderla a 40 rupie al chilo. Attualmente, nella casa famiglia di Dare vivono un totale di 26 bambini che hanno recuperato il diritto all’istruzione e alla sanità che avevano perso vivendo per le strade. Inoltre, altri 53 piccoli sono stati già riportati nelle rispettive case”. Il sacerdote spiega che in India solo il 2% della popolazione è cristiana e in alcuni Stati del Paese esiste la legge che proibisce la conversione al cristianesimo. (27/3/2014 A. Fides)

Con tante difficoltà…

India. a Mumbai il governo chiede l’esproprio parziale di una casa di Madre Teresa
Il governo locale di Mumbai ha presentato una notifica di esproprio terriero alla Cardinal Gracias Destitute’s Home, una casa per malati e moribondi delle Missionarie della Carità. L’amministrazione chiede di acquisire 3,5 m2 per motivi di ampliamento della strada, al fine di decongestionare il traffico nell’area. Tuttavia attivisti e religiose spiegano che a causare disagi alla viabilità è la zona intorno alla stazione, e non quella vicino alla casa. “Nella Cardinal Gracias Destitute’s Home - sottolinea all’agenzia AsiaNews suor Praxi, la madre superiora - vivono al momento 70 donne. Con l’esproprio del terreno andrebbero distrutti una cappella dedicata alla Vergine, otto alberi e una cisterna. Inoltre si ridurrebbe anche l’ingresso per il passaggio delle ambulanza”. La struttura appartiene alla chiesa del Sacro cuore. “Già nel 1983 - spiega ad AsiaNews padre Vernon Aguilar, il parroco - la chiesa ha dato 58 m2 di terreno per ampliare la strada. Nel punto che l’amministrazione vuole acquisire sorge anche un crocifisso antico di 150 anni”. Mons. Nereus Rodrigues, uno stretto collaboratore di Madre Teresa e in passato parroco del Sacro cuore, spiega ad AsiaNews il valore che ha questa casa per la città di Mumbai: “La Cardinal Gracias Destitute’s Home è stata inaugurata il 24 maggio 1962, nella festa di Maria Ausiliatrice. Il terreno su cui sorge è un dono della Chiesa, che ancora oggi ne è ‘proprietaria’. Madre Teresa veniva a visitarla spesso, aveva un legame speciale con questa casa”. (Radio Vaticana 17 02 2014)