2014 12 24 Francesco: per molti alle note dei canti natalizi si mescoleranno le lacrime e i sospiri. SIRIA testimonianze - dare al Natale il suo vero valore: testimoniare la fede in Cristo fino alla morte. Lo diciamo anche ai nostri fratelli in Occidente.
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Il Papa ai cristiani del Medio Oriente: soffro con voi, basta guerre e violenze
“Non possiamo rassegnarci ai conflitti” nel Medio Oriente. E’ uno dei passaggi forti della lunga lettera che Francesco ha indirizzato ai cristiani della regione. Nel documento, il Pontefice sottolinea che tanti, soprattutto in Iraq, sono tormentati da “un’organizzazione terrorista di dimensioni prima inimmaginabili”.
“Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente per la mancanza di pace?” E’ l’interrogativo lancinante che Francesco pone a se stesso e al mondo intero. Una domanda che si fa ancora più pressante nel momento in cui, rileva il Papa, le popolazioni della regione sono scosse dall’operato di una “più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni prima inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo”.
Terrorismo disumano
Questi terroristi, rileva, colpiscono i cristiani “che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre”. E così, constata con amarezza Francesco, per “molti di voi alle note dei canti natalizi si mescoleranno le lacrime e i sospiri”. Il Papa non dimentica gli “altri gruppi religiosi ed etnici che pure subiscono la persecuzione e le conseguenze di tali conflitti”. Assicura che segue ogni giorno “le notizie dell’enorme sofferenza di molte persone nel Medio Oriente”. E il pensiero va specialmente “ai bambini, alle mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, a quanti patiscono la fame, a chi deve affrontare la durezza dell’inverno senza un tetto sotto il quale proteggersi”.
Vorrei essere con voi
Con parole di “consolazione e di speranza”, Francesco esprime la sua vicinanza e quella della Chiesa al piccolo gregge del Medio Oriente e ai pastori che accompagnano “con sollecitudine il cammino” delle loro comunità. “Spero tanto – è il suo auspicio – di avere la grazia di venire di persona a visitarvi e a confortarvi”. Al tempo stesso, il Papa torna a “esortare la Comunità internazionale a venire incontro” ai bisogni dei cristiani e delle altre minoranze, “promuovendo la pace mediante il negoziato e il lavoro diplomatico, cercando di arginare e fermare quanto prima la violenza che ha causato già troppi danni”. Quindi, torna a ribadire “la più ferma deprecazione dei traffici di armi”. Abbiamo bisogno “di progetti di pace”, evidenzia, per “una soluzione globale ai problemi della regione”. Di qui l’esortazione a non rassegnarsi “ai conflitti come se non fosse possibile un cambiamento”.
Mai violenza in nome della religione
Un cambiamento che, evidenzia il Papa, può essere sostenuto dal “dialogo interreligioso” che “è tanto più necessario quanto più difficile è la situazione”, “non c’è altra strada”. Del resto, annota, il dialogo “è anche il migliore antidoto alla tentazione del fondamentalismo religioso che è una minaccia per i credenti di tutte le religioni”. Al tempo stesso, Francesco scrive che i cristiani del Medio Oriente possono aiutare i “concittadini musulmani a presentare con discernimento una più autentica immagine dell’Islam, come vogliono tanti di loro, i quali ripetono che l’Islam è una religione di pace”. Tuttavia, ammonisce, la “situazione drammatica” che vivono i cristiani, gli yazidi e le altre minoranze in Iraq richiede una “presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi, per condannare in modo unanime e senza alcuna ambiguità tali crimini e denunciare la pratica di invocare la religione per giustificarli”.
Pregare per la pace
Il Papa ricorda così la sua visita in Terra Santa e l’incontro di preghiera in Vaticano con i presidenti israeliano e palestinese e invita tutti “a pregare per la pace in Medio Oriente”. “Chi è stato costretto a lasciare le proprie terre – si legge nella lettera – possa farvi ritorno e vivere in dignità e sicurezza”. Esorta dunque ad incrementare “l’assistenza umanitaria” ponendo “sempre al centro il bene della persona e di ogni Paese”. Ancora, elogia il lavoro che le Caritas e le organizzazioni caritative stanno facendo per “aiutare tutti senza preferenze”.
Ecumenismo del sangue
“La situazione in cui vivete – scrive il Papa – è un forte appello alla santità della vita, come hanno attestato santi e martiri di ogni appartenenza ecclesiale”. Francesco rammenta con commozione i pastori e i fedeli ai quali “è stato chiesto il sacrificio della vita” e con loro le tante persone sequestrate, lanciando un appello affinché “possano presto tornare sane e salve nelle loro case e comunità”. In mezzo a questi conflitti, sottolinea, “la comunione vissuta” tra i cristiani, cattolici e ortodossi e delle altre Chiese, è segno del Regno di Dio. Queste sofferenze, ribadisce, “portano un contributo inestimabile alla causa dell’unità”. E’, afferma il Pontefice, “l’ecumenismo del sangue, che richiede fiducioso abbandono all’azione dello Spirito Santo”. E definisce il piccolo gregge dei cristiani “la ricchezza maggiore per la Regione”, il “lievito nella massa”. Un piccolo gregge, riprende, “ma con una grande responsabilità” nella terra dove è nato Gesù e si è diffuso il cristianesimo.
(Radio Vaticana 23 XII 2014)
TESTIMONIANZE
Natale in Siria tra paura e speranza
“La tribolazione di oggi ci permette di dare al Natale il suo vero valore: testimoniare la fede in Cristo fino alla morte. Lo diciamo anche ai nostri fratelli in Occidente. È anche per loro, infatti, che offriamo le nostre sofferenze”.
A parlare è il francescano Hanna Jallouf, siriano, 62 anni, parroco del villaggio siriano di Knayeh, nella valle dell’Oronte, vicino al confine con la Turchia. Una zona da tempo sotto il controllo dei jihadisti di Jabhat al-Nusra che si sono macchiati di violenze, vessazioni e soprusi ai danni della minoranza cristiana. Parole che acquistano un ulteriore significato alla luce dell’esperienza personale del religioso, sequestrato con altre persone lo scorso ottobre dai miliziani della fazione jihadista Jabhat al-Nusra, braccio siriano di al Qaeda, e dopo qualche giorno rilasciato.
La celebrazione del Natale
In un’intervista all'agenzia Sir il religioso ripercorre quella vicenda e racconta come sarà il prossimo Natale nella parrocchia di san Giuseppe. “Da giorni - rivela il parroco - i nostri fedeli hanno cominciato a pulire le case, a preparare qualche dolce, per quel che si può, e rendere dignitosa la festa”. Le Messe si celebrano solo all’interno della chiesa. “Non possiamo uscire fuori dalla chiesa - dice il parroco -, a Natale non possiamo abbellire l’esterno della chiesa, fare il presepe e l’albero. Ma questo non ci impedirà di riunirci il 24 dicembre”. “La nostra Messa di mezzanotte la celebreremo il pomeriggio per motivi di sicurezza. Mancheranno le luminarie, ma non fa nulla. In chiesa avremo un piccolo presepe, fatto solo di una piccola culla per deporre il Re della pace”.
Nel villaggio la situazione è grave
“Ci hanno portato via le terre, le nostre case, abbiamo subito espropri. Io sono stato imprigionato - ricorda il parroco - insieme ad altre sedici persone del mio villaggio. Non ci hanno lasciato nulla, hanno portato via tutto - spiega il francescano parlando dei miliziani islamisti - una cosa orribile”. “Sopravviviamo perché vogliamo dire ai fondamentalisti che siamo cristiani e lo resteremo fino alla morte”, ribadisce padre Jallouf, che non lamenta problemi “con la popolazione locale con cui viviamo in pace. Abbiamo paura di questi fondamentalisti venuti da fuori che non conoscono la nostra tradizione di convivenza. Hanno provato a convertirci ma senza successo”. “Nella Messa di Natale alla mia comunità dirò che Cristo è la pace e solo da lui viene questo dono. Da Lui il coraggio e la forza per sostenere tanta sofferenza. Alla mia gente dirò, ancora una volta, di testimoniare pace, gioia e unità. Perché ne siamo certi: la Siria vedrà ancora il sole sorgere. La notte sta passando e una nuova alba è vicina”.
Radio Vaticana 17 XII 2014
Mons. Zenari: mamme e bimbi, in Siria è strage di innocenti
Entro il 2015, secondo l’Unicef, saranno più di 8 milioni e 600 mila i minori siriani vittime del terrorismo dell’Is e della guerra civile che in quasi quattro ha causato oltre 200 mila morti. Il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari, ha paragonato questo scenario alla strage degli innocenti del Vangelo. Corinna Spirito lo ha raggiunto telefonicamente a Damasco, per commentare la difficile situazione dei bambini siriani:
R. – Sono quelli che soffrono di più. Generalmente, assieme anche alle loro mamme, sono la parte più debole di questo conflitto. Nei prossimi giorni sentiremo il Vangelo della strage degli innocenti e veramente qua si ha sotto gli occhi questa pagina del Vangelo: ecco la strage degli innocenti e direi di tantissimi civili e soprattutto di questi bambini innocenti. Mi sembra ancora sia attuale quel lamento di cui riferisce il Vangelo di Matteo, citando il profeta Geremia: questo lamento grande di Rachele che piange i suoi figli e che non vuole essere consolata… Ecco, potremmo mettere al posto di Rachele la Siria, che piange i suoi figli, che non sono più quelli che sono morti, soprattutto i bambini, e quelli che non sono più perché quei milioni, 3-4 milioni, hanno dovuto prendere la via dei Paesi vicini… Questa strade degli innocenti è una pagina del Vangelo che la Siria sta vivendo.
D. – Ricordiamo che c’è una doppia minaccia per i siriani: da una parte il terrorismo dell’Is, ma anche la guerra civile...
R. – Io non mi stanco di dirlo: il terrorismo, questo Is, è venuto ad aggiungersi e potremmo dire quasi che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una goccia terribile! Sappiamo delle atrocità… Però, è già ormai da quasi quattro anni che questo vaso di distruzione, di morte, di terribili sofferenze è pieno. Quindi, colpisce il terrorismo, ma continua a colpire anche questo conflitto civile di cui si stenta a vedere la fine.
D. – Tempo fa ci aveva detto che era necessario trovare una soluzione globale che fosse coraggiosa e non palliativa. Ci sono state evoluzioni in questo senso?
R. – Direi che questo conflitto evolve continuamente. Se penso ai primi giorni… Purtroppo, quando si arrivava a dei crocevia, si è presa la strada sbagliata. Direi che anche se è stato alle volte, forse sarà una impressione, confinato di più in alcune zone del Paese, però io quello che vedo è che c’è una bomba che sta scoppiando e che colpisce tutta la popolazione e questa bomba è la conseguenza della guerra, è la bomba della povertà. Una povertà crescente e una povertà che si fa sentire soprattutto in questi giorni, in cui è cominciato l’inverno. Una insidia quest’anno, non solo la fame e altre privazioni, ma direi anche il freddo che sta colpendo tantissima gente. Un freddo da cui non ci si può difendere, perché manca il combustibile o se lo si riesce a trovare, lo si trova a prezzi esorbitanti che la gente non può permettersi. Tante case sono distrutte, le porte e le finestre non chiudono e quindi tantissima gente in questi mesi, oltre alle privazioni del cibo e dei medicinali, ha anche questa bomba del freddo che colpisce tutti quanti. C’è della gente che è ancora sotto la pioggia di bombe, di mortaio o di cannonate, quelli stanno ancora peggio… Però, tutti sono sotto questa esplosione di questa bomba, ripeto, che è una generale povertà che va crescendo.
Radio Vaticana 19 XII 2014
TERRA SANTA - Il Patriarca Twal visita Gaza: “per tanti bambini rifugiati oggi sarebbe un lusso poter vivere nella grotta dove è nato Gesù”
700 cristiani di Gaza quest'anno hanno ricevuto da Israele il permesso per raggiungere Betlemme e celebrare la solennità del Natale nel luogo dove è nato Gesù. Ma saranno molti di meno quelli che potranno effettivamente raggiungere la città della Cisgiordania, viste le difficoltà quotidiane condivise dai cristiani di Gaza alla fine di un anno segnato nella Striscia dall'intervento militare israeliano che ha provocato migliaia di morti. Lo riferisce all'Agenzia Fides il Patriarca di Gerusalemme dei latini, Fouad Twal, che domenica 21 dicembre ha compiuto una visita pastorale a Gaza e ha celebrato la Messa nella parrocchia della Sacra Famiglia.
“Ho trovato la nostra Chiesa unita” racconta a Fides il Patriarca “con i nostri fedeli che vivono una comunione forte anche con i cristiani ortodossi. A Gaza non trovi la grandezza del mondo e la potenza effimera del mercato. C'è la piccolezza custodita dal Signore. Un piccolo gruppo di anime segnate da circostanze difficili e dolorose, che pongono la loro speranza in Gesù. E' l'immagine del vero Natale”.
Partendo da quello che ha visto a Gaza, S.B. Twal allarga il suo sguardo alle prove vissute dalle popolazioni in tutto il Medio Oriente: “Ci ha sempre commosso leggere nei Vangeli che Maria e Giuseppe non hanno trovato posto nell'albergo, e che Gesù Bambino è nato in una grotta. Oggi, tra i milioni di rifugiati, ci sono tanti bambini che si augurerebbero di poter dormire in una grotta come quella in cui è nato il Salvatore. Per loro sarebbe quasi un lusso”. (Agenzia Fides 22/12/2014).
INDIA - I leader cristiani: “Natale con il cuore pesante per le violenze contro le Chiese”
“In vista del Natale abbiamo il cuore pesante per gli episodi di violenza contro le nostre Chiese in varie parti del paese, specialmente in Chhattisgarh, Madhya Pradesh, Odisha, Uttar Pradesh e ora nel territorio della capitale Delhi. Lo sventramento della chiesa di San Sebastiano a Delhi, così come gli altri episodi di violenza mirata, rivelano il disprezzo non solo verso i sentimenti religiosi della nostra comunità, ma anche per le garanzie assicurate nella Costituzione indiana”. Lo affermano Vescovi e leader cristiani di tutte le confessioni in una nota diffusa a Delhi e inviata all’Agenzia Fides.
Il comunicato spiega: “Mentre l’esecutivo ha vinto le elezioni presentando una piattaforma di ‘sviluppo e buon governo’, i gruppi radicali vedono approvato il loro programma di odio e nazionalismo religioso. Si tratta di un palese tentativo di sabotare la Costituzione indiana, che assicura la libertà di ogni cittadino indiano di professare, praticare e diffondere la propria religione”.
I leader notano che i provvedimenti, paradossalmente chiamati “Leggi per la libertà religiosa”, in vigore in diversi stati indiani, l’hanno di fatto limitata e “sono stati usati contro le minoranze, dando alla polizia il potere di disturbare, arrestare e punire sacerdoti, religiosi e operatori cristiani”.
I Vescovi hanno inviato al governo un Memorandum che elenca vari episodi “rappresentativi dell’ostilità e della discriminazione subita dai cristiani in tutta l'India”. Si narrano casi di “boicottaggio sociale” (ad alcuni missionari cristiani è vietato l’ingresso in oltre 50 villaggi della regione di Bastar, in Chhattisgarh; e ad alcune famiglie cristiane in Orissa è impedito di usare il pozzo pubblico del villaggio); aggressioni fisiche (in numerosi stati); profanazione degli edifici di culto.
Il testo inviato a Fides conclude: “L'India è una terra in cui diverse fedi religiose convivono da sempre. I padri fondatori si sono impegnati a garantire che i diritti di tutti siano tutelati indipendentemente da religione, genere o casta. Speriamo e preghiamo che tale discriminazione e violenza mirata siano fermate grazie a una forte volontà politica delle istituzioni civili e politiche”. (Agenzia Fides 19/12/2014)
DUE NOTIZIE DEL TUTTO IGNORATE
Nigeria: Boko Haram sequestra 192 donne e bambini
Il sequestro è avvenuto a Gumsuri, nel nordest del Paese. Nell'assalto, morte 32 persone
La Nigeria è lacerata dalla notizia di un altro rapimento da parte di Boko Haram. Nel villaggio Gumsuri, nel nordest del Paese, i terroristi avrebbero sequestrato domenica scorsa circa 200 persone, tra cui - riferisce il capo di una milizia - 192 tra donne e bambini. Durante l'assalto ci sarebbero state inoltre 32 vittime.
I rapitori avrebbero caricato le persone su dei camion e sarebbero fuggiti verso la foresta di Sambisa, roccaforte di Boko Haram. La notizia è stata diffusa solo quattro giorni dopo a causa della quasi totale assenza di rete mobile e del dissesto in cui versa la rete stradale nella zona.
Nell'assalto sono morti anche il capo del villaggio e il leader del gruppo giovanile di vigilanza civile noto come Joint Task Force (Jtf). Secondo una fonte della sicurezza, diversi membri del Jtf sono rimasti feriti mentre tentavano di respingere l'attacco. La stessa fonte ha spiegato che “per un anno, gli insorti hanno tentato più volte di attaccare Gumsuri, e i giovani del villaggio hanno resistito”.
18 Dicembre 2014 (Zenit.org) -
Iraq: rifiutano di sposare jihadisti, uccise 150 donne
L'esecuzione di massa è avvenuta nella provincia di Anbar e i corpi delle vittime, alcune delle quali incinte, sono stati gettati in una fossa comune vicino Falluja
Un massacro sconcertante, quello avvenuto nella provincia di Anbar, nella parte nord-occidentale dell'Iraq. Secondo la denuncia del ministero per i Diritti umani di Baghdad, almeno 150 donne, alcune delle quali incinte, sono state uccise dallo Stato islamico per aver rifiutato di sposare jihadisti.
I corpi delle vittime - riferisce l'emittente satellitare al Arabiya - sarebbero stati sepolti in una fossa comune alla periferia di Falluja. Identificato l'esecutore del massacro: si tratta di Abu Anas al Libi, omonimo di un altro terrorista responsabile degli attentati alle ambasciate di Kenya e Tanzania nel 1998.
La maggior parte delle donne massacrate sarebbero di etnia yazida. In un manuale diffuso dai vertici del Califfato per i jihadisti, l’Isis giustifica l’uso della riduzione in schiavitù di queste donne sostenendo che le tribù yazide adorano il diavolo.
Un'altra atrocità si registra intanto in Siria, dove i corpi di oltre 230 persone uccise sempre dai jihadisti dello Stato islamico sono stati trovati in una fossa comune nella provincia di Deyr az Zor, nell’est del Paese. Lo ha reso noto l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), precisando che le vittime sono membri della tribù degli Sheitat, di cui era stato denunciato un massacro in settembre.
18 Dicembre 2014 (Zenit.org) -
Un urlo scuote la Francia: “Non toccatemi il presepe!”
Un sentenza del Tribunale amministrativo di Nantes ha vietato la presenza di presepi in luoghi pubblici. Di qui le originali reazioni della società civile per difendere le tradizioni cristiane del Paese
La morale laica, in Francia, ha preso di mira la Sacra Famiglia. Nei giorni scorsi, infatti, il Tribunale amministrativo di Nantes ha vietato la presenza dei presepi negli uffici pubblici in quanto “emblemi religiosi” incompatibili con il “principio di neutralità del servizio pubblico”.
Proprio in Vandea, dove un tempo contadini e baroni impugnavano le armi per difendere la loro identità cristiana dalla tracotanza giacobina, le toghe hanno così sentenziato sulla base dell’art. 28 della legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa, il quale vieta espressamente l’esposizione di simboli religiosi su monumenti o spazi pubblici, a eccezione di luoghi di culto, cimiteri e musei.
La capziosa tempestività con cui si è sentenziato contro uno dei simboli più amati del Natale, non ha però lasciato indifferenti quanti, in Francia, continuano a riconoscersi nella religiosità popolare cristiana. Le reazioni negative alla decisione dei giudici hanno attraversato, scuotendoli, il mondo politico e culturale nonché la società civile.
“Il rispetto della laicità non è l’abbandono di tutte le nostre tradizioni e l’abbattimento delle nostre radici culturali”, ha commentato Bruno Retailleau, presidente del gruppo di centrodestra Ump al Senato. Lo stesso Retailleau ha inoltre posto una domanda di buon senso: “Bisogna forse vietare le stelle nelle ghirlande di Natale che decorano le nostre strade, con il pretesto che si tratta di simboli religiosi indegni di uno spazio pubblico?”.
Collega di partito di Retailleau che conosce bene il territorio vandeano è Philippe de Villiers, per ventidue anni presidente del consiglio generale della Vandea, che quando era in carica lanciò l’iniziativa di adornare la sede del parlamento regionale con un presepe durante il periodo natalizio. “Questa decisione manifesta un laicismo portatore di morte, che viola le nostre tradizioni ed i nostri costumi”, giudica amaro la sentenza de Villiers. Il quale, dicendosi “oltraggiato” e “scandalizzato”, si chiede: “In nome di questo laicismo dogmatico vieteranno anche il suono delle campane?”.
Prima che questo scenario grottesco agitato da de Villiers diventi realtà, i fautori di tale “laicismo portatore di morte” dovranno però passare sui corpi di giovani come quelli che hanno dato vita al collettivo studentesco “Touche pas à ma crèche” (non toccatemi il presepe).
Partendo simbolicamente proprio da un paese della Vandea, La Roche-sur-Yon, questi studenti hanno organizzato sullo stile dei flash mob dei presepi viventi in diversi luoghi pubblici. Curioso che oltre all’angelo e ai pastori, a contornare la Sacra Famiglia abbiano deciso di inserire anche la goliardica quanto evocativa presenza di un massone munito di un pezzo di scotch per sigillare la bocca a Maria, all’angelo, ai pastori. Un gesto di denuncia, quello dei studenti, nei confronti di coloro che sono visti come gli artefici di questi tentativi di demolizione dell’identità cristiana dalla Francia.
Contro tali tentativi sono giunte intanto reazioni anche dalla Rete. Raccoglie consensi l’iniziativa del blog Le Salon Beige che, sulla scia della Manif pour Tous, ha lanciato “Des crèches partout!” (presepi dappertutto!). L’invito è quello di realizzare presepi nei luoghi di lavoro, di ritrovo o nelle strade pubbliche.
Le foto scattate sono già tante e spesso suggestive: si va dal presepe collocato in una panetteria a quello all’interno di una farmacia, passando per la recente foto del presepe sulla Grand Place di Bruxelles, protetto da grate di metallo dopo la vigliacca incursione teppista di due attiviste Femen travestite da poliziotte.
La provocazione avvenuta nel vicino Belgio non ha tuttavia dissuaso i francesi dal credere nell’importanza delle proprie tradizioni. Un sondaggio diffuso domenica scorsa dall’Ifop (Institut français d'opinion publique) ha dimostrato che il 71% dei cittadini d’oltralpe è favorevole ai presepi nei luoghi pubblici. Risultato che trova un degno commento nelle parole spese sulla vicenda da Claire Bouglé Le Roux, storica del diritto all’Università di Versailles: “La Francia - ha scritto in un editoriale pubblicato su Le Figaro - è sì un vecchio Paese, ma non si lascerà di certo rubare l’unica cosa che le è rimasta, l’eredità”.
Di Federico Cenci, 17 Dicembre 2014 (Zenit.org)