Il secondo piano 6 - Un evento improvviso - La richiesta
Il trillo del campanello di ingresso del convento sembrò inusitatamente lungo.Due uniformi apparvero davanti al portone: erano Franz e Otto che con aria decisa dissero brutalmente che dovevano perquisire il convento, suscitando il panico nelle suore che in silenzio si erano raccolte in fondo alla scala.
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Un evento improvviso
Ma un nuovo evento venne a turbare il fragile equilibrio raggiunto dalla convivenza dei malati del piano terra e quella dei rifugiati del secondo piano.
Inaspettatamente una notte Simone, il più giovane dei ragazzi ebrei, quando tutti dormivano, si era calato con il lenzuolo fino al giardino e alle luci dell'alba, aprendo con cautela il portone era fuggito per raggiungere il quartiere a sud-est di Roma, dove si incontravano i gruppi della Resistenza.
Suor Ignazia, ripresasi dal dispiacere e dalla sorpresa, invitò le suore a pregare per lui: sarebbe stato un miracolo se fosse riuscito a scampare dai rastrellamenti del comando germanico e solo dopo qualche mese avrebbe saputo che Simone era stato preso, ...ma era vivo e lo avevano portato in Germania.
Chissà, forse, dopo la guerra, pensavano e speravano che avrebbero avuto sue notizie, l’avrebbero saputo salvo!
In primavera, il 18 maggio, un soldato polacco aveva fissato la bandiera bianca e rossa sulle rovine di Montecassino e la via più rapida per raggiungere Roma era finalmente stata liberata. Le truppe alleate si erano volte verso nord, avendo come obiettivo la capitale.
Le suore iniziarono a contare i giorni che mancavano all’arrivo dei liberatori; seguivano la loro avanzata e sembrava che ancora poco dovesse durare la paura, la trepidazione per chi accoglievano sotto il loro tetto, i sobbalzi improvvisi del cuore.
La richiesta
Nel monastero la campana della Chiesa dei Sacri Cuori di Gesù e Maria aveva fatto risuonare il mezzogiorno, quando, nel silenzio che per breve tempo aveva riempito l'aria, il trillo del campanello di ingresso del convento sembrò inusitatamente lungo.
Due uniformi apparvero davanti al portone: erano Franz e Otto che con aria decisa dissero brutalmente che dovevano perquisire il convento, suscitando il panico nelle suore che in silenzio si erano raccolte in fondo alla scala.
La Madre Superiora si fece coraggio cercando di rimanere lucida e pacata. “Sono responsabile di questo luogo consacrato” fu la sua prima risposta ai due militari ma davanti alla determinazione della suora, essi non mostrarono di scomporsi e si accinsero a salire le scale dirigendosi verso i piani superiori.
Allora, per la prima volta, Suor Ignazia si rivolse a loro in tedesco, una lingua che condividevano, che permetteva di riporre credito e fiducia in lei, mentre guardava negli occhi chi le stava di fronte.
Invitò i due ufficiali a seguirla al piano terra e mostrò il cartello sul portone: ”Come vedete c'è scritto che questo è territorio alle dipendenze del Vaticano. Ogni perquisizione deve essere autorizzata dal comando tedesco e da quello della Santa Sede. Sono pronta ad obbedire agli ordini che rispettino questo accordo. Finché non ci sono, con rammarico ho l'obbligo di dirvi di no…”
“Possiamo aspettare - fu la risposta - non ci vorrà molto tempo per avere un permesso scritto. Nel frattempo nessuno potrà entrare o uscire dal convento. Ci sarà una pattuglia di guardia. Ritenetevi prigioniere.”
Le sorelle erano impietrite, ma la tragedia era stata evitata anche se sapevano bene che il peggio era stato soltanto rinviato e che la convivenza pazientemente costruita nei mesi precedenti poteva essere distrutta da un momento all'altro. Si affidarono come sempre alla preghiera, sapendo che era quello lo strumento più potente che avessero, in cui confidare.
Alla Vergine avevano affidato la propria vita e da Lei “sarebbe sicuramente venuto il consiglio che aspettavano e la serenità che avevano perduto”.