Il secondo piano 5 - L'imprevisto - Il Natale

L’imprevisto stava per investire la già difficile situazione del convento.
Suor Elisabetta era corsa verso il portone: due ufficiali tedeschi erano scesi da una camionetta e, senza alcun cenno di saluto si stavano dirigendo ai piani superiori. La prontezza della suora li aveva bloccati indirizzandoli al parlatorio.
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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L’imprevisto

Il 30 novembre alle ore 16,40, nell'ora più calma della giornata, dopo la preghiera del pomeriggio, prima di cena, suonò il campanello.
L’imprevisto stava per investire la già difficile situazione del convento.
Suor Elisabetta era corsa verso il portone: due ufficiali tedeschi erano scesi da una camionetta e, senza alcun cenno di saluto si stavano dirigendo ai piani superiori. La prontezza della suora li aveva bloccati indirizzandoli al parlatorio. Madre Ignazia scese pregando in cuor suo la Madonna perché le infondesse coraggio, quindi entrò e si dispose ad ascoltare i due militari che, in un italiano stentato dissero che avevano bisogno di un’infermeria vicino al comando tedesco. Non era una richiesta, ma un ordine.
Mostrandosi subito disponibile, la Superiora aveva assicurato ai due ufficiali la possibilità di occupare il piano terra, facile da raggiungere con portantine e barelle, autonomo negli accessi. Questa risposta aveva avuto un effetto tranquillizzante sui due militari che visitarono le stanze messe a disposizione e volsero lo sguardo al bel giardino cui si affacciava il piano terra, pensando che la serenità di quel luogo e la vista degli alberi fioriti avrebbero giovato ai soldati ricoverati.
Le suore aspettavano le decisioni della Superiora preoccupate della sorte delle persone nascoste, ma con tranquilla sicurezza suor Ignazia disse che non sarebbe stato allontanato nessuno dal convento, anche se da quel momento sarebbe occorsa ancora più attenzione, prudenza nel muoversi, silenzio.

Il Natale
Giunse il Natale, il quarto di guerra, ”il più sconsolato”.
Grazie alla carità di chi conosceva bene le suore e all’aiuto del Vaticano, il convento ricevette un po' di farina, qualche litro d'olio, aringhe e castagne.
Un luminoso e suggestivo presepe troneggiava nel parlatorio e i bambini ne furono incantati. Chiedevano chi fossero Giuseppe, Maria e i Pastori e suor Lina che a loro in particolare si era sempre dedicata, pazientemente spiegava e raccontava la storia dei personaggi rappresentati dalle statuine di terracotta.
La sera del 24, in silenzio e assorti, gli ospiti ebrei erano scesi anch’essi dal secondo piano e avevano partecipato alla messa di mezzanotte, dopo aver letto la Torah e celebrato il Sabbath.
Prima della funzione si era svolta una piccola processione che si era diretta verso il presepe e Lele portava fra le mani il bambino Gesù, mentre una commozione profonda riscaldava gli animi di tutti e una grande unità riportava la speranza nel cuore.
Nei giorni successivi l’ospedale improvvisato presto si installò ed arrivarono le attrezzature mediche con i malati, gli infermieri, i dottori.
I primi tempi andò tutto bene nel convento e la convivenza non sembrava creare problemi particolari: gli ospiti del secondo piano erano attenti e non parlavano mai durante il giorno; gli abitanti del piano terra si limitavano a frequentare i locali a loro destinati e solo raramente si spingevano fino a bussare timidamente alle cucine. Quando però il profumo del pane appena sfornato invadeva il piano terra, Otto si faceva avanti, bussava alla porta della cucina e subito suor Elisabetta gli porgeva una bella pagnotta bollente. La sua generosità era ricompensata spesso da un sacco di farina che presto giungeva sul suo tavolo il giorno seguente, dono dell'ufficiale, e lo stesso avveniva con altri ingredienti utili per condire il riso, la poca carne a disposizione, le verdure.
Provvidenziali arrivarono anche un giorno due chili di meravigliosa pasta avvolti in una bella carta marrone. Ma i viveri non bastavano per le 19 persone nascoste. Suor Ignazia dovette ascoltare indignata la confessione di suor Emilia che più di una volta aveva nascostamente sottratto tutto ciò che le capitava a tiro dei rifornimenti destinati ai tedeschi.
Dai racconti di don Giacomo si era venuto a sapere che anche i conventi erano stati violati e i religiosi accusati di coprire comunisti e traditori erano stati picchiati, insultati, presi a calci, allontanati dai loro monasteri. Come la Armeni aveva appreso dalle testimonianze raccolte, nessun luogo era stato risparmiato e rispettato in quei giorni terribili in cui perquisizioni, sparatorie, bombe devastavano la città, teatro di continui scontri, violenze e combattimenti.
Quando giunse il mese di marzo sembrò che le prime avvisaglie della primavera potessero portare qualche attimo di serenità e pace negli abitanti della città e del convento. Il sole era più caldo, le giornate si stavano allungando, e un clima di tranquilla serenità aveva invaso il convento. Il compleanno di Lele e i suoi festeggiamenti erano stati un evento gioioso e un dono per tutti la sua contentezza di bambino davanti alle sei candeline e ai dolci che la cucina aveva sfornato generosamente per tutti.