L'alba di tutto 4 - Un'utopia cristiana?

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Un’utopia cristiana?
Nell’arco di dodici mesi si svolge la vicenda di Mons. Masterman, proiettato in un futuro inimmaginabile: “la sua mente turbinava di meraviglia”. Erede di una consolidata tradizione utopica (si pensi all’Utopia di Thomas More), avido lettore di J. Verne ed estimatore di H. G. Wells, Benson non fatica a delineare la cornice del suo mondo alternativo: in esso il cielo è solcato dai “volor”, aerei leggeri come uccelli, riempiti di “aerozina gassosa” per poter galleggiare nell’aria; schermi giganti comunicano le notizie nelle piazze; registratori e telescriventi garantiscono la conservazione e la diffusione delle informazioni; bombe di potenza inaudita minacciano distruzioni apocalittiche… Ma questi congegni fantascientifici, descritti talora con autentico “sense of wonder”, non si collocano in primo piano; allo scrittore interessa ben altro. Egli si assume un’impresa gigantesca: delineare le caratteristiche di un Impero Cristiano nel XX secolo, “un mondo in cui Cristo trionfa” (come recita il sottotitolo dell’edizione italiana del romanzo) dopo Umanesimo, Riforma protestante, Illuminismo, agnosticismo di massa.
Abbiamo già ripercorso le tappe di questa ipotizzata rivoluzione incruenta attraverso la quale, in meno di mezzo secolo, il mondo trapassa da un dominio del Socialismo a un trionfo della Chiesa cattolica: si tratta di una vittoria della ragione, che accoglie il Cattolicesimo come la modalità più perfetta di vita, la più adeguata all’umanità: “si riconobbe che la Chiesa era stata eternamente nel giusto in ogni campo”. “Non c’era niente di estraneo a Dio”: questo crea una struttura sociale unitaria, dove la Chiesa non è più un settore della società, ma il centro e il cuore di tutto. Non c’è più anticlericalismo perché non c’è più clericalismo: c’è solo religione, è un fatto.
“…Se avesse potuto capire che i dogmi della Chiesa erano i dogmi dell’universo; e non solo questo, ma che anche il mondo l’aveva capito con convinzione - beh allora, il fatto che la civiltà di oggi fosse davvero modellata su questo non l’avrebbe più sconvolto” (13)
Il compito immane che lo scrittore si è assunto passa attraverso una serie di nodi “classici” della presenza della Chiesa nel mondo: soprattutto il rapporto col potere “laico” nei reciproci ambiti di competenza. Nella processione degli Apostoli a Roma il protagonista può vedere plasticamente rappresentata questa armonia tra Cesare e Pietro: tutti i Prìncipi della terra (si è tornati dappertutto alla Monarchia) rendono omaggio al Papa.
“…Beh! – Monsignore fece una pausa. “E’ semplicemente medievalismo di ritorno, mi pare”.
“Esattamente!” – disse l’altro. “Ci siete arrivato finalmente. E’ medievalismo – cioè a dire, natura umana con fede e reverenza, e senza ipocrisia
”. (14)
E’ il Medio Evo il periodo in cui tutto il mondo occidentale era cristiano, anche se i rapporti tra Papato ed Impero erano stati spesso burrascosi. “Se è successo una volta – pare chiedersi Benson – perché non può succedere ancora?”
Cesare aveva imparato che Dio era la sua definitiva ratifica: e Chiesa e nazione, ora forse per la prima volta, stavano insieme come anima e corpo, riunite in una sola personalità”. (15)
Le leggi dello Stato recepiscono le direttive della Chiesa, in modo non scevro da problemi, come nel caso della condanna a morte per eresia. Ma anche questa grave difficoltà (il trattamento dei “diversi”) viene risolta da Papa stesso nel finale del romanzo.

NOTE
13. ROBERT HUGH BENSON, L’alba di tutto, cit., pag. 82.
14. Id. Ibid., pag. 86.
15. Id. Ibid., pag. 158.