IdR e la Chiesa

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Domanda



Gentile Professore,
ho letto una sua affermazione che ritengo poco esauriente e molto discutibile anche da parte dei sindacati con la quale ha risposto a varie domande sulla professione idr semplicemente ricordando che l'IRC "è un mandato della Chiesa e non esistono riferimenti normativi" sulle questioni poste.
Mi pare di capire dunque che la professione IdR, nel suo rapporto con la Curia da cui trae mandato, si configura come un rapporto di mera sottomissione non regolamentata dove la discrezionalità delle procedure di assegnazione degli incarichi e di comunicazione degli stessi può ritenersi accettabile (perfino nelle forme più bizzarre e prive di formalità) e ogni esercizio di abuso di potere e ogni sorta di ingiustizia da parte della Curia può essere tollerata in nome di un mandato ecclesiale.
Non spende alcun chiarimento su nessun aspetto della domanda a lei rivolta quando invece mi pare che le questioni poste non siano affatto inquadrate in un rapporto di sudditanza senza regole e senza diritti.
Secondo la sua risposta, dunque, i sindacati non avrebbero alcun riferimento normativo per tutelare gli IdR da errori, abusi e scorrettezze da parte di incaricati degli uffici di Curia la cui fallibilita', in quanto esseri umani, non è esclusa, anzi molto frequente. Non mi risulta.
Saluti.

Risposta



Dalle tue obiezioni mi par di capire che sei convinta che si diventa insegnante di religione cattolica solo perché in possesso del titolo di qualificazione professionale.
Il titolo di qualificazione professionale è uno dei requisiti per insegnare religione cattolica, ma certamente non l’unico.
Un altro requisito, e molto più importante del titolo, è il decreto di idoneità e del decreto di idoneità rilasciato dall’Ordinario diocesano competente per territorio.
A questo punto è logico porsi le seguenti domande: l’istituto dell’idoneità perché esiste solo per gli insegnanti di religione? Quali esigenze deve difendere? Per chiarire meglio la risposta a queste domande, mi sembra opportuno richiamare prima la norma. Il Codice di Diritto Canonico impone all’Ordinario Diocesano di accertarsi che gli aspiranti all’insegnamento della religione cattolica “… siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica" (Can. 804). Non leggiamo però ancora la parola idoneità che troviamo però per la prima volta nel protocollo addizionale dell’Accordo di revisione del Concordato (Legge 121 del 23.3.1985) “…L’insegnamento della religione cattolica …. è impartito…. Da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica” e al punto 2.5 del DPR n. 751 del 16.12.1985 che afferma “l’insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti in possesso di idoneità riconosciuta dall’ordinario diocesano e da esso non revocata”. A questo punto la risposta alle domande si può formulare in questi termini: l’istituto dell’idoneità permette di realizzare il principio che è la Chiesa il soggetto cui compete l’insegnamento della religione cattolica, per cui si ha effettivamente tale insegnamento solo quando il docente è in particolare rapporto di comunione e di identità con la comunità ecclesiale. L’insegnante di religione cattolica non solo deve insegnare correttamente il contenuto della religione cattolica, ma deve essere coinvolto in questo contenuto. Questa esigenza sta alla base non solo dell’idoneità, ma anche dell’eventuale revoca, perché il canone 805 prevede espressamente che “E’ diritto dell’Ordinario Diocesano del luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedano motivi di religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi”.
Non è quindi un diritto, solo perché si è in possesso del titolo di qualificazione professionale, pretendere di insegnare religione, ma è importante essere in comunione con la Chiesa.
Infine vorrei ricordare che questo è un servizio che rendiamo a chi insegna e a chi vorrebbe insegnare questa disciplina tanto bella, ma tanto diversa da tutte le altre, ma non è nostra competenza stabilire delle ragioni o difendere presunti diritti.