Idoneità e titolo
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Domanda
Gentile professor Incampo,
vista la sua competenza sulla normativa che regola l’IRC, le pongo il seguente quesito:
se l’Ordinario diocesano, al fine di concedere l’idoneità alle maestre di classe che a loro tempo avevano frequentato l’Istituto Magistrale, richiede la partecipazione ad un corso di formazione e a sostenere un colloquio finale, si comporta in modo legittimo o viola in qualche modo la normativa che deriva dall’Intesa?
Il D.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751 al comma 4 dell’art.4 recita: “Nella scuola materna ed elementare l'insegnamento della religione cattolica può essere impartito, ai sensi del punto 2.6, dagli insegnanti del circolo didattico che abbiano frequentato nel corso degli studi secondari superiori l'insegnamento della religione cattolica, o comunque siano riconosciuti idonei dall'ordinario diocesano”. In sintesi, una maestra potrebbe ritenere di subire una imposizione indebita se le fosse richiesta la partecipazione ad un corso di formazione? La sua formazione non l’ha già ricevuta alle superiori? Non dovrebbe l’Ordinario limitarsi ad un colloquio che gli consenta di appurare le conoscenze e le capacità pedagogico- didattiche della maestra?
La ringrazio e le auguro un Santo Natale.
Risposta
Un conto è l’idoneità altro è il titolo di qualificazione professionale: il punto 4 del DPR 751/85 specifica quali i titoli di qualificazione professionale per insegnare religione cattolica.
Il titolo di qualificazione professionale è uno dei requisiti per insegnare religione cattolica, ma certamente non l’unico.
Un altro requisito, e molto più importante del titolo, è il decreto di idoneità.
A questo punto è logico porsi le seguenti domande: l’istituto dell’idoneità perché esiste solo per gli insegnanti di religione? Quali esigenze deve difendere? Per chiarire meglio la risposta a queste domande, mi sembra opportuno richiamare prima la norma. Il Codice di Diritto Canonico impone all’Ordinario Diocesano di accertarsi che gli aspiranti all’insegnamento della religione cattolica “… siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica" (Can. 804). Non leggiamo però ancora la parola idoneità che troviamo però per la prima volta nel protocollo addizionale dell’Accordo di revisione del Concordato (Legge 121 del 23.3.1985) “…L’insegnamento della religione cattolica …. è impartito…. Da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica” e al punto 2.5 del DPR n. 751 del 16.12.1985 che afferma “l’insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti in possesso di idoneità riconosciuta dall’ordinario diocesano e da esso non revocata”. A questo punto la risposta alle domande si può formulare in questi termini: l’istituto dell’idoneità permette di realizzare il principio che è la Chiesa il soggetto cui compete l’insegnamento della religione cattolica, per cui si ha effettivamente tale insegnamento solo quando il docente è in particolare rapporto di comunione e di identità con la comunità ecclesiale. L’insegnante di religione cattolica non solo deve insegnare correttamente il contenuto della religione cattolica, ma deve essere coinvolto in questo contenuto. Questa esigenza sta alla base non solo dell’idoneità, ma anche dell’eventuale revoca, perché il canone 805 prevede espressamente che “E’ diritto dell’Ordinario Diocesano del luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedano motivi di religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi”.
Non è quindi un diritto, solo perché si è in possesso del titolo di qualificazione professionale, pretendere di insegnare religione, ma è importante essere in comunione con la Chiesa.