Il calendario del 29 Febbraio

Il 29 febbraio (previsto solo negli anni bisestili) è il 60º giorno del calendario gregoriano, mancano 306 giorni alla fine dell'anno.
Un anno che ha il 29 febbraio è, per definizione, un anno bisestile. Questa data cade negli anni divisibili per quattro (ad esempio, 1992, 1996, 2004 o 2008), ma non in quelli divisibili per cento (1800, 1900), a meno che non siano divisibili per quattrocento (ovvero il 2000 è stato bisestile).
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Eventi

▪ 1712 - In Svezia il 29 febbraio è seguito dal 30 febbraio, allo scopo di abolire il calendario svedese e tornare al Calendario Giuliano

▪ 1720 - La regina Ulrike Eleonora di Svezia abdica

▪ 1940 - La Finlandia inizia i negoziati di pace della Guerra d'inverno

▪ 1944 - Seconda guerra mondiale: Le Isole dell'Ammiragliato vengono invase dagli statunitensi guidati dal generale Douglas MacArthur, nel corso dell'Operazione Brewer

▪ 1960 - Un terremoto uccide un terzo della popolazione di Agadir in Marocco. L'evento sarà al centro del romanzo Agadir di Mohammed Khaïr-Eddine

▪ 2000 - Viene pubblicata la versione 1.0.0 del software R

▪ 2004 - Una rivolta popolare obbliga il presidente di Haiti, Jean-Bertrand Aristide, a lasciare il paese.

▪ 2004 - Il terzo film della trilogia de Il Signore degli Anelli, Il ritorno del Re riceve 11 Academy Awards, divenendo così il terzo film nella storia del cinema a vincere il più alto numero di statuette (insieme a Titanic e Ben-Hur).

Anniversari

* 992 - Sant' Oswald di Worcester (... – 29 febbraio 992) fu arcivescovo di York dal 972 fino alla morte. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Oswald fu cresciuto dallo zio Oda, arcivescovo di Canterbury, ed educato da Fridegode. Dopo un certo periodo come decano a Winchester, entrò nel monastero di Fleury (Francia), grande centro benedettino. Qui si distinse presto per l'asuterità della sua vita e fu ordinato nel 959.
Oswald tornò quindi in Inghilterra, dove prese parte agli affari ecclesiastici a York, fino a quando Dunstan gli procurò la nomina a vescovo di Worcester (962). Oswald sostenne apertamente e con forza gli sforzi di Dunstan e di Aethelwold, vescovo di Winchester, che volevano "purificare" la Chiesa dal secolarismo. Aiutato da re Edgar, assunse un ruolo importante nella rinascita della disciplina monastica benedettina. I suoi metodi furono comunque meno violenti di quelli di Aethelwold. Nel 972, Oswald divenne arcivescovo di York e si recò a Roma per ricevere il pallium da papa Giovanni XIII. La sua più famosa fondazione fu quella di Ramsey, nell'Huntingdonshire: la chiesa fu consacrata nel 974.
Alla morte di Edgar (975), il suo lavoro, fino a quel momento così ben riuscito, venne controllato in maniera severa da Elfhere, re di Mercia, che smantellò molte comunità. Ramsey fu però risparmiata grazie al potente patronato di Ethelwin, earl dell'Anglia orientale.
Morì il 29 febbraio del 992, mentre lavava i piedi ai poveri, come era sua abitudine quotidiana durante la settimana santa. Fu sepolto nella cattedrale di Worcester. Valorizzò e promosse l'istruzione tra il clero e incitò molti eruditi a venire da Fleury. Ha scritto due trattati e alcuni decreti sinodali. Viene celebrato il 28 febbraio (il 29 febbraio negli anni bisestili).

▪ 1928 - Armando Vittorio Diaz (Mercato San Severino, 5 dicembre 1861 – Roma, 29 febbraio 1928) è stato un generale italiano, capo di Stato Maggiore del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, ministro della guerra e maresciallo d'Italia. Nominato Duca della Vittoria alla fine della guerra.

La carriera nell'esercito
Avviato giovanissimo alla carriera militare, Diaz fu allievo dell'Accademia militare d'artiglieria di Torino, dove divenne ufficiale. Prese servizio nel 1884 al 10º Reggimento di artiglieria da campo, e dal 1890 al 1º Reggimento col grado di capitano. Nel 1894 frequentò la scuola di guerra, classificandosi primo, e l'anno dopo sposò Sarah De Rosa. Dal 1895 al 1916 lavorò allo Stato Maggiore, nella segreteria del generale Alberto Pollio, e nel 1899 venne promosso maggiore, comandando per 18 mesi un battaglione del 26º Reggimento fanteria.
Tenente colonnello nel 1905, passò dopo alcuni anni alla Divisione di Firenze come capo di Stato Maggiore. Nel 1910, durante la guerra italo-turca, comandò il 21º fanteria e l'anno dopo il 93º in Libia, che era rimasto improvvisamente senza comando. Sempre in Libia, a Zanzur, fu ferito nel 1912.

Duca della Vittoria
Nel 1914, alla dichiarazione di intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale, Luigi Cadorna lo nominò maggior generale, con incarico al Corpo di Stato Maggiore come addetto al comando supremo del reparto operazioni. Ma nel giugno del 1916 chiese di essere destinato a un reparto combattente. Promosso tenente generale di divisione, gli fu affidato il comando della 49ª Divisione nella 3ª Armata, e nell'aprile del 1917 assunse la carica superiore al XXIII Corpo d'armata. Questo breve periodo prima di Caporetto gli valse la medaglia d'argento al valor militare per una ferita riportata alla spalla.
La sera dell'8 novembre 1917 fu chiamato, con Regio Decreto, a sostituire Luigi Cadorna nella carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito italiano. Egli disse in proposito: «Assumo la carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito. Conto sulla fede e sull'abnegazione di tutti». E ancora, sulla condizione dell'esercito: «L'arma che sono chiamato a impugnare è spuntata: bisognerà presto rifarla pungente: la rifaremo». Recuperato quello che rimaneva dell'esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto, organizzò la resistenza sul monte Grappa e sul fiume Piave. Memore della esperienza nello Stato Maggiore di Cadorna, decentrò molte funzioni ai sottoposti, riservandosi un ruolo di controllo.
Nell'autunno del 1918 guidò alla vittoria le truppe italiane, iniziando l'offensiva il 24 ottobre, con lo scontro tra 55 divisioni italiane contro 60 austriache. Il piano non prevedeva attacchi frontali, ma un colpo concentrato su un unico punto - Vittorio Veneto - per spezzare il fronte nemico. Iniziando una manovra diversiva, Diaz attirò tutti i rinforzi austriaci lungo il Piave, che il nemico credeva essere il punto dell'attacco principale, costringendoli all'inazione per la piena del fiume. Nella notte tra il 28 e 29 ottobre, Diaz passò all'attacco, con teste di ponte isolate che avanzavano lungo il centro del fronte, facendo allargare le ali per coprire l'avanzata. Il fronte dell'esercito austriaco si spezzò, innescando una reazione a catena ingovernabile. Il 30 ottobre l'esercito italiano arrivò a Vittorio Veneto, mentre altre armate passarono il Piave e avanzarono, arrivando a Trento il 3 novembre. Il 4 novembre 1918 l'Austria capitolò, e per la storica occasione Diaz stilò il famoso Bollettino della Vittoria, in cui comunicava la rotta dell'esercito nemico ed il successo italiano.
Negli anni seguenti rammentò quei giorni di fortuna senza alcuna presunzione, ma conscio dell'importanza dell'opera compiuta. Egli disse: «Non mi faccio illusioni su me stesso, ma posso dire di avere avuto un merito: quello di equilibrare le forze e gli ingegni altrui, di far regnare la calma fra i miei generali e la fiducia fra le mie truppe. Sento che questa è la mia caratteristica»; giudizio col quale, decenni dopo, si mostrerà concorde lo storico Denis Mack Smith, scrivendo: «Cadorna fu sostituito da Diaz, un napoletano di discendenza spagnola. Il quale si preoccupò maggiormente del benessere materiale dei suoi uomini ed istituì degli uffici di propaganda con il compito di esporre ai soldati la condotta e le finalità della guerra». Al termine della guerra Diaz divenne senatore, e nel 1921 venne insignito del titolo di Duca della Vittoria.
«Armando Diaz ha saldato con una gemma di incomparabile bellezza la splendente catena d'oro, plasmata al fuoco di quella passione, di cui il primo anello si trova nella lontananza del tempo tra cospirazioni, galere e forche. Il Bollettino della Vittoria, che ogni italiano rilegge con animo grato e con commosso cuore, è inciso profondamente in una tavola di diamante e gli evi vi passeranno sopra senza scalfirlo, più forte del tempo che tutto travolge e distrugge. Essa reca a piè il nome di Diaz e questo apparirà alle genti lontane circonfuso di gloria, come quello di un nume, cui è indissolubilmente legata la storia e il fato di un gran Popolo.» (Articolo di Giovanni Favoino di Giura, Il Vittoriale, N.3 - Anno IV, New York, Marzo 1928)

Gli ultimi anni
Sempre nel 1921, Diaz fu il primo italiano ad essere onorato da una ticker-tape parade dalla città di New York, in occasione del suo viaggio negli USA. Durante lo stesso viaggio, il 1º novembre, Diaz si recò a Kansas City per prendere parte alla cerimonia d'inaugurazione del Memoriale della libertà - il monumento nazionale statunitense in ricordo della Grande Guerra - che era stato eretto in quella città. Erano presenti per l'occasione anche gli altri comandanti vittoriosi delle nazioni dell'Intesa: il tenente generale Baron Jacques del Belgio, l'ammiraglio David Beatty della Gran Bretagna, il maresciallo francese Ferdinand Foch e il generale statunitense John J. Pershing. A riceverli c'era il vice-presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge.[1]
Andando contro il parere di Pietro Badoglio, Diaz sconsigliò, nel 1922, una soluzione militare della crisi innescata dalla marcia su Roma. Dopo essere entrato nel primo governo Mussolini, su precisa condizione del re Vittorio Emanuele III che intendeva in questo modo porre nel governo una figura di prestigio e lealmente monarchica, assunse l'incarico di Ministro della Guerra, varando la riforma delle forze armate e accettando la costituzione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale sottoposta al potere personale di Mussolini.
Terminata l'esperienza governativa il 30 aprile del 1924, si ritirò a vita privata. Nello stesso anno, venne insignito insieme al generale Cadorna del grado di Maresciallo d'Italia, istituito espressamente da Mussolini per onorare i comandanti dell'esercito nella prima guerra mondiale.
Morì nel 1928 e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, dove riposa vicino all'ammiraglio Paolo Thaon di Revel.

▪ 1972 - Pietro Ubaldi (Foligno, 18 agosto 1886 – São Vicente, 29 febbraio 1972) è stato un filosofo, scrittore, e insegnante italiano.
Vissuto a Gubbio in seguito al ricevimento di messaggi considerati provenienti da Dio, scrisse 24 volumi riguardanti il sistema dell’evoluzione umana, con l'intenzione di chiarire i rapporti d’involuzione ed evoluzione fra le tre dimensioni della materia, dell'energia e dello spirito, in un processo d’unificazione fra le ipotesi della scienza e i principi della fede.
Nato in una regione influenzata dalla vicinanza con Assisi e impregnata di spiritualità francescana, iniziò la scuola nel 1891, proseguì gli studi a Roma e si laureò in diritto nel giugno del 1910. Integrò gli studi scolastici leggendo molto, studiò inoltre pianoforte ed apprese l'inglese, il francese e il tedesco.
Nel 1911 viaggiò negli Stati Uniti e nel 1912 si sposò con Maria Antonietta Solfanelli della vicina città di Matelica, dalla quale ebbe due figli: Franco, morto nella seconda guerra mondiale, e Agnese. Si occupò delle proprietà terriere sua e della moglie, che in seguito cedette in amministrazione ad altri. Nel 1927 avrebbe fatto voto di povertà e gli sarebbe apparso Cristo. L'apparizione si sarebbe ripetuta nel 1931, insieme a san Francesco di Assisi. Il giorno di Natale dello stesso anno avrebbe ricevuto il primo di numerosi "messaggi". Divenne professore di lingua e letteratura inglese, insegnando nelle scuole medie inferiori e superiori, prima a Modica, in Sicilia, e poi a Gubbio.
Tra il 1932 e il 1935, scrisse La grande sintesi, nella quale espose il suo pensiero, messa all'indice nel 1939. A questi anni appartengono dieci dei libri da lui scritti
A 65 anni nel 1951, dopo aver scritto dieci libri, lasciò l'insegnamento e andò in pensione. Fu invitato a fare in Brasile un giro di conferenze tra luglio e dicembre del 1951 e nel 1952 si trasferì definitivamente con la famiglia a São Vicente, presso Santos, nello stato di São Paulo, e qui scrisse altri quattordici volumi, dichiarando conclusa la sua opera nel giorno di Natale del 1971, esattamente quarant'anni dopo il primo "messaggio" ricevuto.
La sua vita è considerata[senza fonte] divisa in quattro periodi ventennali, caratterizzati da un lavoro differente. Nel primo periodo (1891-1910) avrebbe cercato le risposte nella filosofia, nella religione e nella scienza senza trovarla. Il secondo periodo (1911-1930) sarebbe stato caratterizzato da una sperimentazione pratica a contatto col mondo, d’osservazione della realtà della vita. Nel terzo periodo (1931-1950) scrisse i volumi della sua opera pubblicati in italiano e nel quarto (1951-1970) la parte restante.

Pensiero
Pietro Ubaldi riteneva che esistesse un'unica "Sostanza", la cui essenza sarebbe il movimento e che si manifesterebbe come "materia" (statica), "energia" (dinamica) e "spirito" (vita). L'uomo si inserirebbe nel fenomeno universale dell'evoluzione tramite la reincarnazione. Considerava la sua opera la manifestazione del proprio destino e della propria ascesa evolutiva, proponendosi attraverso di essa di arrivare ad una conoscenza utilizzabile per risolvere i problemi della vita e così viverla degnamente.
La sua opera si baserebbe su una fusione di metodo deduttivo, in grado di fornire una visione sintetica di insieme a scopo orientativo, di intuizioni e di rivelazioni religiose, che avrebbero lo scopo di conoscere quello che è oltre le possibilità di osservazione diretta, e il metodo induttivo, che consentirebbe di mettere a fuoco i problemi particolari, sottoponendo i principi generali a controllo, attraverso l'esame delle loro conseguenze riscontrabili nella realtà. Gli scritti sarebbero passati da una forma ispirata, ricollegata ad una forma di contatto telepatico con una noùri o corrente di pensiero, a livello "supercosciente", per arrivare al controllo razionale dell'ispirazione ("metodo dell'intuizione razionalmente controllata"): tale metodo avrebbe consentito di esaminare sia la "materia" che lo "spirito", unificando scienza e fede, considerati due aspetti della stessa verità.